Pronto soccorso Cav.

Salvatore Merlo

L’uno si descrive come un vecchio leone, combattivo e testardo, “c’è un governo di sinistra, c’è Renzi, e la cosa non è buona”. L’altro sente di dover marcare una distanza avvertibile, “con Berlusconi non faccio un governo ma solo le riforme”. E dunque Silvio Berlusconi a giorni alterni si lamenta del giovane presidente del Consiglio cui pure si sente legato, e Matteo Renzi manifesta la sua umbratile insofferenza per l’anziano Cavaliere, di cui pure sa di non poter fare a meno. “Senza di noi Renzi non fa le riforme”, dice con piglio sicuro Daniela Santanchè, mentre Roberto Giachetti, con l’aria di cogliere l’essenza delle cose in un dettaglio, spiega che “se Berlusconi non vota con noi, si condanna all’irrilevanza”. Così in Forza Italia è tutto un mormorare più o meno sommesso intorno alle difficoltà del giovane Renzi.

    L’uno si descrive come un vecchio leone, combattivo e testardo, “c’è un governo di sinistra, c’è Renzi, e la cosa non è buona”. L’altro sente di dover marcare una distanza avvertibile, “con Berlusconi non faccio un governo ma solo le riforme”. E dunque Silvio Berlusconi a giorni alterni si lamenta del giovane presidente del Consiglio cui pure si sente legato, e Matteo Renzi manifesta la sua umbratile insofferenza per l’anziano Cavaliere, di cui pure sa di non poter fare a meno. “Senza di noi Renzi non fa le riforme”, dice con piglio sicuro Daniela Santanchè, mentre Roberto Giachetti, con l’aria di cogliere l’essenza delle cose in un dettaglio, spiega che “se Berlusconi non vota con noi, si condanna all’irrilevanza”. Così in Forza Italia è tutto un mormorare più o meno sommesso intorno alle difficoltà del giovane Renzi tradito dalla sinistra interna del Pd, dai cigiellini, da quel Vannino Chiti che gli oppone una controriforma del Senato, da quello Stefano Fassina che, come Pollicino disseminava minuzzoli di pane, distribuisce invece ostacoli e cavilli lungo la strada del Jobs Act.

    E insomma “Renzi ha bisogno del soccorso Cav.”, dicono gli uomini del Castello di Arcore mentre indicano, ammiccando, la stanza di Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato: “E’ questo il covo dei nemici di Renzi. Perché credete che Finocchiaro abbia affidato il ruolo di relatore a Roberto Calderoli? Vogliono friggere il Rottamatore. E la riforma del Senato non si farà mai”. Ma nel Pd, nei quartieri del presidente del Consiglio, fanno spallucce, recitano l’aria degli invincibili, o forse sono davvero sicuri della loro forza. Così uno dei principali collaboratori di Renzi racconta di una telefonata tra il premier e Denis Verdini, martedì, a poche ore dal voto sulla riforma del Senato, in commissione, con Renzi che alza la voce d’un tono: “Il testo dovete votarlo. Altrimenti sai che faccio? Vado da Napolitano, mi dimetto, si vota e sono problemi vostri”. Dunque qualcuno lo chiama “soccorso Cav.”, altri, come Renato Brunetta, si lamentano con foga: “Così abbiamo l’anello al naso”.

    [**Video_box_2**]E insomma se Renzi offre di sé un’immagine sicura, dei propri mezzi e della propria forza elettorale, nel Castello gli uomini del Cavaliere vivono invece il tormento del dubbio. “Viviamo una contraddizione impossibile da sciogliere”, dice Giancarlo Galan, che ricorda, come tutti, quelle paroline sussurrate da Giovanni Toti all’orecchio di Mariastella Gelmini nel corso di un convegno qualche settimana fa, e “rubate” dai microfoni di Repubblica.it, “quello di Renzi è un abbraccio mortale”, diceva Toti. Persino Berlusconi, che ha il dono di rovesciare i valori, lui che sa trattare con leggerezza gli argomenti gravi e con gravità quelli leggeri, mercoledì ha riassunto così il suo strano legame con Renzi: “Sine te nec tecum vivere possum”, né con te posso vivere né senza di te, come scriveva Ovidio d’una sua amata.
    E così nei corridoi più riparati del Castello si fronteggiano opposte linee di pensiero, si organizzano capannelli, e ciascuno vorrebbe trascinare dalla propria parte il Sovrano cauto e pensieroso, quel Berlusconi che oggi si consegnerà ai servizi sociali di Cesano Boscone, “con pudore e rispetto per la sofferenza”.

    I vassalli del Cavaliere si dividono dunque in fazioni, gruppetti, correntine, berlusconiani per Renzi e berlusconiani contro Renzi. E mentre Renato Brunetta infiamma e guida la parte che vorrebbe abbandonare il giovane presidente del Consiglio al suo destino – “è un ragazzetto da ruota della fortuna” – sempre più Denis Verdini incarna l’identità e gli uomori renziani del Cavaliere, scontrandosi, nel tepore domestico di Palazzo Grazioli, con Brunetta. E certo, il duello tra Brunetta e Verdini non è naturalmente un duello fra persone, “nulla di personale” dicono infatti i protagonisti. Anche se, come sempre, è con le gambe delle persone che alla fine camminano le cose. E ancora Berlusconi non ha ben deciso come camminare, malgrado Alessandra Ghisleri, la sua sondaggista preferita, gli abbia confermato, anche in una delle ultime analisi sulle intenzioni di voto degli italiani, che Renzi gli ruba voti. “Dobbiamo trasformare il veleno in farmaco”, dice Mariastella Gelmini, e forse l’ex ministro intende suggerire che almeno si possono far pesare, in Parlamento, i numeri di Forza Italia, pur collaborando in questa “strana, strana, maggioranza assistita” tra Berlusconi e Renzi, soci dalla faticosa convivenza. Così, nel tramestio forse troppo emotivo di Forza Italia, lentamente, comincia a farsi largo l’idea che la riforma del lavoro possa essere materia di scambio, “è lì che Renzi viene mollato da una parte del suo partito”, è sul Jobs Act che Renzi ha messo la faccia “e ha bisogno dei nostri voti”, ed è sulla riforma del lavoro che si anima contundente la protesta di Susanna Camusso. Ma dalla commissione Lavoro della Camera s’ode un sottile mugugno tra gli uomini del Cavaliere: “Finora abbiamo dovuto approvare ciò che diceva il Pd – dicono – a scatola chiusa”. E dunque, alla fine, il dubbio riaffiora, sempre lo stesso, e prepotente: “Siamo i soccorritori, o gli ascari di Matteo Renzi?”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.