Il drammaturgo David Mamet (Foto Ap)

David Mamet cestina la sua pièce rimodellata dal perbenismo omofilo

Giulio Meotti

Per il drammaturgo “Oleanna” è la denuncia, maschile e furente, contro “il lamento delle donne” scritto all’epoca del caso Anita Hill, la donna che accusò il giudice Clarence Thomas di averla molestata.

Roma. Lo showbiz americano è in agitazione. C’è l’intervista di Gary Oldman a Playboy, in cui l’attore inglese accusa Hollywood di essere “ipocrita” e parla della notte degli Oscar e della vittoria di “Dodici anni schiavo”: “Se non lo votavi allora eri un razzista, devi essere molto cauto nello scegliere le parole. Siamo tutti dei dannati ipocriti”. Ma c’è soprattutto la decisione del grande drammaturgo David Mamet di negare alla compagnia teatrale Alchemist Theatre la messa in scena della sua famosa pièce “Oleanna”. Premio Pulitzer con una solida carriera di sceneggiatore hollywoodiano (“Gli intoccabili” di Brian De Palma e “Hoffa” di Danny De Vito), Mamet è una personalità trascinante che, altalenando tra Broadway e Hollywood, ha conquistato una fama mondiale con punte di popolarità e di divismo francamente inimmaginabili. Così, Mamet era stato ritenuto dall’intellighenzia di sinistra americana uno dei “suoi”, per via di celebri lavori teatrali come “American Buffalo” e “Glengarry Glen Ross”, coronamento di una straordinaria carriera teatrale che lo aveva visto operatore, gestore di sala, sarto di costumi, autista di taxi, tecnico di proiettori, attore. Fino alla “conversione” di Mamet a una forma di insofferenza viscerale verso il perbenismo della cultura liberal dominante.

 

La “Oleanna” di Mamet è la storia di un’allieva che ha preso dei brutti voti e di un professore che non si occupa di lei, e di quella stessa allieva che gli fa causa per “sexual harassment” (lo accusa anche di “elitismo”) mandandolo in rovina. Nelle intenzioni di Mamet, “Oleanna” è la denuncia – maschile e furente – contro “il lamento delle donne” scritto all’epoca del caso Anita Hill, la donna che accusò il giudice Clarence Thomas di averla molestata (tramite questa accusa falsa si voleva impedire la nomina del magistrato alla Corte suprema, “linciato perché nero e di destra”, come disse lui). Per dirla con le parole di Alberto Arbasino, che così commentò il lavoro di Mamet: “La caccia alle streghe oggi viene condotta dalle streghe medesime, appiattate a congreghe in ogni facoltà, e in crescita rigogliosa valendosi delle facilitazioni dell’età permissiva per sterminare ogni ‘eterodossia’ degli insegnanti non conformisti: come in una versione femminista dei più assatanati ayatollah”. David Mamet, già accusato di misoginia per “Oleanna”, la scorsa settimana ha scoperto che la compagnia teatrale Alchemist al posto della protagonista femminile, Carol, aveva messo un attore uomo, Ben Barman. Il protagonista veniva chiamato “she”, in omaggio al transgender.

 

“Avevamo portato in scena con eccitazione questa storia perché, sebbene sia stata scritta molti anni fa, è ancora rilevante oggi”, avevano annunciato i produttori. “Volevamo che fosse neutrale sul gender”. Attaccando il “teatro politicamente corretto”, Mamet ha preteso che venisse cancellata la programmazione di “Oleanna,” il nome di un paese immaginario dove, secondo una vecchia canzone, regnano comprensione e libertà, ma che in realtà cela il risentimento. Come ha scritto in maniera concisa Ann Althouse, “la pièce di Mamet parla della relazione tra un uomo e una donna. Se parla di due uomini, è una storia diversa”. Da opera sul rapporto tra seduttore e vittima (o tra calunniato e provocatrice), “Oleanna” doveva diventare un omaggio all’intolleranza contro gli omosessuali e un amalgama di genere. Non è la prima volta che Mamet chiude un teatro contro le interferenze progressiste. Lo fece anche nel 1999 quando il suo “Goldberg Street” venne messo in scena con soltanto protagoniste femminili. “Order to cease and desist”, fece scrivere Mamet alla compagnia di Broadway. Mamet non è soltanto l’unico sceneggiatore hollywoodiano che resiste in un sistema in cui gli scrittori sono di moda per un anno al massimo. E’ uno dei pochi a non bersi la doxa sessualista.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.