Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (foto LaPresse)

Il socialismo in Venezuela ha portato inflazione e malaria

Luciano Capone

I casi di malaria nel mondo sono in diminuzione ovunque, si legge nel World Malaria report 2014, eccezion fatta per due paesi sudamericani: la nazione guidata prima da Chávez e ora da Maduro. Ecco perché.

Mostrare correlazioni e soprattutto dimostrare nessi di causalità tra sistemi economici e malattie è estremamente complicato. Qualche settima fa ci aveva provato la presidente della Camera Laura Boldrini, quando in un discorso aveva affermato che “l’Ebola è anche causata dai tagli alla spesa pubblica e dalle privatizzazioni nei paesi in difficoltà”. Come ha poi ribadito al Foglio, la diffusione dell’epidemia di Ebola in Africa occidentale sarebbe una conseguenza delle politiche liberiste di taglio della spesa pubblica imposte dal Fondo monetario e dalla Banca mondiale ai paesi colpiti dal virus, Liberia, Sierra Leone e Guinea. Come avevamo evidenziato noi del Foglio – e come ha poi confermato il Fmi – non c’è alcuna evidenza di questo presunto “liberismo liberiano” (o guineano), visto che nel corso degli anni la spesa sanitaria pubblica e privata in questi paesi è costantemente aumentata. Se però non c’è alcuna correlazione tra liberismo e Ebola, alcuni dati recenti ne mostrano una tra socialismo e malaria. Parliamo di un particolare socialismo, quello venezuelano (o bolivariano), noto anche come “Socialismo del XXI secolo”, e dei dati dell’Organizzazione mondiale della sanità contenuti nel recente World Malaria report 2014, l’annuale resoconto su una malattia che in Occidente pensiamo appartenga al passato e che invece ogni anno colpisce circa 200milioni di persone nel mondo e fa 584mila vittime soprattutto tra i bambini.

 

I numeri contenuti nel rapporto dell’Oms sono complessivamente buoni: dal 2000 al 2013 nel mondo la mortalità si è ridotta di quasi il 50 per cento in Africa, dove si registrano il 90 per cento dei casi. I risultati sono ancora più incoraggianti per l’America Latina, dove 15 paesi sono in grado di raggiungere l’obiettivo di ridurre del 75 per cento l’incidenza della malattia entro il 2015 e gli altri di ridurla tra il 50 e il 75 per cento. Se migliora la situazione globale, si registrano però alcuni casi in controtendenza, tutti e due in America latina, gli unici al mondo in cui i casi di malaria sono in aumento: la Guyana (circa 30 per cento in più) e soprattutto il vicino Venezuela dove si è passati dai circa 29mila casi del 2000 ai 78mila del 2013 (circa il 170 per cento in più), che rappresentano il 18 per cento dei contagi di tutto il Sud America. E non si tratta di un’improvvisa diffusione della malattia, ma di un continuo aumento, anno dopo anno, in un periodo che coincide grosso modo con il quindicennio della Rivoluzione bolivariana inaugurata nel 1999 da Hugo Chávez. Il dato è ancora più sorprendete perché si parla di un paese, il Venezuela, che tra il 1960 e il 1980 aveva quasi completamente sradicato la malaria, anche grazie al lavoro di Arnoldo Gabaldón che prima da medico e poi da ministro della Sanità dedicò la propria vita alla lotta alla malaria.

 

[**Video_box_2**]La diffusione della malaria è dovuta negli ultimi anni a una vera e propria febbre dell’oro che ha portato tantissime persone a cercare le preziose pepita nelle zone minerarie paludose, che sono l’habitat ideale delle zanzare che diffondono la malattia. La caccia all’oro illegale si è scatenata, ed in un certo senso è stata tollerata dal governo, a causa del progressivo deterioramento delle condizioni economiche di un paese che ha le maggiori riserve petrolifere del mondo ma in cui mancano beni di prima necessità, in cui l’inflazione - oltre il 60 per cento e che corre verso la tripla cifra - erode i salari delle fasce più povere. Un cacciatore d’oro con una pepita può guadagnare in un giorno ciò che una persona normale guadagna in un mese con il salario minimo governativo. A ciò va aggiunta la situazione precaria della sanità: le strutture sono fatiscenti, ci sono pochi posti letto, mancano medicinali essenziali a causa della cronica penuria di dollari che impedisce le importazioni, c’è carenza di personale medico e i programmi statali, come la Misión Barrio Adentro che prevede l’invio a Cuba di petrolio in cambio di medici, si sono dimostrate fallimentari.

 

Dopo 15 anni di governo da parte di Chávez e da poco del suo successore Nicolas Maduro, i risultati del “Socialismo del XXI secolo” sono disastrosi soprattutto dal punto di vista economico: un paese sull’orlo del default, non in grado di importare beni essenziali e a breve di non ripagare i propri creditori. Gli unici due indici a crescere vertiginosamente, quelli in cui il Venezuela è leader mondiale, sono l’inflazione e la malaria.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali