Il 3 giugno, i ludi cartacei di Assad

Redazione

A Damasco il governo ha annunciato che il “voto” per decidere il nuovo presidente della Siria sarà martedì 3 giugno. Ancora più che le elezioni appena finite in Algeria, e persino più delle prossime in Iraq e in Egitto, quelle siriane hanno un finale già scritto: Bashar el Assad si prepara a un nuovo mandato settennale, che prolungherà il potere dinastico degli Assad cominciato nel 1971 con la presidenza di suo padre, Hafez. I ludi cartacei in Siria, per rispolverare una definizione sprezzante ma in questo caso calzante di Mussolini, sono una farsa senza altro significato che conferire una patina di legittimità alla giunta assadista. Sarà difficile, perché la somiglianza con vere elezioni è zero.

    A Damasco il governo ha annunciato che il “voto” per decidere il nuovo presidente della Siria sarà martedì 3 giugno. Ancora più che le elezioni appena finite in Algeria, e persino più delle prossime in Iraq e in Egitto, quelle siriane hanno un finale già scritto: Bashar el Assad si prepara a un nuovo mandato settennale, che prolungherà il potere dinastico degli Assad cominciato nel 1971 con la presidenza di suo padre, Hafez.
    I ludi cartacei in Siria, per rispolverare una definizione sprezzante ma in questo caso calzante di Mussolini, sono una farsa senza altro significato che conferire una patina di legittimità alla giunta assadista. Sarà difficile, perché la somiglianza con vere elezioni è zero. Da tre anni il paese è alle prese con una guerra interna che assomiglia a un conflitto tribale africano, per la qualità disumana viscerale dell’odio scatenato: soltanto che è combattuto con aerei, elicotteri da guerra e gas nervino – i gas continuano a essere usati anche in questi giorni. Almeno la metà degli elettori è tagliata fuori dal voto, perché vive in zone al di fuori del controllo del governo, sia dentro la Siria sia nei campi profughi allestiti con mezzi insufficienti in Turchia e in Giordania. La campagna di repressione militare contro i civili – una delle più brutali di sempre – continua senza prendere soste. Come si fa a parlare di elezioni mentre ieri su Aleppo cadevano altri barili bomba, ordigni rudimentali che colpiscono a caso i quartieri ancora abitati della seconda città del paese? Con quale programma elettorale pensa di farsi eleggere Assad: “Meno missili balistici lanciati contro le città, per tutti”? Come si fa a immaginare una campagna elettorale in un paese dove ogni cenno infinitesimale – anche immaginato – di dissenso è considerato tradimento in tempo di guerra e punito con l’arresto, la tortura e la morte?
    Il voto del 3 giugno è una mascherata per reggere in piedi la propaganda di un rais tenuto al suo posto da Iran e Russia, un rais che si fa fotografare a Pasqua nel villaggio cristiano di Maaloula ma che rischierebbe la vita se provasse a visitare la periferia della sua capitale. Se avesse concesso vere elezioni tre anni fa, davanti ai riformisti e alle proteste di piazza disarmate, non saremmo a questo punto.