Se la scuola licenzia un prof incapace

Redazione

Il docente di Treviso cacciato per «scarso rendimento». L’ultimo caso nel 1987. Lo sgomento dei sindacati. Il successo della legge Brunetta.

Il signor L., cinquant’anni passati, docente di ruolo di educazione tecnica all’Istituto superiore Einaudi-Scarpa di Montebelluna, Treviso, è stato licenziato dal preside della scuola per «protratto scarso rendimento». I sindacati e le associazioni di categoria faticano a ricordare episodi analoghi.

 

Le segnalazioni sull’insegnante licenziato sono partite lo scorso anno dagli alunni: notavano valutazioni incongruenti, cioè voti molti bassi in compiti in classe corretti e giudizi entusiasti per quelli sbagliati. Hanno avvisato il preside dell’istituto, Gianni Maddalon, l’altro protagonista della storia. A questo punto è partito l’iter delle verifiche: il preside ha avvisato l’ufficio scolastico regionale che ha inviato gli ispettori a controllare il lavoro del prof. Ci sono voluti sei mesi. In autunno è arrivato il licenziamento.

Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera 7/3

 

Non sono gli ispettori a decidere i licenziamenti: è una responsabilità che spetta al preside. Certificato che il professore non è capace a insegnare, la palla torna sempre al capo d’istituto, che decide il da farsi. Racconta Maddalon: «Non ho dormito la notte ma alla fine ha prevalso l’interesse generale. Mi spiace molto per quel professore».

Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera 7/3

 

Non che il preside non rischi nulla: il professore si rivolgerà sicuramente al Tar. Se dovesse essere reintegrato, sarebbe lo stesso Maddalon a pagare i danni di tasca sua, perché così dice la legge: «Ho famiglia, tre figli, un mutuo e uno stipendio di 2.600 euro al mese. E la responsabilità di 4mila studenti».

Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera 7/3.

 

A memoria di presidi e sindacati, un destino simile a quello del professore di Montebelluna spettò solo a una insegnante di Padova nel 1987: fu licenziata perché ritenuta incapace di stare in cattedra. Fece ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, che le diedero torto. Comunque nel frattempo era morta.

Camilla Mozzetti, Il Messaggero 6/3.

 

Il preside Maddalon sembra aver dichiarato guerra alle storture della scuola: «Siamo un branco di 12 dirigenti usciti dall’ultimo concorso che agisce insieme, scambiandosi informazioni e procedure. Lo scopo è garantire la qualità della scuola. Controlliamo un bacino di ventimila studenti». I risultati, oltre al licenziamento del prof: due anni fa hanno scovato la truffa di Davide G., cinquantaduenne dirigente amministrativo, silurato per aver messo le mani nelle casse della scuola (197mila euro depositati in Svizzera), l’anno scorso è stata la volta di Fernando C., 55 anni, maestro elementare sospeso per maltrattamenti nei confronti degli alunni.

Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera 7/3.

 

In poco tempo Maddalon è diventato un eroe locale: i cittadini lo ringraziano, gli danno pacche sulle spalle. Dice: «Lo fanno anche perché hanno capito che sto rischiando». In realtà c’è poco da esultare: resta il caso umano di un professore rimasto senza lavoro. E infatti il Provveditore dell’Ufficio scolastico provinciale, Giorgio Corà, spegne gli entusiasmi: «Prendo atto che è stato usato uno strumento del nostro ordinamento, ma non mi piace quando sento dire che si sta facendo pulizia».

Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera 7/3.

 

I sindacati sono inorriditi. Marta Viotto, segretario generale provinciale della Flc-Cgil: «Questo sistema mi spaventa perché attiva un clima di sfiducia, di tensione, di paura. E mi spaventa che il preside dica che ha avuto coraggio e che la gente si complimenti con lui. Ci possono essere momenti difficili in 42 anni di lavoro. Cos’ha fatto la dirigenza per il professore? Nulla».

Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera 7/3.

 

Si poteva evitare il licenziamento? In genere il docente inadeguato viene spostato di mansione, passa dalla cattedra a un ruolo amministrativo. C’è però una condizione minima e indispensabile che deve esistere: il sì della Commissione sanitaria all’inidoneità per ragioni di salute. Ma per il docente di Montebelluna i dottori non hanno riscontrato problemi di questo tipo.

Andrea Pasqualetto, Corriere della Sera 7/3.

 

Il licenziamento degli insegnanti esiste. Quelli alle prime armi possono essere rimossi dall’incarico e non ottenere una cattedra se, alla fine del secondo anno di prova, la scuola evidenzia delle incapacità didattiche. Ma è difficile imbattersi in licenziamenti per chi una cattedra l’ha ottenuta da tempo e, soprattutto, per motivi legati al suo modo di insegnare. Il professore in questione non era un novellino: era entrato in ruolo nel 2007.

Camilla Mozzetti, Il Messaggero 6/3.

 

Le norme che regolano i licenziamenti per i professori sono diverse: si va dal contratto nazionale, al Testo Unico sulle disposizioni legislative in materia d’istruzione del 1994, al decreto legge 150/2009, firmato dall’ex ministro della pubblica amministrazione, Renato Brunetta. In tutte è prevista anche la rimozione dall’incarico per inadempienza didattica.

Camilla Mozzetti, Il Messaggero 6/3.

 

La maggior parte dei licenziamenti per un professore avvengono soprattutto per motivi disciplinari e vanno dalle assenze ingiustificate da scuola all’offesa di colleghi o studenti fino a tutti i reati previsti dal codice penale.

Camilla Mozzetti, Il Messaggero 6/3.

 

Secondo i dati del ministero, degli 800mila insegnanti in servizio, quelli che in un anno scolastico sono stati sottoposti a procedimenti disciplinari sono poco più di duemila (2.276). Di questi, 746 sono stati archiviati o prosciolti, 433 sono stati sospesi dal servizio e solo in 29 casi si è arrivati al licenziamento. Per gli altri (1.068), non si è andati oltre il richiamo.

Orsola Riva, Corriere della Sera 9/12/2014.

 

A un sondaggio di Skuola.net il il 9,2% di 7.106 studenti ha detto di aver preso botte dagli insegnanti. Un altro 14% sostiene che sia capitato ad altri ragazzi della scuola. Se poi si passa all’offesa verbale, le risposte affermative sono oltre il 30% (più un altro 25% che riferisce di episodi capitati ai compagni).

Orsola Riva, Corriere della Sera 9/12/2014.

 

Vittorio Lodolo D’Oria per 21 anni è stato nel collegio medico per l’inabilità al lavoro della Asl di Milano: «Se fino a pochi anni fa l’incidenza dei disturbi psichiatrici fra chi si presentava al nostro sportello era del 33%, oggi è dell’80%. La situazione può solo peggiorare, dato che la legge Fornero ha alzato l’età pensionabile a 67 anni». Anche nei casi in cui i problemi di un professore sono evidenti, per un preside è quasi impossibile intervenire, perché teme di incorrere in una causa per mobbing.

Orsola Riva, Corriere della Sera 9/12/2014.

 

Ma il cambiamento è nell’aria. A ottobre il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha detto che è necessario poter licenziare gli insegnanti che non lavorano. E che «oggi la scuola è troppo sindacalizzata». OrizzonteScuola.it calcola che tra i lavoratori dell’istruzione uno su due è iscritto ai sindacati.

Corrado Zunino, la Repubblica 19/10/2014.

 

La prima svolta è stata nel 2009, con il decreto legislativo anti-fannulloni voluto da Brunetta. Teresa Merotto, segretario di Cisl scuola Treviso: «Ha inciso in maniera forte perché al dirigente viene richiesto in maniera esplicita di procedere qualora ci siano dei fatti da segnalare. Se non lo fa, il preside stesso potrebbe a sua volta essere coinvolto in procedimenti disciplinari. Diventando in questo caso lui stesso oggetto di contestazione». I sindacati mettono in luce un inasprimento che li preoccupa.

Alessandra Vendrame, La Tribuna di Treviso 5/3.

 

Qualche altra novità forse è in arrivo con la riforma del pubblico impiego: tra le ipotesi al vaglio nel ddl Madia, ci potrebbe essere la semplificazione dell’iter per verificare il lavoro di un docente, togliendo anche la parte che fa ricadere sul preside il risarcimento nel caso di licenziamento illegittimo.

Huffington Post 30/12/2014

 

E poi a togliere il sonno ai sindacalisti c’è la riforma della scuola, soprattutto nella parte che riguarda gli aumenti salariali. Infatti il vecchio sistema basato solo sugli anni di servizio sarà abolito. Ne nasce uno nuovo, a carattere misto, con il 30% riservato all’anzianità e il 70% ai bonus di merito. Fra cui i tanto discussi crediti didattici, che valuteranno la «qualità dell’insegnamento». E il riconoscimento per questi crediti passerà anche, oltre che dalla documentazione prodotta dall’insegnante, attraverso il parere di studenti e famiglie.

Lorenzo Vendemiale, il Fatto Quotidiano 4/3

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