Gulp! Ora Obama ha paura e addestra ribelli siriani in massa

Daniele Raineri

L’Amministrazione Obama giovedì ha chiesto al Congresso l’approvazione per spendere 500 milioni di dollari in addestramento per gruppi di ribelli siriani.

Roma. L’Amministrazione Obama giovedì ha chiesto al Congresso l’approvazione per spendere 500 milioni di dollari in addestramento per gruppi di ribelli siriani. Questi gruppi saranno “appropriately vetted”, dice la Casa Bianca, quindi saranno fatti passare attraverso un controllo rigoroso per capire chi sono e che intenzioni hanno. Il vetting punta a escludere che a beneficiare dell’addestramento americano siano fazioni estremiste.

 

Per ora è soltanto un annuncio e deve avere l’approvazione del Congresso. Si tratta di una rivoluzione silenziosa per la politica estera dell’Amministrazione Obama in medio oriente, fino a oggi chiusa in un’indifferenza strategica. La linea tacita era: “Assad se ne deve andare, ma non possiamo occuparci di tutti i problemi di quell’area”. L’unico programma di addestramento per ribelli siriani da parte degli americani era tenuto fino a oggi dalla Cia, in una base in Giordania, ma si trattava di un programma ridotto dal quale uscivano piccoli numeri. Il fatto che ora l’addestramento passi sotto la responsabilità del Pentagono vuole dire che si tratterà di un addestramento di massa, in grado di produre grandi numeri. “Ci aspettavamo che lo stanziamento fosse di 200 milioni di dollari”, hanno detto alcune fonti militari al Wall Street Journal.

 

La ragione per cui l’Amministrazione rilancia con 500 milioni di dollari è che il vicino Iraq sta subendo un’offensiva senza precedenti dello Stato islamico, un gruppo militare islamista che si considera erede diretto dello sceicco di al Qaida in Iraq ucciso dagli americani nel 2006, Abu Mussab al Zarqawi. Lo Stato islamico continua ad avanzare e anche se non ha la capacità per un assalto diretto contro la capitale Baghdad sta facendo cadere città più piccole e intere province. L’Amministrazione Obama capisce che per contenere il gruppo deve rafforzare i suoi nemici naturali, come alcuni gruppi ribelli in Siria. Se i ribelli combatteranno lo Stato islamico nel nord e nell’est della Siria, avranno un impatto sulla guerra in Iraq, perché in questo momento la Siria è la retrovia della campagna irachena degli estremisti. Come detto un mese fa nel discorso all’Accademia militare di West Point, l’America di Obama non vuole mandare soldati in guerra, ma farà affidamento su alleati locali. In Iraq c’è il governo del primo ministro vacillante, Nouri al Maliki, che però sta snobbando il poco aiuto americano e preferisce iraniani e russi. In Siria ci sono i ribelli nazionalisti. Al quarto anno di guerra civile, però, le alleanze tra i gruppi anti Assad in Siria mutano rapidamente ed è arduo identificare fazioni che non collaborano sul campo con altre fazioni più pericolose.

 

In ogni caso, l’addestramento durerà dai sei agli otto mesi e prima ancora c’è la fase di “vetting”. Realisticamente manca ancora un anno all’arrivo in questa guerra dei primi siriani addestrati dal Pentagono. E’ un’eternità, se si pensa che lo Stato islamico che ora sta divorando mezzo Iraq si è annunciato al mondo in questa sua nuova forma soltanto nell’aprile 2013.

 

A Baghdad intanto è tornato il generale iraniano Qassem Suleimani, capo delle forze speciali dei pasdaran, che sta pilotando il processo politico per rimpiazzare il primo ministro Maliki. Nelle ultime settimane ha raccolto i nomi dei potenziali candidati e ora appoggerà il favorito dell’Iran.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)