
Nicolas Bonnemaison (foto LaPresse)
Il “Dottor morte” in aula. Ma la Francia ha già scelto: innocente
Anche l’ex ministro e medico Bernard Kouchner testimonierà per lui. Intanto è boom di appelli in suo favore.
“Le Docteur de la Mort”. Il Dottor morte. E’ da tre anni che dilania la Francia il caso di Nicolas Bonnemaison, il medico di pronto soccorso di Bayonne, nel sud-ovest, accusato di aver avvelenato almeno sette pazienti, impartendo loro la “dolce morte”. Mercoledì è iniziato il processo nei Pirenei al medico che ha sempre ammesso di aver posto fine alle loro sofferenze e di averlo fatto “per il loro bene”. La moglie di Bonnemaison, chiamata a testimoniare, ha detto: “Nicolas non è un assassino, né un avvelenatore, ma un buon dottore. Non ha mai posto fine a una vita. Ha accorciato delle agonie”. L’accusa ha impostato tutto il caso sulla mancanza di consenso da parte delle vittime. Prima di avvelenarle, Bonnemaison non li ha consultati, non ha interpellato le famiglie, né i loro medici “perché non volevo che soffrissero nel prendere una simile decisione. Ecco perché ho agito da solo. Non volevo neanche che le famiglie si sentissero in colpa”. Era stato Etudes, l’organo ufficiale dei gesuiti francesi, a denunciare per primo il fatto che in Francia troppi medici impartissero la morte ai pazienti, perfino quando in assenza di richiesta dell’ammalato, come nel caso di Bayonne.
[**Video_box_2**]Il dottor Bonnemaison ha somministrato il Norcuron, un farmaco a base di curaro che causa paralisi respiratoria. Bonnemaison, ha detto il suo avvocato, “non è pentito del suo gesto, e vorrebbe che si trattasse il tema dell’eutanasia a viso aperto”. Intanto il dottor Bonnemaison è diventato un eroe popolare. Su Facebook pagine di sostegno, come “Supporto per Nicolas Bonnemaison medico di emergenza sospettato di eutanasia attiva”, hanno raccolto già 62 mila “likes”, perché si dice che “il dottore ha sempre esercitato la sua professione con umanità, integrità e intelligenza”. Appelli pubblici sono promossi per la sua liberazione, con slogan tipo “Vorrei il dottor Bonnemaison al mio fianco”, firmati da 500 medici e professionisti sanitari. Una petizione per la sua liberazione su mesopinions.com è stata firmata da 60 mila persone. La difesa si prepara a far testimoniare a favore del medico anche il dottor Bernard Kouchner, fondatore di Médecins Sans Frontières, ex ministro degli Esteri e della Sanità, ma soprattutto autore egli stesso di eutanasia, anche se dice di odiare quella “parola fredda, odiosa, criminale”, e invece “basta spingere un po’ più sulla siringa, con tenerezza e amore”. Testimonierà dal Belgio anche Jacqueline Herremans, presidentessa dell’Associazione per il diritto a morire nella dignità e fautrice della recente legge per l’eutanasia pediatrica approvata da Bruxelles. Benoît Duci-Ader, avvocato dell’imputato, dice infatti che “è un processo su come gestiamo la fine della vita”.
L’obiettivo è la legge eutanasica, d’altronde promessa dal presidente François Hollande, che ha annunciato che nel “rispetto della dignità” approverà una legge sull’eutanasia. Al processo, i superiori di Bonnemaison, due direttori del Centre hospitalier de la Côte Basque Bayonne, hanno testimoniato a favore dell’imputato. “Nicolas Bonnemaison era il medico più adatto per farlo”, ha detto Michel Glanes, direttore dell’ospedale fino al febbraio 2010, un anno e mezzo prima dell’arresto del dottore, il 10 agosto 2011. Angel Piquemal, il suo successore, ha descritto il medico eutanasico come “un bravo ragazzo”. Lui, Bonnemaison, dice che la medicina è “tutta” la sua vita e che spera presto di tornare al lavoro, prosciolto da ogni accusa.
Nel 1996, ancora prima del caso del celebre cancerologo Léon Schwartzenberg, c’era stata la denuncia dalle colonne del quotidiano lionese Progrès di una infermiera, che si firmava “Madame X”: “Ho praticato l’eutanasia su molti bambini, in un ospedale pediatrico. Ma il cuore di un bimbo è molto forte, anche dopo una lunga malattia. Preparavamo allora ‘fleboclisi di morte’ con farmaci in dose sempre più massiccia. Sino alla fine. Decideva il medico, prescrivendo farmaci specifici. Noi infermieri eseguivamo, e basta. Però i nomi di quei piccoli, ancora adesso, non riesco a dimenticarli”. Due anni dopo scoppia il caso di Christine Malèvre, l’infermiera francese dell’ospedale di Mantes-la-Jolie che in un anno e mezzo ha “aiutato a morire” una trentina di pazienti. Bonnemaison spera di ripetere quel caso. Perché i giudici, nel caso Malèvre, riconobbero le attenuanti e la lasciarono in libertà, sia pure sotto stretto controllo giudiziario. “Non ha agito per interesse personale”, fu la sentenza. Eroi umanitari. Così li chiama la stampa francese.


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