Germania e Russia, l'asse profondo

Redazione

Putin è ancora un partner possibile, o piuttosto è un avversario?”, ha chiesto ieri il giornalista Andrea Tarquini di Repubblica. Risposta di Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri tedesco: “Non dobbiamo permettergli di essere un avversario”. Poi perfino un accenno di autocritica del ministro del paese guida dell’Unione europea sul fronte della crisi russo-ucraina: “Gli ultimi mesi ci hanno mostrato che è facile condannare gli sviluppi (…), è infinitamente più difficile trovare vie d’uscita da un conflitto in escalation e le soluzioni politiche”.

    Putin è ancora un partner possibile, o piuttosto è un avversario?”, ha chiesto ieri il giornalista Andrea Tarquini di Repubblica. Risposta di Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri tedesco: “Non dobbiamo permettergli di essere un avversario”. Poi perfino un accenno di autocritica del ministro del paese guida dell’Unione europea sul fronte della crisi russo-ucraina: “Gli ultimi mesi ci hanno mostrato che è facile condannare gli sviluppi (…), è infinitamente più difficile trovare vie d’uscita da un conflitto in escalation e le soluzioni politiche”. L’atteggiamento di Berlino rispetto a Mosca, ancora una volta, appare difficilmente etichettabile. Alle uscite intransigenti si alternano profferte e blandizie. In diplomazia è naturale che sia così, ma fino a un certo punto. E non soltanto perché in queste settimane si sono fatte sentire con forza le voci dei colossi industriali tedeschi – da [**Video_box_2**]Basf a Siemens, passando per Deutsche Bank e Volkswagen – contrari a un inasprimento delle sanzioni economiche, voci prontamente prese a cuore dalla cancelliera Merkel. Ieri Clemens Wergin, editorialista della Welt, sul New York Times invitava piuttosto a non sottovalutare l’esistenza di un asse profondo, culturale e al limite antropologico, tra tedeschi e russi. Osservando le uscite filorusse di pezzi d’establishment tedesco (compresi gli ex cancellieri Schröder e Schmidt), come pure alcuni sondaggi che certificano l’insofferenza popolare per un’élite politica che in maniera troppo automatica decide di “restare fermamente nel campo occidentale”, Wergin puntava il dito sul riflusso di antioccidentalismo (spesso antiamericanismo) nella scena pubblica del suo paese. “Il che è precisamente quello che Putin desidera”, chiosava l’editorialista.