Il Solgenitsin cubano contro Márquez

Giulio Meotti

“Tutti abbiamo tre vite, quella pubblica, quella privata e quella segreta”, era solito dire Gabriel García Márquez. Nella sua vita segreta ci fu anche la relazione con il regime castrista. Due anni fa, lo studioso spagnolo Angel Esteban e la belga Stéphanie Panichelli si erano prodotti in un terrificante studio del rapporto tra il più longevo e il più amato (specie all’estero) dittatore sudamericano, Fidel Castro, e lo scrittore più noto del continente, il compianto Gabriel García Márquez. I due accusavano il Nobel per la Letteratura di “aver sempre negato l’esistenza della tortura” nella patria del socialismo caraibico.

Leggi l'estratto del saggio di Armando Valladares

    “Tutti abbiamo tre vite, quella pubblica, quella privata e quella segreta”, era solito dire Gabriel García Márquez. Nella sua vita segreta ci fu anche la relazione con il regime castrista. Due anni fa, lo studioso spagnolo Angel Esteban e la belga Stéphanie Panichelli si erano prodotti in un terrificante studio del rapporto tra il più longevo e il più amato (specie all’estero) dittatore sudamericano, Fidel Castro, e lo scrittore più noto del continente, il compianto Gabriel García Márquez. I due accusavano il Nobel per la Letteratura di “aver sempre negato l’esistenza della tortura” nella patria del socialismo caraibico. Adesso arriva questo piccolo saggio del più celebre dissidente cubano, Armando Valladares, che nelle segrete castriste ci ha trascorso ventidue anni, e che Amnesty International nominò “prigioniero di coscienza”. Fu lui, nel 1982, a scioccare il mondo con il libro “Contro ogni speranza: ventidue anni nel gulag delle Americhe”, scritto dal suo esilio nel diciassettesimo arondissement di Parigi. Nel libro, Valladares raccontava la dittatura cubana, di come tappassero la bocca ai condannati perché al momento della scarica non gridassero “viva Cristo Rey!” o “muéra el comunismo!”, in una epopea di dolore e delazione che sarebbe valsa a Valladares l’appellativo meritato di “Solgenitsin cubano”. L’accusa dell’anziano prigioniero castrista al Nobel Gabriel García Márquez è tanto più dirompente perché non proviene da un esule a Miami di nuova generazione, ma dal patriarca del dissenso, il poeta-eroe della resistenza democratica alla dittatura, liberato per intervento diretto del presidente francese Mitterrand, lui che nel penitenziario di Isla de Pinos patì sofferenze indicibili durate ottomila giorni e altrettante notti disumane, come risulta dai capitoli che compongono il suo libro (“detenzione”, “la visita”, “carcere modello”, “suicidi ed escrementi”, “perquisizioni, percosse e saccheggio”). L’infame segreto delle carceri cubane è stato uno di quelli meglio conservati e più longevi. Svelato grazie al libro di Valladares.

    Armando Valladares  nega che Márquez si fosse adoperato per la sua liberazione, e non è l’unico ad accusare il Nobel. “Ricordate cosa ha scritto Albert Camus, che un uomo molto intelligente in un campo può essere stupido in altri”, aveva detto lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, che ha definito Márquez “un cortigiano di Castro”. “In politica, gli intellettuali sono stati stupidi in molti, molti casi”. Il leader degli esuli cubani Tony Hernandez è ancora più duro: “Mentre il mondo commemora un grande della letteratura, io rammento un comunista che ha difeso gli indifendibili abusi di Castro”. Impietoso Israel Abreu, che nelle carceri dell’Avana ha soggiornato a lungo: “Molti scrivono che tutta l’America latina è triste per la morte di Márquez, ma non è vero. Lo scrittore colombiano ha contrabbandato come governo umanitario una tirannia che ha imprigionato centinaia di migliaia di dissidenti e trucidato migliaia di persone. Non posso accettare che si cancelli di punto in bianco la sua accondiscendenza nei confronti di una tirannia spietata”.

    Márquez non pubblicava mai un libro senza prima sottoporlo al Líder máximo. Quando gli fu comminato il Nobel, Castro spedì a Márquez millecinquecento bottiglie di rum. Quando visitava l’Avana, Márquez soggiornava nella villa di Castro nel quartiere di Siboney. Anche lo studioso Enrique Krauze ha scritto un j’accuse contro Márquez sulla rivista Letras Libres, tradotto dal settimanale americano New Republic. “Mai alleanza tra la penna e lo scettro fu più forte e duratura di quella fra Fidel e Gabo”, scrive Krauze. Da cronista per il quotidiano colombiano el Espectador, Márquez seguì il funerale di Stalin e ne descrisse “la delicatezza delle mani, le mani di una donna”… “non assomiglia al personaggio senza cuore denunciato da Nikita Kruscev”. E’ lo stesso Márquez che profetizzò così: “Nel 1980 Cuba sarà il primo paese sviluppato dell’America latina”.

    Della Cuba castrista, Márquez celebrava “le scuole per tutti”, i ristoranti “buoni come i migliori in Europa”, l’avvento di “un potere popolare tramite suffragio universale”; e di Castro, va da sé, osannò “la profonda identificazione con l’assoluta fiducia nella saggezza delle masse”. Quando Heberto Padilla venne premiato per un libro di poesie molto critico verso il castrismo e lo scrittore cubano venne incarcerato con l’accusa di attività sovversiva, molti intellettuali firmarono per la sua liberazione: Susan Sontag, Saul Bellow, Elie Wiesel, Eugéne Ionesco, Czeslaw Milosz e Octavio Paz. García Márquez non firmò. Nel dicembre 1981, dopo la repressione di Solidarnosc, Márquez attaccò le “lacrime di coccodrillo” dei “soliti anticomunisti”.

    Il libro di Esteban e Panichelli è pieno anche di aneddoti sulle “serate culinarie” all’Avana di Márquez e Castro, mentre la popolazione faceva la fila per una razione di “uova, fagioli e riso”. Intanto, nel “carcere murato” di Combinado del Este, gli aguzzini di Fidel cercavano di trasformare Armando Valladares nell’Hombre Nuevo.

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    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.