
Rieduchiamo i city dolls della Mazzucco, dal narcisismo al sentimento di sé
Il libro di Melania Mazzucco è osceno, ed è oscena la decisione di trasmetterlo o imporlo come testo di riflessione agli studenti del Giulio Cesare, celebre liceo romano. Ma non perché il romanzetto parla di pompini e amorazzi sessuali tra adolescenti, non perché descrive senza talento letterario, in modo pedagogico-documentale, un mondo di famiglie gay o allargate fondato sul carattere artificiale della fecondazione e procreazione con utero in affitto e altre amenità. La circostanza esposta dall’interpellanza del senatore Carlo Giovanardi, un tipaccio che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, è sovranamente ridicola ancor più che imbarazzante.
Il libro di Melania Mazzucco è osceno, ed è oscena la decisione di trasmetterlo o imporlo come testo di riflessione agli studenti del Giulio Cesare, celebre liceo romano. Ma non perché il romanzetto parla di pompini e amorazzi sessuali tra adolescenti, non perché descrive senza talento letterario, in modo pedagogico-documentale, un mondo di famiglie gay o allargate fondato sul carattere artificiale della fecondazione e procreazione con utero in affitto e altre amenità. La circostanza esposta dall’interpellanza del senatore Carlo Giovanardi, un tipaccio che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, è sovranamente ridicola ancor più che imbarazzante: i senatori per decisione del loro presidente, seconda carica dello stato, non sono autorizzati a recepire il testo della Mazzucco riportato nell’atto di sindacato ispettivo, quella roba in aula non si può leggere, solo i ragazzini possono godere della prosa edificante sul sesso orale all’acre sapore di urina, i senatores boni viri e le senatrici no, a loro va risparmiata simile pedagogia per quanto adulti (mi piacerebbe sapere il parere in merito dell’intrepido Luigi Manconi, nostra gradita voce e autorità nazionale del politicamente correttissimo). Il giornale dei vescovi italiani, che dopo la stagione superba di Dino Boffo, politica e culturale, è diventato uno dei fogli più noiosi e inutili dell’intero universo della carta stampata, ha dedicato la sua mediocre pruderie al commento del caso Mazzucco nel segno di un’argomentazione eufemistico-moraleggiante sull’inopportunità di un’iniziativa di educazione sessuale, educazione si fa per dire, così demenzialmente strutturata. Ma non è con argomenti banalmente moralistici che si può mettere in rilievo l’oscenità segnalata dalla trovata del libro “Sei come sei”, un campione della letteratura socio-pornografica di conferma dell’adolescente nel suo status peggiore, quello di city doll.
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Per sapere chi siano i city dolls bisognava leggere sabato scorso un bell’articolo di Arthur C. Brooks, il presidente dell’American Enterprise Institute, nella pagina delle opinioni del New York Times. Brooks cita la definizione “city dolls” da Ralph Waldo Emerson (1803-1882), principe della saggistica romantica ottocentesca, filosofo a suo modo eccezionalmente moderno (il New Age è in parte riferibile alle sue idee sulla natura e sull’anima individuale, e al suo tributo ai testi sacri della cultura hindu), amico di Henry David Thoreau e di Walt Whitman, il grandissimo poeta delle Foglie d’erba. Il city doll è il ragazzo choosy di schiatta europea e particolarmente euro-meridionale, mediterranea o italiana. E’ il progetto di uomo fondato sin dall’inizio sul senso dell’entitlement, del diritto originario o acquisito, che pratica fin da una giovane età il risentimento contro la sua condizione precaria, che vorrebbe una perfetta corrispondenza del risultato accademico e di un lavoro fisso e sicuro, il tipo d’uomo che non ama costruirsi nell’esperienza esistenziale, che non gioca a dadi con il tempo e la fortuna, che coltiva rancore sociale e frustrazione ed è coccolato come un fiore appassito per colpa della società, secondo le linee del tutto irresponsabili del “Sei come sei”, dell’impara ad accettarti per quello che ti dicono i tuoi impulsi emozionali, pensa debole, vivi debole, e preparati a prendertela con gli altri senza praticare né le virtù del fallimento né quelle della fatica di vivere, che sono complementari a qualunque speranza e prospettiva di vero successo.
Al city doll che è come è, cioè il bamboccione prediletto dai maestri dell’abulia malinconica nel liceo classico di cultura corrente, cioè il narcisista che si apprezza e si ritiene al di sopra di quanto gli accade senza muovere un dito perché gli accada altro, il filosofo del trascendentalismo e dell’individualismo americano oppone uno sturdy lad, il giovanotto in gamba, che conosce la forza dell’emozione e comunque la cerca, che fa di tutto per esserci, sperimentare, fallire, recuperare, e che si orienta nella selva sociale con un infallibile senso dell’orientamento responsabile, senza mai concedersi il tempo morto di vivere per compiangersi, e di farsi vittima compiaciuta e spettrale in un mondo di carnefici. Che scandalo tutte le poche volte che in Italia da destra dal centro e da sinistra qualche persona pubblica (da Padoa Schioppa con i suoi bamboccioni, alla Fornero contro i troppo choosy) richiama una sensibilità individualista di tipo emersoniano. Meglio la Mazzucco e la retorica dell’assomigliarsi, dell’accettarsi come si è, sciogliendo nell’acido della commiserazione privata e pubblica ogni felice inibizione. Ecco, il libro di testo firmato dalla scrittrice militante in guerra con l’omofobia, figuriamoci, potrebbe essere sostituito con una conferenza di Emerson sulla self-reliance, e se è proprio necessario introdursi nelle pulsioni del cuore e della sensualità adolescente ci sono sempre i versi di Leaves of Grass, le odi di Whitman all’amore panico e omosessuale (“ventotto giovani si bagnano lungo la spiaggia”): quelle liriche d’amore contengono moltitudini, non amorazzi da cesso, e consentono di combinare omofilia, famiglia umana e manliness, sentimenti di gratitudine verso la natura e la città impregnati di una forza dell’anima che la porno-pedagogia delle classi medie riflessive sembra fatta apposta per stroncare.


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