Donald Tusk durante un vertice del Consiglio Europeo presso la sede dell'Unione europea a Bruxelles (foto LaPresse)

Un altro eurovertice non fa primavera. Come fare con il “milione” alle porte

David Carretta
Interventismo difficile, fino a maggio Bruxelles lavorerà in primis sull’ipotesi “outsourcing”

Bruxelles. L’Italia ha ottenuto il vertice straordinario dei capi di stato e di governo che chiedeva, dopo l’ennesima tragedia del Mediterraneo avvenuta tra sabato e domenica, che ha chiamato in causa la responsabilità dell’Unione europea. Quest’ultima, secondo alcuni, sarebbe colpevole di aver fatto pressioni per la chiusura di Mare Nostrum. Per certo, finora, non ha offerto soluzioni strutturali alternative allo status quo, specie di fronte al milione di immigrati pronti a salpare. “La situazione è drammatica, non si può continuare così”, ha spiegato ieri il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, annunciando la convocazione dei leader, perché “non possiamo accettare che centinaia di persone muoiano mentre cercano di attraversare il mare”.  Ma non aspettatevi “soluzioni miracolose”, ha avvertito Tusk: l’obiettivo del vertice straordinario di giovedì sarà di trovare misure “immediate per alleviare la situazione attuale”. Dopo una riunione dei ministri degli Esteri e dell’Interno a Lussemburgo, la Commissione ha presentato un piano in dieci punti che prevede di raddoppiare le risorse per la missione Triton e lanciare un “progetto pilota” per ricollocare 5 mila rifugiati su base volontaria. La Germania ha dato il suo consenso, sbloccando lo stallo. Tuttavia la risposta è lungi dall’essere all’altezza dell’emergenza. Triton avrà 2 elicotteri, 8 aerei e 40 navi, ma il suo mandato – limitato alla sorveglianza delle frontiere – non dovrebbe essere esteso alle operazioni di ricerca e salvataggio. Quanto alla ripartizione dei rifugiati, i precedenti progetti-pilota non hanno dato risultati concreti, perché pochi governi sono pronti ad accollarsi volontariamente i rifugiati nel momento in cui sono minacciati dalla progressione dei partiti anti immigrazione. Le ragioni di politica interna sono all’origine della paralisi dell’Ue e della sua incapacità di dotarsi di una politica comune di immigrazione. I tabù, come la condivisione dei richiedenti asilo sulla base di quote pre-assegnate, o la necessità di un’operazione europea tipo Mare Nostrum per salvare i migranti in mare, o ancora la possibilità di assumere un ruolo proattivo nella sponda meridionale del Mediterraneo, non saranno violati nemmeno dopo gli ultimi morti. Gran parte dei dieci punti proposti dalla Commissione – che comunque ha competenze limitate in materia – ricalcano vecchie proposte.

 

Anche sulla lotta ai trafficanti – il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, ha chiesto “interventi mirati per distruggere un racket criminale” – l’Ue per il momento non può far molto, considerato che i governi rifiutano missioni militari impopolari tra gli elettori.

 

L’idea su cui dovrebbe fondarsi la nuova strategia sull’immigrazione promessa dalla Commissione per maggio è l’outsourcing oltre i confini europei: affidare ai paesi della regione la gestione dell’emergenza. “Gran parte dell’approccio su cui stiamo lavorando sarà incentrato sul lavoro con i paesi terzi”, ha spiegato l’esecutivo comunitario domenica. I paesi di transito (Libia, Tunisia, Egitto, Turchia, Giordania e Libano) ma anche quelli di origine (Siria, Iraq, Eritrea, Pakistan e Afghanistan) dovrebbero essere parte del processo, con la creazione di appositi uffici per filtrare i richiedenti asilo e scoraggiare i migranti che non hanno diritto allo status di rifugiato. La Lettonia, presidente di turno dell’Ue, ha chiesto che “Egitto, Tunisia e altri paesi del Nordafrica” siano invitati a prendere parte alle operazioni di ricerca e salvataggio in mare. Incentivi finanziari dovrebbero favorire i rimpatri dei migranti economici irregolari.

 

[**Video_box_2**]L’esperienza dell’Australia, ma anche degli Stati Uniti, mostra che la delocalizzazione della gestione dei flussi migratori può funzionare. “Dobbiamo fare in modo che chi ha davvero diritto all’asilo possa arrivare in Europa senza correre rischi”, dice al Foglio una fonte europea. Dentro la Commissione, c’è la consapevolezza che le tendenze demografiche obbligano i paesi europei ad aumentare l’immigrazione economica per fare fronte ai futuri costi pensionistici e sanitari. “Dovremmo ispirarci alla Green Card americana”, dice la fonte. Ma, oltre alle resistenze politiche dei singoli governi, l’Ue si confronta con il moltiplicarsi delle crisi ai suoi confini. L’outsourcing in Libia, Siria, Iraq o Afghanistan “è impossibile allo stato attuale”, ammette un’altra fonte. L’intervento militare in Libia “è un’ipotesi che non è sul tappeto”, ha spiegato Renzi. Ma le esitazioni passate nell’uso dell’hard power hanno creato le condizioni dell’emergenza di oggi.