Vogliamo andare "contromano" in bicicletta

Giovanni Battistuzzi

Il controsenso ciclabile vietato dal governo, dopo averlo inserito nemmeno due anni prima, è diventato un problema di portata nazionale. Perché vietarlo non ha senso e rappresenta un passo indietro nei confronti dell'Europa.

Normalizzare il normalizzato, legiferare sull'assodato, sulla normalità. Ecco il punto sull'inutil questione del controsenso ciclabile, quello che per brevità, praticità e opportunismo viene chiamato "contromano". Il governo lo vieta, dopo averlo introdotto per legge dopo il parere positivo (pro. 6234 del 21/12/2011) del ministero delle Infrastrutture e dei Traporti. Le amministrazioni comunali di Bologna, Torino e Milano insorgono contro l'approvazione di un emendamento presentato da Scelta Civica e accolto dalla commissione Trasporti della Camera. Pierfrancesco Maran, assessore milanese e delegato dell’Anci per la viabilità è stupito e assicura: "Non può che essere una svista. Abbiamo lavorato al testo per più di un anno, se nulla cambia ci troveremo con un codice stradale arretrato e inadeguato: non c’è nessun motivo di rinunciare a portare anche da noi quel che già c’è e funziona nel resto d’Europa".

 

Voci contro voci, opinioni contro opinioni, il nucleo di tutto è il contromano, parola che genera pensieri di incidenti e lutti, che dà idea di pericolo alle porte, anzi davanti, zona cofano. Eppure il controsenso ciclabile è regola e prassi in mezza Europa, dalla Danimarca alla Spagna, dal Belgio alla Germania, dalla Norvegia alla Svizzera. Il perché lo dicono i numeri. Nei paesi nei quali esiste il senso unico eccetto biciclette gli incidenti sono diminuiti e le biciclette aumentate. Il perché lo dice uno studio tedesco commissionato dal ministero dei Trasporti. La ricerca riporta questi risultati:  il numero di ciclisti contromano è lo stesso con e senza autorizzazione; non c’è aumento dell'incidentalità, anzi una flessione; la sicurezza si gioca sostanzialmente tutta in corrispondenza delle intersezioni, dove è cruciale il rispetto delle giuste visibilità; più la carreggiata è stretta, più è sicura.

 

Evidenze statistiche. "Più che altro buonsenso", disse il sindaco di Berna dopo l'approvazione della legge che consentiva il controsenso ciclabile. "Abbiamo tradotto in legge quello che è sempre accaduto, ovvero che nei centri abitati le biciclette percorrono le strade seguendo la strada più corta e imbottigliarle in sensi unici sarebbe un danno per loro e per tutta la cittadinanza che avrebbe più auto in strada, quindi più traffico, quindi tempi di spostamento più lunghi". E' per questo che il divieto introdotto dal governo risulta contro induttivo, anti razionale. Perché quello che sino a pochi giorni fa era permesso il controsenso ciclabile in strade con limite massimo di velocità di 30 km/h, ovvero nella grande maggioranza dei centri storici italiani, ovvero i luoghi di maggiore concentrazione di biciclette e di trasporti in bicicletta. "Vietare il controsenso ciclabile? Ma siete pazzi? Dovremmo vietare la normalità" ha commentato il sindaco di Den Haag qualche giorno fa intervistato da alcuni cicloattivisti italiani. "E' una cosa impossibile. Il controsenso ciclabile è necessario soprattutto in città che aspirano a diventare più vivibili con la creazione di zone 30 e ampie aree pedonali".

Di più su questi argomenti: