
Antonio Campo Dall'Orto è il nuovo direttore generale della Rai. Ecco chi è
Il nuovo direttore generale della Rai è Antonio Campo Dall'Orto, ex vicepresidente di Viacom International, ex “inventore” e poi amministratore delegato di Mtv Italia, ex direttore di La7 ed ex ad di Telecom Italia Media, tre volte alla Leopolda (convention di Renzi). Il consiglio di amministrazione della Rai lo ha nominato oggi all'unanimità nuovo dg dell'azienda, la scelta verrà definitivamente ratificata questa sera dall'assemblea dei soci, cioè di fatto dal ministero del Tesoro.
Ecco chi è il dirigente scelto per amministrare la televisione di stato in un ritratto-intervista di Marianna Rizzini dell'8 dicembre 2013.
Provare e scartare, provare e scartare. Se non basta, cambiare quadro: altro panorama, altra vita, altri nemici, altre armi, altri punti, altre soluzioni. E’ la regola del videogioco che si estende a realtà anche politiche: Matteo Renzi c’è dentro fino al collo per naturale attitudine, ed è uno dei suoi atout. Manca un giorno alle primarie del Pd e questa è la visione di Antonio Campo Dall’Orto, ex vicepresidente di Viacom International, ex “inventore” e poi amministratore delegato di Mtv Italia, ex direttore de La7 ed ex ad di Telecom Italia Media, tre volte alla Leopolda (convention di Renzi) e al momento felicemente perso nei meandri di un anno sabbatico in cui occuparsi della “dimensione micro” (famiglia, consulenze, lancio di start-up altrui). Una dimensione micro in cui sostare dopo venticinque anni di concentrazione assoluta sul “macro”, con l’ultimo lustro passato sugli aerei come le rockstar conosciute da Dall’Orto nei Novanta (“prima che diventassero via via più salutiste”, dice ripensando a quando al suo tavolo c’erano Bono Vox e Mick Jagger, “gente che sa come fare a restare sulla scena per anni”, e un Robbie Williams ancora nel pieno della sregolatezza). Dalla dimensione micro, e dopo un viaggio on the road con moglie e bimbi di tre e sei anni (a zonzo per gli Stati Uniti, da New York a New Orleans alla costa ovest), Dall’Orto è arrivato alla terza Leopolda convinto che Renzi, più di ogni altro attore politico al momento sulla scena, riesca a esprimersi “in un linguaggio che esiste già fuori dalla politica”. Per questo gli ha portato le idee e le esperienze maturate nei cinque anni spesi a promuovere, innovare, uniformare, studiare e rilanciare il brand e i contenuti di Mtv in tutto il mondo – ed era come stare in un frullatore anche molto divertente di idee e persone, a contatto con i cosiddetti “millennial”, giovani nati dopo la metà degli anni Ottanta, e con i loro fratelli maggiori, trentenni dirigenti televisivi che dal Brasile al Giappone guardano da vicino i ragazzi abituati a pensare che la musica (altro che videoclip) “esca dal web come l’acqua dal rubinetto”.
Un osservatorio privilegiato sui linguaggi (che Renzi, dice Dall’Orto, ha per età e curiosità del tutto introiettato): Mtv è stata sensore, veicolo e agente propulsore di un cambiamento accelerato dalla rete e dal boom dei social network. E Dall’Orto, che è nato negli anni Sessanta, ha seguito la tv nel suo sbarco tra i ragazzi del mondo extra-occidentale, con qualche memorabile incidente diplomatico: in Cina quando, all’interno di un programma dal montaggio troppo veloce, comparve fugace un’immagine di piazza Tienanmen (e fu oscuramento immediato); in Malesia di fronte alla difficoltà di organizzare eventi di piazza in un paese dove in piazza la birra è off-limits; in Messico al momento della presentazione del reality “Sixteen and pregnant” – che cosa fa una sedicenne quando resta incinta?, era la domanda già affrontata dal film “Juno”, dove un’adolescente incinta passa da un atteggiamento pro choice a una decisione pro life (ed era pro life, a dispetto delle apparenze, anche la scelta di molte adolescenti seguite dalle telecamere del programma, solo che le autorità messicane, a monte della visione del reality, si erano convinte che quel titolo, sulla rete progressista Mtv, avrebbe senz’altro comportato una deriva abortista).
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