Roberto Saviano (foto LaPresse)

Il mattoncino del Saviano antirenziano

Redazione

Sarcasmo per lo stile twittarolo, ma è la Giustizia intoccabile il tema.

Se uno sente la frase “non basta un tweet a cambiare la giustizia”, può pensare di essersi infilato per distrazione all’osteria, o a un convegno dell’Anm. Ma se questo è il titolo della rubrica di Roberto Saviano sull’ultimo Espresso, la cosa si complica: ci avranno pensato su. E infatti c’è tutta la non innocua, non ingenua banalità del Saviano-pensiero in quella frase settimanale. C’è da parlare di giustizia, ma anziché entrare in qualche scampolo di merito, Saviano se la prende con Alessia Morani, responsabile Giustizia del Pd, giovane, “il che giustifica il suo curriculum quasi inesistente”.

 

[**Video_box_2**]Se la prende con un suo tweet, invero intempestivo, sulla “promessa mantenuta” di una riforma di là da venire. Ma crocifiggendo in figura e con eccesso di ineleganza l’esponente del Pd renziano (“giovane non lo è affatto e la mancanza di titoli oltre la laurea forse aiuta a comprendere qualcosa di più”), Saviano intende sparare al bersaglio grosso, ché quello è il nuovo che avanza. Così la derisione per la velocità, l’età e (va da sé) l’impreparazione sono l’ardito apparato metaforico con cui il non giovane autore di un solo libro aggiunge il suo mattoncino alla trincea della Giustizia più bella del mondo: la riforma è “terreno minato da venti anni di conflitto di interesse berlusconiano”, i “papocchi ad personam”  sempre dietro l’angolo, il tentativo di abbattere il contenzioso civile avviene “privatizzando la giurisdizione” (male), nel penale la lotta alle lungaggini “pare appuntarsi sulla prescrizione” (peggio). Serpeggia “il tradimento del principio di obbligatorietà dell’azione penale”. Insomma se non è Gomorra, è Renzusconi. Bastava un tweet.

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