Che cosa c'entrano i millennial con la crisi culturale dei Mc Lover

Michele Boroni
Probabilmente negli ultimi giorni avrete visto anche voi in tv il nuovo spot di McDonald's per il lancio di alcuni nuovi panini. Il commercial mostra una carrellata di immagini e icone di segno positivo e negativo legate al brand, accompagnata dalla tiritera del “m'ama, non m'ama”. Del resto McDonal

Probabilmente negli ultimi giorni avrete visto anche voi in tv il nuovo spot di McDonald’s per il lancio di alcuni nuovi panini. Il commercial mostra una carrellata di immagini e icone di segno positivo e negativo legate al brand, accompagnata dalla tiritera del “m’ama, non m’ama”. Del resto McDonald’s ha da sempre polarizzato le opinioni: c’è a chi piace (anche tra chi non è un consumatore assiduo di fast food) e c’è chi invece vede nella grande M il male assoluto. Ma questa, in fondo, è una fotografia del passato: perché oggi negli States, notoriamente la patria degli hamburger, sembra che anche i Mc Lover si siano freddamente allontanati dal Big Mac e che McDonald’s non sia più uno dei simboli della way of life americana.

 

A dirlo in modo implacabile sono i numeri. Nell’ultimo trimestre i profitti sono caduti del 21 per cento, le vendite, da sempre in crescita, hanno registrato nel 2014 un segno negativo e complessivamente il traffico globale nei loro ristoranti è calato.
Cos’è successo, in definitiva?

 

Tutto ha origine dal gusto alimentare degli americani che è mutato, o meglio, che si è fatto più complesso e meno standardizzato.  Oltre al classico junk food si sono affiancati nuovi stili alimentari che richiedono alimenti più freschi e sani, magari anche multietnici, vegetariani e comunque meno standardizzati. 

 

Da alcuni anni sono rapidamente cresciute tutta una serie di insegne come Chipotle, Panera Bread e Five Guys, facenti parte del segmento fast casual, ovvero ristoranti self service che promettono una migliore qualità del cibo con un minor numero di ingredienti congelati rispetto a un classico fast food, ma sono apparse anche catene in cui è possibile personalizzare al massimo il proprio panino.

 

Ovviamente i tipi di McDonald’s in questi anni non sono rimasti alla finestra a guardare e hanno provato ad adeguarsi a questa nuova tendenza, inserendo nel proprio menù nuove referenze più sofisticate  – dalle insalate ai nuovi panini che strizzano l’occhio alla cucina etnica – e gonfiando a dismisura il proprio menù (si parla di circa 100 nuovi prodotti in 10 anni). Questo ha portato da una parte a una estrema complessità di scelta da parte del cliente finale, ma anche a una sempre maggiore difficoltà nelle “cucine” nel preparare così tanti cibi diversi.

 

Il risultato è che McDonald’s non corrisponde più a quella caratteristica qualitativa che l’aveva fatta diventare leader, ovvero essere fast: tempi troppo lunghi per leggere e decidere cosa ordinare per il cliente finale e tempi altrettanto lunghi di preparazione per la cucina, spesso neanche così capiente per poter differenziare un’ampia gamma di prodotti.

 

[**Video_box_2**]Nell’ultimo anno quindi McDonald’s ha operato una decisa inversione di marcia, eliminando mediamente dodici voci dal menù per rendere la scelta e la realizzazione più semplice; ma allo stesso tempo, per venire incontro al proprio cliente, ha cercato di “regionalizzare” ancora di più l’offerta con l’aggiunta di salse e prodotti locali: in molti ristoranti McDonald’s è apparsa l’opzione del burger personalizzato in cui i clienti possono scegliere i loro condimenti, come accade in una catena fast casual più sofisticata. Tutto questo contraddicendo la strategia di semplificazione del menù, e andando anche contro la natura di McDonald’s per cui il 60 per cento del business è sviluppato dal McDrive, ovvero l’ordine e il ritiro superveloce dei panini rimanendo nella propria auto, dove la personalizzazione è irrealizzabile. Tutto ciò ha gravato molto sulle voci del conto economico: infatti, non potendo alzare più di tanto  i prezzi di vendita dei panini, il margine si è notevolmente ridotto.

 

Infine c’è anche il problema della disaffezione delle generazioni più giovani, i cosiddetti millennial, che oggi sembrano particolarmente curiosi di conoscere gli ingredienti e la loro provenienza. Gli stessi millennial che oggi rifuggono da mall o centri commerciali, luogo di elezione dei McDonald’s e che anch’essi stanno vivendo un periodo di profonda crisi. 

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