Pier Carlo Padoan e Matteo Renzi (foto LaPresse)

Sblocca Renzi

La promessa di nuovi investimenti, ma per ripartire serve tagliare

Redazione

Dopo i “petardi” il governo rilancia sulle infrastrutture. Da Brunetta, e non solo, arrivano pungoli sui conti

“Noi siamo quelli del sì, si può fare”, lo “sblocca Italia” è “un tentativo di scatenare le energie” del paese. Ieri, alla presentazione del pacchetto di rilancio di cantieri e infrastrutture (energia, edilizia, digitale e altro) Matteo Renzi ha provato col consueto ottimismo a dare un colpo di reni alla politica economica del governo, nel giorno in cui s’è sbloccata anche la trattativa Alitalia. Dal piano che verrà introdotto in un decreto a settembre, il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan si aspetta di mobilitare risorse, sia pubbliche sia private, capaci di rilanciare progetti fermi dal valore di almeno trenta miliardi di euro: “Si diceva di una crescita che è troppo debole e queste misure hanno una valenza macroeconomica significativa”, ha detto.

 

Tuttavia nei giorni scorsi l’esecutivo era stato messo sotto schiaffo da parte di pezzi dell’establishment economico, che lancia petardi a mezzo stampa approfittando delle oggettive difficoltà: le riforme economiche faticano nel paese dei veti e dei cespugli, e sia Renzi sia Padoan ieri e nei giorni scorsi hanno ammesso che la crescita è insufficiente rispetto alle aspettative, mentre arrivano segnali discontinui dall’occupazione e dall’attività economica delle imprese. La polemica di questi giorni con il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, un ex funzionario del Fondo monetario internazionale chiamato dal governo Letta, ha messo pressione su Renzi per recuperare l’opera di revisione della spesa pubblica, su cui il governo ha basato la sua scommessa di crescita.

 

Ma nel giorno dello “sblocca Italia”, se il premier non vorrà finire travolto dai “petardi” dei suoi oppositori sulla politica economica, farebbe bene a prendere sul serio le staffilate che, con una certa durezza ma pure col garbo di un’opposizione che non intende rompere, gli arrivano ad esempio da il prof. Renato Brunetta. Il presidente dei deputati di Forza italia, di fatto il programmatore economico del partito in questa fase, ieri è tornato a pungolare il premier (“lo sblocca Italia è il solito format Renzi: conferenza stampa di proclami e provvedimenti rinviati, non incanta più nessuno”) e a segnalare le cose da fare dal suo blog, ilmattinale.it.

 


Brunetta prende dunque a pretesto la polemica di questi giorni scaturita dalle doglianze del commissario Cottarelli, per ricordare che i risparmi derivanti dal processo di revisione della spesa pubblicaprogrammati da governo (pari a 4,5 miliardi nel 2014; 17 miliardi nel 2015 e 32 miliardi a decorrere dal 2016) non soltanto non sono sufficienti a “coprire gli effetti finanziari di tutte le promesse di Renzi”, come ricorda pure la Banca d’Italia, ma visto che è improbabile che i tagli da 4,5 miliardi previsti per quest’anno verranno realizzati, il governo in autunno si troverà a dovere maneggiare una manovra correttiva di crescente entità: fino a 32 miliardi di euro,  stima Brunetta.

 

Forza Italia non è l’unica a muovere critiche al governo circa la necessità di una improcrastinabile opera di revisione della spesa in tutti i suoi meandri, dalla Sanità alle municipalizzate locali – “terreno propizio questo per un’opera di razionalizzazione, per migliorare l’efficienza dei servizi pubblici anche in vista di un’eventuale privatizzazione”, ha detto ieri in proposito il ministro Padoan. Cottarelli o non Cottarelli, alcuni commentatori come l’economista bocconiano Tito Boeri, su Repubblica di ieri, hanno spronato il governo ad assumere la responsabilità politica dei tagli. Operazione fallita finora, in cui nessun governo in dieci anni, con il supporto di tecnici ad hoc poi trasformatisi in uomini soli al comando, è riuscito. “Molti interventi – dice Boeri – quelli che fruttano miliardi richiedono riforme legislative e un forte sostegno politico”, soprattutto quando bisogna aggredire “rappresentanze di interesse”, ad esempio quando si parla di previdenza e di spesa sanitaria (che pesano per il 40 per cento della spesa totale). Un’impresa titanica, insomma, difficile da realizzare senza la sponda del centrodestra.