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La Palestina vi rende stupidi. Come e perché a ogni guerra scatta il mistificatorio “Effetto Palestina”

Bret Stephens

Qualche antidoto per non soccombere al “subitaneo e spesso totale collasso del ragionamento logico”. Difendere la parte palestinese su Gaza è perorare la barbarie.

Di tutte le cose stupide che sono state dette sulla guerra fra Israele e Hamas, la menzione del disonore va di certo ai commenti fatti nel weekend da Benjamin J. Rhodes, viceconsigliere della Sicurezza nazionale per le comunicazioni strategiche.

 

Intervistato da Candy Crowley della Cnn, Rhodes ha sostenuto l’ormai linea standard di condotta dell’Amministrazione, cioè che Israele ha il diritto di difendersi ma che deve fare di più per evitare vittime fra i civili. Crowley lo ha interrotto dicendo che, secondo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, lo stato ebraico sta già facendo tutto quanto è in suo potere per evitare tali vittime. “Penso che si possa sempre fare qualcosa in più,” ha risposto Rhodes. “L’esercito americano lo sta facendo in Afghanistan”.

 

Quanto è inappropriato un paragone del genere? La lista dei civili afghani uccisi accidentalmente dagli attacchi statunitensi o della Nato non è breve. Pochi dei combattimenti tenutisi in Afghanistan hanno avuto luogo nel tipo di ambiente densamente urbano caratteristico di Gaza, che rende il conflitto nella zona così difficile. L’ultima volta che gli Stati Uniti hanno combattuto una guerra simile a quella di Gaza – a Falluja nel 2004 – sono morti qualcosa come 800 civili, e almeno 9.000 case sono state distrutte. Questa non è una messa in stato d’accusa della condotta statunitense a Fallujah, ma il riconoscimento della lugubre realtà dei combattimenti in territorio cittadino.

 

Oh, fra parentesi, le città e le cittadine americane non sono mai state colpite da razzi dal cielo, né attraversate da tunnel nella terra, mentre la campagna di Falluja era in corso.

 

Forse Rhodes sa tutto questo, e semplicemente è stato colto in fallo nel ripetere quelle banalità che sono considerate di rigore, diplomaticamente parlando, quando si parla dei palestinesi. O forse è solo un’altra vittima di quello che io chiamo “Effetto Palestina”: il subitaneo e spesso totale collasso del ragionamento logico, dell’intelligenza raziocinante e dell’ordinario giudizio morale ogniqualvolta emerga il soggetto delle sofferenze palestinesi.

 

Pensiamo all’ossessione dei media per il conteggio dei morti. Secondo una conta giornaliera nel New York Times, al 27 luglio la guerra in Gaza aveva tolto la vita a 1.023 palestinesi contro 46 israeliani. Come fa il Times a fare un conteggio così accurato delle morti palestinesi? Una nota a piè di pagina rivela: “Il conteggio dei morti palestinesi è fornito dal ministero della Salute palestinese e dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli Affari umanitari”. Ok. Quindi, chi è a capo del ministero della Salute a Gaza? Hamas. E per quanto riguarda le Nazioni Unite? Prendono i loro i dati da due ong agitprop, una delle quali, il Centro palestinese per i diritti umani, offre l’incredibilmente precisa statistica che, al 27 luglio, esattamente l’82 per cento delle morti a Gaza è rappresentato da vittime civili. Curiosamente, durante la guerra di Gaza del 2008-2009, il centro ha riportato un tasso di morti civili pari anche quella volta all’82 per cento.

 

Quanto statistiche così minuziosamente esatte vengono fornite in circostanze così caotiche, allora tali statistiche sono probabilmente spazzatura. Quando un’organizzazione di news fa affidamento – senza chiarimento alcuno – a dati forniti da un organo burocratico di un’organizzazione terroristica, beh anche lì c’è qualcosa di terribilmente sbagliato.

 

Eppure, facciamo per un attimo finta che i numeri forniti siano accurati. Questo significa forse che i palestinesi siano le vittime principali, e gli israeliani i principali persecutori, in questo conflitto? Seguendo questa logica assurda, potremmo rivedere tutte le equazioni morali della Seconda guerra mondiale, nella quale morirono oltre un milione di tedeschi per mano degli Alleati, in confronto a “solo” 67 mila civili britannici e 12 mila americani.

 

La vera utilità della conta dei morti è che offre ai reporter e ai commentatori che la citano la possibilità di ascriverne l’implicita colpa a Israele, lasciando senza risposta le domande riguardanti la responsabilità ultima di tali morti. Domande come: perché Hamas nasconde razzi nelle scuole gestite dalle Nazioni Unite, come riconosciuto dall’organizzazione stessa? Cosa significa che Hamas abbia trasformato l’ospedale centrale di Gaza in un “quartier generale de facto,” come riportato dal Washington Post? E perché Hamas continua a respingere, o a violare, ogni cessate il fuoco concordato con Israele?

 

Una persona ragionevole potrebbe concludere da ciò che Hamas, che ha iniziato la guerra, voglia che la stessa continui, e che si affida agli scrupoli morali di Israele di non distruggere siti civili che in realtà sono usati cinicamente per scopi militari. Eppure, ecco che interviene l’Effetto Palestina. Da questo ragionamento, si evince che Hamas ha iniziato la battaglia solo perché Israele ha rifiutato il suo permesso alla creazione di una coalizione palestinese che includesse Hamas, e perché Israele ha ulteriormente posto obiezioni all’aiutare a pagare i salari degli impiegati statali di Hamas a Gaza.

 

Facciamo chiarezza su questa cosa. Israele è colpevole perché (a) non accetterà un governo palestinese che includa un’organizzazione terroristica che ha giurato di distruggere lo stato ebraico; (b) non aiuterà tale organizzazione con le sue risorse economiche; e (c) non faciliterà il blocco quasi totale – imposto congiuntamente con l’Egitto – su un territorio la cui attività economica principale sembra essere costruire fabbriche di razzi e riversare calcestruzzo importato in tunnel per scopi terroristici.

 

Questa è sfacciata idiozia morale – o intolleranza lievemente velata. Scambia l’effetto per la causa, tratta il rispetto di sé come arroganza e autodifesa come aggressione, e fa richieste allo stato ebraico che sarebbero rifiutate sommariamente in qualsiasi altro luogo. In questa guerra, difendere la parte palestinese significa perorare la causa della barbarie. Significa cancellare, nel nome dell’umanitarismo, le distinzioni morali dalle quali emerge il concetto stesso di umanità.

 

Come al solito, l’Amministrazione Obama sta diversificando le sue scommesse. E l’Effetto Palestina fa un’altra vittima.

 


(Copyright Wall Street Journal per gentile concessione di MF/Milano Finanza - traduzione di Sarah Marion Tuggey)

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