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Libertà condizionata

Dietro i tormenti del Cav. c'è la paura che a Milano si prepari l'ultima gogna

Salvatore Merlo

A Silvio Berlusconi accade di oscillare come la lancetta di una bussola senza trovare mai la stella polare. Sullo sfondo, tenebroso, c’è il processo d’Appello sul caso Ruby, con tutta una concatenazione di anacoluti, volgarità, paure e ridondanze.

Parla al telefono con Renato Brunetta, ascolta un’intemerata contro Matteo Renzi e contro le riforme truffa, poi con tono stanco gli dice che sì, sì, hai ragione tu, e infine assicura il capogruppo di Forza Italia che stamattina sarà alla Camera anche lui, per lanciare in grande spolvero il presidenzialismo. “Hai la mia parola”, gli dice. Subito dopo però al telefono gli passano Denis Verdini, che invece gli consiglia di non andare alla conferenza stampa con Brunetta, che lo aggiorna piuttosto degli ultimi contatti con il presidente del Consiglio, e così, al suo schivo architetto di retrovia, lui, il Sovrano preoccupato, conferma massima fiducia: “Va’ avanti, va’ avanti senza dubbio, le riforme con Renzi le facciamo”. E insomma, in questa morbidezza di perplessità, di timori, di equivocazioni, a Silvio Berlusconi accade di oscillare come la lancetta di una bussola senza trovare mai la stella polare. Sullo sfondo, tenebroso, c’è il processo d’Appello sul caso Ruby, con tutta una concatenazione di anacoluti, volgarità, paure e ridondanze che annebbiano la corte del Cavaliere: uno spettacolo di gladiatori nel circo, in lotta non con le belve ma con la stanchezza e l’angoscia, come se ciascuno cercasse di salvare per sé un pezzettino dell’impero su cui grava l’ingrata penombra giudiziaria. E dunque Toti e Rossi in lotta contro Fitto e Verdini, Fitto in lotta contro Verdini ma anche contro Toti e Rossi, e poi la famiglia, i figli di primo e di secondo letto, l’azienda, il mondo di Cologno Monzese che non dispera ma pure fa spallucce: “Non siamo ancora all’epilogo. Ma tutto si tiene. Dell’Utri nella stessa cella di Riina, i processi, l’obbligo di tornare a casa entro le undici, le aziende che vanno meno bene di prima, e anche i quattrini che sono un po’ meno d’un tempo… Nessuno sarebbe di buonumore in una situazione del genere”.

 

[**Video_box_2**]Il sipario, in tribunale a Milano, si alza venerdì. E come prevede Niccolò Ghedini, onorevole e avvocato, “cercheranno di chiudere tutto in tre, al massimo quattro settimane”, con una condanna, e dunque con lo spettro, non più così remoto per Berlusconi, di perdere definitivamente la libertà personale. Ma si possono fare le riforme, con il Cavaliere agli arresti? “Le riforme si fanno, qualsiasi cosa accada. Non c’è nessun legame con l’accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi”, dice Mariastella Gelmini. E Daniela Santanchè: “Nei prossimi giorni ne vedremo delle belle, adesso che inizia il processo. Ma Berlusconi non andrà mai agli arresti. Non ne faranno un martire. E comunque sia, piaccia o non piaccia, bisogna fare le riforme. Punto e basta. Queste non sono le riforme di Renzi, sono le riforme di Berlusconi. Sono irrinunciabili”. Irrinunciabili, dunque. E gli aggettivi tendono a recuperare i barlumi della sostanza che sta dietro le cose: in Forza Italia bisogna definire per escludere il superfluo, limitare perché l’informe non sopraffaccia, osare per tenere d’occhio il bersaglio. Ma l’impressione è che sia tutto congettura, speranza, rappresentazione opinabile, un’eco degli umori mobili del Cavaliere: il suo segreto è troppo semplice o troppo incandescente per chiunque, impossibile penetrarsi nelle sue verità. “E’ scoglionato. Stanco per tutto quello che succede. Dentro e fuori le aule di giustizia”, dicono i suoi vecchi amici. E dunque nulla lo interessa se non la lotta con il suo demone giudiziario, che assume le fattezze dei magistrati milanesi, ma anche quelle dei trentadue testimoni, delle ragazze, degli amici, dei frequentatori delle serate di Arcore che nel processo di primo grado testimoniarono a suo favore e che adesso sono accusati di falsa testimonianza, e, secondo gli avvocati del Cavaliere, sarebbero “oggetto di pressione indebita da parte della procura”. Dunque la politica, raccontano, adesso lo attira poco. Così Brunetta lo sollecita contro Renzi, Verdini sussurra un ammiccante fiorentinismo renziano, ma le sue risposte sono ovattate, palindrome, talvolta costernate. “Rilanceremo il presidenzialismo!”; “Dici che il presidenzialismo è una bischerata?”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.