Erri De Luca (foto LaPresse)

Tutto per un tweet contrario

Redazione
Erri De Luca s’accoda al sabotaggio della libertà di parola, peccato

Erri De Luca ha rivendicato la sua libertà di espressione, il diritto a dire la “parola contraria”, nel processo che lo vede accusato di istigazione a delinquere per quell’intervista in cui ha affermato che “la Tav va sabotata. Le cesoie servono, sono utili a tagliare le reti”. Un’opinione forte in un contesto di violenze, tensione sociale e rischio terrorismo, ma comunque un’opinione che non dev’essere processata. Sempre per quella parola, “sabotare”, a processo ci finirà anche Silvio Viale, radicale ed esponente del Pd, querelato proprio da Erri De Luca per un tweet provocatorio: la notizia del rogo dell’auto del proprietario dell’hotel che ospita le forze dell’ordine che presidiano il cantiere in Valsusa con scritto: “Tav, ecco il sabotaggio di Erri De Luca”. Lo scrittore non l’ha presa bene e ha denunciato l’ex compagno di Lotta continua per diffamazione: “Depositata mia querela contro Silvio Viale per Twitter diffamatorio. Smetto di lasciar correre”. Ma che fine ha fatto il diritto a dire la “parola contraria”?

 

E’ per quel principio che si sono mobilitati scrittori di tutto il mondo, che De Luca ha ricevuto il sostegno del presidente francese François Hollande, l’appoggio dei social network con l’hashtag #iostoconerri, stampato anche sulla fascetta della sua autodifesa edita da Feltrinelli, “La parola contraria” appunto. Quella di De Luca appariva una battaglia ideale, politica e culturale per la difesa della sacralità della libertà d’espressione e del principio che le idee non si processano. “Sabotare è una parola nobile – ha dichiarato in tribunale – ha un significato molto più ampio dello scassamento di qualcosa. Lo usava anche Gandhi”. Oltre a Gandhi, Erri si ispira a George Orwell, si sente vittima della censura come il Salman Rushdie de “I versi satanici”, cita il Goethe del giovane Werther e ribadisce che il suo è un processo contro le idee di uno scrittore: “Non sono il primo, desidero essere l’ultimo”. Una battaglia alta, come la parola “sabotare”, che probabilmente perde il sangue blu quando viene usata contro di lui, in un “tweet contrario”. Era tutto così giusto, così nobile. Eravamo quasi convinti di essere di fronte a un paladino e invece ci siamo ritrovati un altro Fedez.

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