
Mancava un golpe ceceno alla Repubblica popolare di Donetsk
Ieri i reporter appartenenti a testate internazionali che hanno visitato l’obitorio di Donetsk, in Ucraina, hanno ricevuto la conferma che fra i separatisti uccisi negli scontri con l’esercito ucraino ci sono anche 33 russi. I loro corpi, dopo una notte nella cella frigo di una fabbrica di gelati locale, sono stati deposti dentro bare verniciate di rosso e poi trasportati indietro verso la Russia, accompagnati dal sarcasmo mortifero di Serhiy Astakov, un ufficiale dei doganieri, che a Reuters ha detto: “Non ne abbiamo bisogno per fertilizzare la terra dell’Ucraina”.
Ieri i reporter appartenenti a testate internazionali che hanno visitato l’obitorio di Donetsk, in Ucraina, hanno ricevuto la conferma che fra i separatisti uccisi negli scontri con l’esercito ucraino ci sono anche 33 russi. I loro corpi, dopo una notte nella cella frigo di una fabbrica di gelati locale, sono stati deposti dentro bare verniciate di rosso e poi trasportati indietro verso la Russia, accompagnati dal sarcasmo mortifero di Serhiy Astakov, un ufficiale dei doganieri, che a Reuters ha detto: “Non ne abbiamo bisogno per fertilizzare la terra dell’Ucraina”.
Le testimonianze dirette sulla presenza di russi, osseti e ceceni (ceceni ma filogovernativi e quindi alleati con Putin, da tenere distinti dai combattenti della guerriglia jihadista, che invece si considerano nemici mortali di Putin) fra i separatisti sono accompagnate da informazioni meno dirette e meno verificabili, che potrebbero spiegare come entrano e perché combattono. I ceceni prenderebbero trecento dollari al giorno e avrebbero risposto a una richiesta diretta del governo della Repubblica cecena – che però smentisce. Un camion carico di combattenti ceceni in arrivo dalla Russia paga circa quindicimila euro alle guardie di frontiera ucraine per entrare senza essere fermato, attraverso un confine che in ogni caso è assai poroso e molto poco sorvegliato. Per ora la stima più alta parla della presenza di cinquecento stranieri, ma potrebbe essere un’esagerazione. Come in Siria, però, dove i combattenti arrivati dall’estero hanno danneggiato la causa della rivoluzione contro Bashar el Assad e in molti casi sono finiti a combattere contro i ribelli, anche nell’Ucraina del sud-est i ceceni e altri volontari assortiti stanno creando problemi. Il primo è politico e riguarda la finzione retta finora da parte russa, ovvero la pretesa che il governo di Mosca non stia appoggiando le violenze in Ucraina. Ora è messa in discussione e ieri il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha scritto su Twitter: “L’aggressione illegale della Russia contro l’Ucraina cambia tutto. Il compito principale della Nato è difendere e proteggere i nostri alleati contro le aggressioni”.
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Il secondo problema è sul campo. Chi comanda? I “vostochniki”, i miliziani non-ucraini del battaglione Vostok (“Est”), due giorni fa hanno preso il controllo del palazzo del governo regionale di Donetsk diventato in questo mese il quartier generale dell’autoproclamata “Repubblica popolare di Donetsk”. Sotto un temporale violento, hanno preso posizione tra gli alberi vicino all’edificio e hanno smontato le barricate attorno. “Non è una presa di potere”, dicono, ma “un’operazione di polizia contro i saccheggiatori” – e accusano i separatisti di essersi lasciati andare a razzie. E’ difficile arrivare a una versione certa su queste cose, ma i morti rimpatriati in Russia, le testimonianze dirette e ora questo mini-golpe aprono questioni ulteriori: come fanno i ceceni e altri ad arrivare in Ucraina attraversando i confini regionali e internazionali? Chi sta pagando il loro arruolamento e i loro spostamenti? Un rumor locale sostiene persino che sarebbero d’accordo con l’oligarca e industriale Rinat Akhmetov, schierato con il governo a Kiev ma anche desideroso di prendere al più presto il controllo sulla città (è il problema con i soldati di ventura, possono cambiare fronte). Il Vostok non è più esattamente lo stesso battaglione che combatteva per il governo russo in Georgia, ma i legami con l’intelligence militare russa sono probabilmente rimasti.
Nell’Ucraina dell’est ci sono anche gruppi paramilitari locali, in grande numero, racconta Vicenews. Alcuni, come OPlot, una fazione nazionalista di Kharkiv, sono nati prima della crisi. Altri, come l’Unità del Bes (“Demone” in russo) si sono formati adesso, per rispondere alla campagna militare del governo centrale di Kiev.


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