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Il patrono della famiglia
Francesco invoca Wojtyla sul suo Sinodo misericordioso
“San Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia”, ed è a lui che Francesco affida le sorti del Sinodo che di famiglia e matrimonio si occuperà dal prossimo ottobre, a Roma, per almeno un anno e mezzo. “Un cammino che sicuramente dal cielo lui accompagna e sostiene”, ha chiarito Bergoglio nell’omelia di domenica letta davanti a ottocentomila fedeli giunti da ogni parte del mondo e sotto lo sguardo attento del Papa emerito, quel Joseph Ratzinger che di Giovanni Paolo II fu il braccio dottrinale e il più ascoltato consigliere.
“San Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia”, ed è a lui che Francesco affida le sorti del Sinodo che di famiglia e matrimonio si occuperà dal prossimo ottobre, a Roma, per almeno un anno e mezzo. “Un cammino che sicuramente dal cielo lui accompagna e sostiene”, ha chiarito Bergoglio nell’omelia di domenica letta davanti a ottocentomila fedeli giunti da ogni parte del mondo e sotto lo sguardo attento del Papa emerito, quel Joseph Ratzinger che di Giovanni Paolo II fu il braccio dottrinale e il più ascoltato consigliere. Il Papa della Familiaris Consortio e delle centotrentaquattro catechesi sull’amore umano diventa così una sorta di santo patrono della famiglia, come auspicato a suo tempo dal cardinale conservatore Joachim Meisner, da un paio di mesi arcivescovo emerito di Colonia. Se la bussola al Sinodo sarà dunque il lascito giovanpaolino, fatto di documenti e testimonianze che hanno riaffermato con forza, nei primi anni Ottanta, la dottrina della chiesa cattolica sul matrimonio e la famiglia, Francesco ha lasciato intendere che quella bussola può essere riorientata. Senza strappi laceranti, ma mostrando il coraggio che ebbe, ad esempio, Giovanni XXIII convocando a sorpresa il Vaticano II senza consultarsi con le commissioni istituite ad hoc che avevano dissuaso Pio XI e Pio XII. Un po’ come auspicava, qualche tempo fa, il cardinale Oscar Maradiaga, tra i più convinti sostenitori della necessità di riprendere in mano la Familiaris Consortio per aggiornarla alla luce delle questioni inedite fino a pochi anni fa – dal gender alle unioni civili – che ora meritano una più profonda attenzione da parte della chiesa. Non a caso, quando il Papa ha ricordato il Concilio aperto nel 1962, ha osservato che Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno “collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la chiesa secondo la sua fisionomia originaria”. Ed entrambi “hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto”. Roncalli e Wojtyla sono stati due uomini “che hanno dato testimonianza alla chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia”.
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E’ il coraggio che Francesco chiede ai vescovi, i quali sono chiamati – come lo fu Giovanni XXIII – a essere docili allo Spirito Santo, lasciandosi guidare. “Che entrambi – ha proseguito Bergoglio – ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perché sempre ama”. Il Papa torna a chiedere misericordia, dunque, per affrontare i temi all’ordine del giorno del Sinodo. Senza però dare un’indicazione di quale sia la portata del significato che egli dà al concetto di misericordia. L’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, critico verso la relazione con cui il cardinale Walter Kasper aveva aperto la discussione sulla famiglia al concistoro straordinario dello scorso febbraio, ricordava al Foglio che “la misericordia che la chiesa di generazione in generazione annuncia è quella in cui si dice che cosa è male”. La misericordia, aggiungeva Caffarra, “non dice ‘pazienza, vediamo di rimediare come possiamo’. Questa è tolleranza, essenzialmente diversa dalla misericordia”. Tesi non troppo dissimile da quella che il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, aveva sostenuto lo scorso autunno, poche settimane dopo l’annuncio di convocazione del Sinodo straordinario del prossimo ottobre: “Attraverso quello che oggettivamente suona come un falso richiamo alla misericordia si incorre nel rischio della banalizzazione dell’immagine stessa di Dio, secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare”.


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