Alle origini di Boko Haram, quando andare a scuola divenne vietato

Redazione

Yusuf parlava direttamente con Allah. Era il 2002 ed era lo stato di Borno, nel nord-est della Nigeria, una regione in cui anche oggi che l’economia è in pieno boom si fa prima a contare chi ha abbastanza soldi per sopravvivere che chi è povero, e dove l’80 per cento della popolazione è disoccupato e giovane e arrabbiato. Allah diceva a Yusuf che il problema, se le case di terra si disfacevano e i giovani erano privi di morale e i cristiani ricchi del sud, a Lagos e ad Abuja, vivevano una vita facile alle spalle dei contadini del nord era perché la corruzione che veniva dall’occidente aveva invaso i villaggi, era entrata nelle case e nelle scuole, era stata portata dagli inglesi secoli prima e si era diffusa come una malattia.

    Yusuf parlava direttamente con Allah. Era il 2002 ed era lo stato di Borno, nel nord-est della Nigeria, una regione in cui anche oggi che l’economia è in pieno boom si fa prima a contare chi ha abbastanza soldi per sopravvivere che chi è povero, e dove l’80 per cento della popolazione è disoccupato e giovane e arrabbiato. Allah diceva a Yusuf che il problema, se le case di terra si disfacevano e i giovani erano privi di morale e i cristiani ricchi del sud, a Lagos e ad Abuja, vivevano una vita facile alle spalle dei contadini del nord era perché la corruzione che veniva dall’occidente aveva invaso i villaggi, era entrata nelle case e nelle scuole, era stata portata dagli inglesi secoli prima e si era diffusa come una malattia. Così Yusuf radunò i suoi discepoli e li chiamò Jama’a Ahl al-sunnah li-da’wa wa al-jihad, che vuol dire all’incirca “coloro che operano per la diffusione degli insegnamenti del Profeta e del jihad”. Ma il nome era lungo da ricordare, e gli abitanti della città di Maiduguri, dove Yusuf e i suoi seguaci stavano crescendo come un gruppo estremista ma inizialmente pacifico, iniziarono a chiamarli Boko Haram, che nel dialetto hausa significa “l’educazione occidentale è peccato”.

    C’è la tendenza, in occidente, a considerare Boko Haram come una semplice affiliata di al Qaida: i “talebani nigeriani”, come il gruppo a volte è definito. Gli obiettivi sono simili, i metodi, se qualificati genericamente come “terrorismo”, sono gli stessi. Ma quella di Boko Haram è una storia nigeriana, e come ha scritto il World Policy Institute in un articolo del 2012 “Boko Haram è quello che la Nigeria vede quando si guarda allo specchio”. La Nigeria ha una storia di leader carismatici ed estremisti che inizia nel XIX secolo, e continua nel Novecento con gli infiniti gruppi islamisti che contestavano la cultura occidentale diffusa dai colonialisti inglesi. La Nigeria ha anche una storia di divisioni settarie (più di 250 etnie, un record anche per la frammentata Africa) e politiche, con un nord povero e musulmano e un sud ricco e cristiano che ai tempi del dominio inglese erano divisi e che furono uniti a forza in un secondo tempo. La storia di successo della Nigeria, da un mese prima economia d’Africa, è una storia che riguarda il sud e una piccola élite cristiana e musulmana moderata. Tutto il resto del paese è rimasto nella povertà e nella corruzione, che è un problema così enorme che in Africa quando si vuole dire che qualcuno è corrotto si dice che “si comporta come un nigeriano”.

    Nei primi anni, la lotta rabbiosa contro il governo corrotto era importante per Boko Haram quanto quella per instaurare la sharia (che è già legge in 12 stati della federazione, ma per i Boko Haram è una versione troppo leggera). Il proselitismo, che prometteva ai giovani la purezza della religione ma anche prospettive di vita migliori, era più frequente delle azioni di scontro violento. Le cose sono cambiate nel 2009, quando Yusuf fu arrestato dalla polizia e ucciso senza processo. Il suo corpo fu mostrato in televisione, mentre le forze del governo uccidevano anche tutti i suoi parenti. Da allora Boko Haram giurò vendetta, si ritirò per breve tempo, il governo credette che il problema fosse risolto ma nel 2011 tornò con un nuovo programma di uccisioni indiscriminate e un nuovo leader dalla memoria eidetica (è poliglotta e può ricordare qualsiasi cosa, si dice) e dalla crudeltà leggendaria, Abubakar Shekau. E’ stato nel 2011 che gli abitanti di Lagos hanno iniziato a imparare il nome dei Boko Haram, che iniziarono a piombare sui villaggi del nord-est cantando, a uccidere soprattutto cristiani ma senza fare troppe differenze con i musulmani, mirando alle scuole occidentali ma senza preoccuparsi se negli scontri tutto il villaggio andava a fuoco. Solo nei primi mesi di quest’anno Boko Haram ha ucciso più di 1.500 persone, soprattutto bambini. L’obiettivo della sharia è rimasto, ma tutte le volte che qualche rappresentante del gruppo ha acconsentito a negoziati le richieste riguardavano quasi sempre la liberazione dei compagni. Nel frattempo Boko Haram ha raccolto il sostegno del terrorismo internazionale, da al Qaida nel Maghreb agli shabaab somali (ma molti gruppi qaidisti hanno condannato il rapimento recente delle oltre 200 studentesse), controlla il territorio con la forza e prospera grazie a lucrosi affari criminali. Può contare sull’appoggio di alcune frange della politica locale e su molti apparati di quello stesso stato che gli sta facendo la guerra, ma non riesce a vincerla.