Zulù, il cantante dei 99 Posse (foto LaPresse)

Mammamia i 99 Posse, fighetti, tattoo e antifà dal sound impeccabile

Giulia Pompili

O’ Zulù e la sua banda contro Casapound a Cremona. Dal "rigurgito antifascista" al concerto al centro sociale Dardoni, libertà d'espressione e "più bastoni e meno tastiere", un gruppo

Roma. “C’ho un rigurgito antifascista / se vedo un punto nero ci sparo a vista”. Era il 1993 e per noi fanciulli di Roma nord, ancora in età scolare, il punto nero era senza ombra di dubbio un’imperfezione del viso, di quelle per cui si va dall’estetista. Era il 1993 e i 99 Posse pubblicavano “Curre curre guaglio’”, l’album che ebbe un certo successo da Gaeta in giù ma che poi, i più scafati di noi, andarono a ripescare dopo il 1998, dopo che i 99 Posse si diedero una sistemata con l’album “Corto circuito”. Sul finire dei Novanta i ragazzi di Napoli stavano vivendo il loro momento di gloria: i 99 Posse a un certo punto rischiano di vincere addirittura il premio del programma “Select” agli Mtv Europe music award (battuti, allora, dai Bluvertigo). Dunque dalle posse – l’alternativa musicale italiana nata nei centri sociali e che si spaccia underground – al mainstream.

 

Nessuno conosce i nomi dei componenti della band, ma in quel periodo se parli di 99 Posse ti viene in mente subito lui, O’ Zulù, non proprio uno smilzo, il tatuato con la faccia ingrugnata, ma soprattutto sempre incazzato, come un marchio di fabbrica. “Corto circuito” è l’album che fa fare il salto ai cinque ragazzi di Napoli – per carità, senza mai dimenticare la lotta di classe, la denuncia sociale, e pure tutto questo successo “non muta affatto né il loro rapporto con il pubblico, né il loro rapporto con il politico né la loro spinta alla sperimentazione sonora”, si legge nel loro sito internet. Ma insomma, di “Corto circuito” sul finire degli anni Novanta parlano un po’ tutti: sarà perché è una produzione seria, non da scantinato, sarà perché i testi sulla lotta di classe sono ingentiliti dalla voce di Meg, alias Maria di Donna, e c’è addirittura una canzone d’amore che pare fatta apposta per quelli che pomiciano nel sudicio voluttuoso del centro sociale, nell’odore acre di capelli rasta, cannabis e sigarette.

 

Sarà perché i 99 Posse furono tra i primi a inventarsi il doppio uso di un cd, da ascoltare in macchina ma anche da infilare nel computer per usufruire di un videogioco – che figata, dicevamo al pomeriggio al bar del Fleming, poco importa se si gioca colpendo con le molotov i celerini, siamo abituati allo stadio, però che figata.

 

Pure De André, anarchico per definizione, nel 1998 decide di spendere due paroline per spiegare a O’ Zulù che “certo, sono i difensori di un sistema che non funziona. Ma forse sarebbe meglio avere il coraggio di andare a monte, di puntare su chi esercita, nemmeno in maniera tanto criptica, il potere” (De André è morto prima, ma il suo monito s’è impersonato in un altro tatuato, ben più figo e “contro i poteri forti”, in diretta tv su “X Factor”).

 

[**Video_box_2**]Nella stessa canzone sui punti neri, difatti, era musicata una frase che poi negli anni è diventata tintura per i muri di San Lorenzo a Roma, quella che recita “L’unico fascista buono è il fascista morto” – effetto aforistico talmente permeante che ancora oggi ci sono ragazzini dei centri sociali che pensano sia una citazione di Pertini. Quelli dei 99 Posse non sono certo numeri da “Licensed to Ill”, l’album di debutto dei Beastie Boys che nel 1986 lanciò il gruppo newyorchese e il gangsta rap con il pezzo, fin troppo eloquente “(You Gotta) Fight for Your Right (to Party!)”, ovvero: tu devi combattere per il tuo diritto (di fare festa). Praticamente un manifesto programmatico di O’ Zulù e soci, che ieri sera, alla fine di una lunga settimana di polemiche, hanno avuto il permesso di suonare a Cremona. La questura ha detto che non ci sono problemi: “Sono in un’area privata”, dice, “nel  centro sociale Dordoni”. Il sindaco però aveva paura che qualcuno potesse raccogliere l’invito di O’ Zulù: “Onore a chi lotta. Più bastoni e meno tastiere”, scritto dal rapper napoletano su Facebook dopo gli scontri di sabato scorso tra antagonisti e polizia, in occasione del corteo organizzato dal centro sociale Dordoni contro CasaPound (un militante di un centro sociale molto ferito). Casino.

 

Ieri è arrivato in difesa della “libertà d’espressione” dei 99 Posse pure Erri De Luca, anche lui processato per “istigazione alla violenza” per la vicenda No Tav. “Se la mia opinione è un reato, continuerò a commetterlo, come scrittore e come cittadino”, dice De Luca. Ed è curioso che ieri sera il concerto dei 99 Posse sia stato vietato proprio ai giornalisti. L’agente del gruppo, Rosario Dello Iacovo, ha spiegato che la decisione è stata presa dagli organizzatori perché c’è stata “una spettacolarizzazione eccessiva” del concerto. Ma a quel punto O’ Zulù aveva già corretto il tiro, sempre su Facebook: “Vogliamo tranquillizzare tutti i cremonesi: ai nostri concerti si balla e si canta. Punto”. Bene. Cinghiamattanza?

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.