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Licenziare è di sinistra? Il caso dell'Opera

Redazione

Orchestra e coro azzerati per salvare il Teatro di Roma. Come si è arrivati a questo punto e cosa cambierà ora per la cultura in Italia.

«L’unica azione veramente di sinistra era proprio questa: rifondare l’Opera. Non liquidare il Teatro e neanche chiamare una star come rattoppo. Una decisione a prima vista choccante, ma che potrà far rinascere il Teatro» (il sindaco di Roma Ignazio Marino a proposito del licenziamento di 182 musicisti dell’Opera).
Fabio Martini, La Stampa 4/10

 

«Basta passare per ladri. L’indennità per l’umidità per chi suona all’aperto è importante. E basta passare per privilegiati. Guadagno 40mila euro l’anno con le indennità e 12 scatti di anzianità che corrispondono a 2.200 euro mensili […] Lavoro sei giorni a settimana, 28 ore a settimana. Lavoro per quanto programma la direzione, se non programmano non è colpa mia. Per contratto io devo suonare il 50 per cento sulle produzioni e 50 per cento essere a disposizione ma con parti studiate. È ovvio, uno dice lavori solo il 50 per cento...» (un violinista dell’Opera di Roma appena licenziato).
Anna Bandettini, la Repubblica 4/10

 

Il consiglio di amministrazione del Teatro dell’Opera di Roma, presieduto dal sindaco Marino, giovedì scorso ha deciso il licenziamento collettivo di 182 tra orchestrali e coristi, i quali dal 1 gennaio 2015 saranno sostituiti da un servizio esterno.
Valerio Cappelli, Corriere 3/10

 

La decisione è arrivata dopo mesi di crisi, dissidi, accuse interne e scioperi. Lo scorso 14 settembre, inoltre, Riccardo Muti aveva annunciato la sua rinuncia a dirigere l’Aida e gli altri appuntamenti previsti per la stagione. Muti era stato nominato Direttore Onorario a vita nel 2011.
Valerio Cappelli, Corriere 3/10

 

Secondo la procedura di licenziamento, in questi giorni la Fondazione inoltrerà ai sindacati (non ai singoli lavoratori) la lettera di licenziamento, dopodiché si apre la fase di trattativa tra le parti che dura in totale 75 giorni: prima 45 giorni di trattativa tra sindacati e vertici del Teatro; poi 30 giorni di confronto con le istituzioni. Durante questo periodo, i musicisti dell’Opera continuano nel loro lavoro. Se non dovesse essere raggiunto un accordo, dal 76° giorno scatterà il licenziamento.
Giovanna Mancini, Il Sole 24 Ore 4/10

 

I lavoratori potranno nel frattempo avviare ricorsi, compreso l’appello all’articolo 18. Al ministero della Cultura però hanno già studiato come neutralizzare i ricorsi: cancellare coro e orchestra dalla pianta organica del Costanzi impedirebbe il reintegro del giudice del lavoro. Mentre i sindacati continuano a litigare fra loro: «Gli scioperi estivi a Caracalla voluti da Cgil e autonomi ha danneggiato il teatro e i lavoratori» tuona la Fistel-Cisl.
Giovanna Mancini, Il Sole 24 Ore 4/10

 

Con l’esternalizzazione il sovrintendente Carlo Fuortes conta di risparmiare circa 3,4 milioni. Coro e orchestra ne costano 12,5 l’anno.
Emiliano Liuzzi, il Fatto 3/10

 

«Ma attenzione: da gennaio tutti gli artisti ritorneranno a lavorare, solo che dovranno essere riuniti sotto un nuovo soggetto giuridico. Un’associazione o una cooperativa che si accorderà con il Teatro per i contratti stagionali. In base a criteri legati all’efficienza, senza più accordi integrativi dalle indennità fantasiose (quelle per il frac o per le trasferte a Caracalla...) e dai privilegi un po’ fuori mercato visti i tempi» (Simone Canettieri).
Simone Canettieri, Il Messaggero 3/10

 

Il Teatro dell’Opera di Roma è il teatro che nella Capitale è dedicato all’opera lirica e al balletto: il suo primo nome fu Teatro Costanzi, da quello del suo costruttore e primo gestore, Domenico Costanzi, che lo fece edificare nel 1874. Nel 1926 il Comune di Roma lo acquistò e ne assunse la gestione rinominandolo “Teatro Reale dell’Opera”. In quegli anni fu completato e ampliato. Fu inaugurato per una seconda volta il 27 febbraio del 1928 e con l’avvento della Repubblica prese il nome attuale: “Teatro dell’Opera”. Nuova ristrutturazione nel 1958. Nel novembre del 2000 è stata costituita una Fondazione di cui sono soci fondatori lo Stato, il Comune di Roma e la Regione Lazio.
Il Post 3/10

 

Il Comune di Roma dà (unico in Italia) 16 milioni e 500 mila euro l’anno all’Opera. Se si divide questa cifra per il numero delle recite d’opera (71) e di balletto (43), viene un contributo di oltre 144 mila euro per ogni serata (esclusa l’estate a Caracalla).
Valerio Cappelli, Corriere 23/9

 

Il teatro dell’Opera deve far fronte a un buco di 28,8 milioni, causato dalla passata gestione e la protesta sindacale degli ultimi mesi lo ha allargato di ulteriori 4 milioni e 200 mila euro.
Valerio Cappelli, Corriere 23/9

 

Nell’agosto del 2013 era stata approvata la cosiddetta legge “Valore cultura” o legge Bray che stabiliva, per le Fondazioni lirico-sinfoniche in stato di crisi, l’accesso a un fondo di 75 milioni di euro a condizione che presentassero un piano di risanamento. Il soprintendente Fuortes aveva così previsto un taglio di 50 dipendenti su 430 e maggiore flessibilità di orari e di prestazioni. Il paino era stato rifiutato dalla minoranza dei lavoratori di Cgil e Fials Cisal (che sono però la maggioranza nell’orchestra). Si era poi svolto un referendum il 19 settembre, boicottato da Cgil e Fials. Tutto questo tra scioperi, spettacoli sospesi e divisioni interne tra dipendenti sempre più aspre.
Il Post 3/10

 

La vicenda dell’Opera dimostra come licenziare in Italia sia possibile e quanto la polemica sull’articolo 18 sia strumentale. Salvatore Cannavò: «La legge che consente il meccanismo infernale, quella invocata dal Consiglio di amministrazione dell’Opera, è la 223 del 1991 applicabile per motivi di crisi, di ristrutturazione aziendale o di chiusura dell’attività nelle aziende sopra i 15 dipendenti».
Salvatore Cannavò, il Fatto 4/10

 

Antonello Caporale: «A nessun altro sindaco sarebbe venuto in mente di licenziare in tronco gli orchestrali del teatro dell’Opera. Magari ha torto marcio anche questa volta. Magari avrebbe fatto meglio a risolvere le impuntature dei primi violini e dei secondi e dei terzi e concedere i 190 euro al giorno di diaria (oltre le spese) per le trasferte, contro i 160 (più spese) offerti e rifiutati. E richiedere al governo di ripianare i 30 milioni di euro di buco accumulati in questi decenni sbarazzini. Ma si è presentato a Roma con la sua faccia, ha firmato lui, non si è nascosto dietro un drappo di velluto».
Antonello Caporale, il Fatto 4/10

 

«Se il liberalismo è questo, allora era meglio il socialismo. Rischiano infatti, i 92 orchestrali e i 90 coristi di Roma, di essere per l’Italia di Renzi quel che i minatori furono per l’Inghilterra della Thatcher. Non che sia sbagliata l’idea di fare gareggiare i professori d’orchestra con il merito, di farli competere fra loro per guadagnarsi il posto che oggi invece è assicurato dalla Cgil. Ma sono miserabili la vendetta politica e lo scaricare solo su di loro il disastro dell’Opera, che non è musicale ma economico, è manageriale, politico, di cattiva amministrazione e di gestione clientelare scombiccherata».
Francesco Merlo, la Repubblica 3/10

 

«In Francia sono molti i teatri che lavorano con orchestre esterne, autonome, in Spagna quasi tutti, in Olanda, ovunque», hanno affermato in conferenza Marino e Fuortes. In realtà l’unico grande esempio di teatro lirico che non abbia un’orchestra stabile in Europa è il Real di Madrid. Per il resto dal Metropolitan di New York al Covent Garden di Londra, dall’Opera di Parigi, ai teatri di Lione, Barcellona, San Francisco, Sidney, hanno tutti orchestra e coro stabili.
La Stampa 4/10

 

Ad esempio, i Berliner sono organizzati in una Fondazione, proprietaria del Teatro. Nel cda entrano anche i musicisti. Gli sponsor principali sono Deutsche Bank e Allianz. Gli 80 elementi dei Wiener, invece, sono finanziati dal Teatro di Vienna. Hanno un numero di rappresentazioni superiore alla media italiana, e esiste una formazione bis per esibizioni in altre sale.
La Stampa 4/10

 

L’Opera di Roma farà da apripista alle altre Fondazioni liriche? Cappelli: «Se la privatizzazione funziona e si dimostra che le masse artistiche esternalizzate costano meno e producono di più, il ministero, principale erogatore di denaro, potrà bussare agli altri teatri indebitati (sono otto su tredici). L’indebitamento complessivo delle Fondazioni liriche ha raggiunto 392 milioni 766 mila euro. Il nodo vero è la spesa del personale, che ammonta a 324 milioni. Nel 2013 lo Stato ha assegnato ai Teatri lirici 190 milioni. La coperta è corta».
 Valerio Cappelli, Corriere 3/10

 

«Non credete a chi dice che in Italia è impossibile far funzionare l’opera: non è vero. Basta fare un giro alla Fenice di Venezia o al Regio di Torino per scoprire che ci sono dei teatri che producono, dei denari pubblici (molto meno di quelli buttati nell’Opera di Roma) spesi con criterio, dei bilanci in pareggio e dei lavoratori che lavorano, e magari sono pure contenti e orgogliosi di farlo».
Alberto Mattioli, La Stampa 26/9

 

(a cura di Luca D'Ammando)