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Tangenti per appalti del Mose, 35 arresti a Venezia
Trentacinque arresti, un centinaio di indagati nell'inchiesta avviata dalla procura di Venezia sulle presunte tangenti pagate per gli appalti del Mose il sistema di dighe mobili per la salvaguardia di Venezia. Tra gli arrestati dalle Fiamme Gialle, nomi eccellenti come l'assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, il consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese, il presidente del Coveco, cooperativa impegnata nel progetto Mose, Franco Morbiolo, il generale in pensione Emilio Spaziante, l'amministratore della Palladio Finanziaria Spa, Roberto Meneguzzo.
Trentacinque arresti, un centinaio di indagati nell'inchiesta avviata dalla procura di Venezia sulle presunte tangenti pagate per gli appalti del Mose il sistema di dighe mobili per la salvaguardia di Venezia. Tra gli arrestati dalle Fiamme Gialle, nomi eccellenti come l'assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, il consigliere regionale del Pd Giampietro Marchese, il presidente del Coveco, cooperativa impegnata nel progetto Mose, Franco Morbiolo, il generale in pensione Emilio Spaziante, l'amministratore della Palladio Finanziaria Spa, Roberto Meneguzzo. "Nell'ambito dell'inchiesta sono stati eseguiti sequestri di beni finalizzati alla confisca per un valore di circa 40 milioni di euro", ha dichiarato il comandante della Guardia di Finanza del Veneto, Bruno Buratti.
Risulta una richiesta di arresto anche per il senatore di Forza Italia Giancarlo Galan, ex presidente della Regione Veneto e attuale presidente della commissione Cultura alla Camera. Le accuse sono di corruzione, concussione e riciclaggio. Ora gli atti dovranno essere tramessi al Senato.
Secondo il comandante Buratti, dalle indagini è emerso un "sistema che ha prodotto 25 milioni di euro di fondi neri attraverso triangolazioni con società estere con sedi in Svizzera e San Marino" dei quali ora si è "accertata la destinazione" risalendo a responsabilità soggettive. Buratti ha sottolineato che "è stato realizzato un sistema nel quale venivano emesse fatture per operazioni inesistenti non per evadere il fisco ma appunto per creare fondi neri". Il procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio, ha commentato il blitz di stamattina in relazione al complicato sistema burocratico esistente. "Lo dico da anni e lo ribadisco oggi: una delle cause della corruzione deriva dalla farraginosità e dalla complicazione delle nostre leggi. Per ridurre la corruzione", ha aggiunto Nordio, "occorrono meno leggi, meno complicate. Alzare le pene come spesso si ripete, non serve a nulla".
L'indagine della Finanza era partita tre anni fa, condotta da Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonini della procura di Venezia. Lo scorso anno era stato arrestato Piergiorgio Baita, ai vertici della Mantovani, società padovana leader nel nord est nel campo delle costruzioni. Dopo qualche mese finì in carcere anche Giovanni Mazzacurati, l'ingegnere "padre" del Mose, che al momento del fermo si era appena dimesso dai vertici del Consorzio "Venezia Nuova".
Sugli arresti si è espresso anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi: "Sul Mose sono il primo ad avere interesse che l'indagine in corso accerti le eventuali responsabilità di singoli, che se acclarate vanno punite con la severità prevista dalla legge. Tutti diano la massima collaborazione in tale senso". Secondo Lupi, "il totale rinnovamento dei vertici del Consorzio Venezia Nuova relega eventuali colpe a gestioni del passato che non devono rallentare o compromettere l'ultimazione dell'opera".
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Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Baita, fermato il 28 febbraio del 2013, assieme a Nicolò Buson, che lavorava sempre alla Mantovani, a Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex segretaria di Galan, e a William Colombelli, broker attivo a San Marino, avrebbero creato, attraverso un giro di fatture false, fondi neri indirizzati poi su conti esteri, che sarebbero serviti, almeno in parte, per finanziare politici e partiti, di ogni schieramento, durante le campagne elettorali. Lo scorso dicembre i quattro imputati hanno scelto di patteggiare e sono stati chiamati a risarcire complessivamente 400 mila euro, mentre le pene sono andate da un anno e 10 mesi per Baita a un anno e 2 mesi per Buson. Per Mazzacurati, arrestato lo scorso luglio, l'accusa fu di turbativa d'asta in relazione a un presunto appalto "pilotato" del 2011 per lavori portuali a Venezia. Per il pubblico ministero Tonini, l'ex presidente del consorzio era "il grande burattinaio", con un ruolo di primo piano "nell'attività collusiva che porterà al turbamento delle gare", secondo quanto aveva scritto il magistrato nella richiesta di misura cautelare, "per tacitare pericolosi malumori da parte dell'imprenditoria veneta "minore" in ordine al "monopolio" delle cosiddette "Grandi Imprese" nell'esecuzione dell'opera Mose, intervenendo direttamente, con disposizioni d'imperio, per creare un accordo spartitorio".
Mentre il Partito democratico ha chiesto il cambio alla guida dei vertici della Regione, il consigliere politico di Forza Italia, Giovanni Toti, ospite di Agorà su Raitre, ha dichiarato: "Non possiamo ancora dare una lettura politica. Mi auguro che i magistrati abbiano agito con tutte le tutele del caso, visto che siamo anche alla vigilia di importanti ballottaggi in tutta Italia". "Come fu per l'Expo prima delle Europee", ha continuato Toti, "inchieste come queste stanno piombando in tutta Italia. Premesso questo, i magistrati facciano il loro lavoro. Io di tutto ciò non ho nessuna consapevolezza: se qualcuno ha rubato -prosegue Toti- la magistratura faccia serenamente il suo lavoro fino in fondo, e speriamo che ripulisca l'ambiente il più possibile, vale per il Mose e ancor più per l'Expo".


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