
Sindrome giapponese
Al momento non c’è ragione per aspettarsi che i prezzi scenderanno drasticamente ed eserciteranno una pressione deflazionistica sull’intera economia”. La previsione è contenuta in un rapporto della Banca centrale giapponese del gennaio 1998 vergato dall’allora governatore Yasuo Matsushita. Fu un errore di valutazione clamoroso: cinque mesi dopo i prezzi cominciarono a scendere e così fu per i successivi quindici anni – la decade perduta – con una spirale di bassi prezzi, crescita fiacca e debito pubblico in ascesa. “Sindrome” dalla quale il Giappone inizia a guarire solo ora, grazie alla sferzata impressa un anno fa dall’azione espansiva del banchiere centrale Haruhiko Kuroda unita alle politiche di spesa del premier Shinzo Abe (l’Abenomics, in estrema sintesi).
Al momento non c’è ragione per aspettarsi che i prezzi scenderanno drasticamente ed eserciteranno una pressione deflazionistica sull’intera economia”. La previsione è contenuta in un rapporto della Banca centrale giapponese del gennaio 1998 vergato dall’allora governatore Yasuo Matsushita. Fu un errore di valutazione clamoroso: cinque mesi dopo i prezzi cominciarono a scendere e così fu per i successivi quindici anni – la decade perduta – con una spirale di bassi prezzi, crescita fiacca e debito pubblico in ascesa. “Sindrome” dalla quale il Giappone inizia a guarire solo ora, grazie alla sferzata impressa un anno fa dall’azione espansiva del banchiere centrale Haruhiko Kuroda unita alle politiche di spesa del premier Shinzo Abe (l’Abenomics, in estrema sintesi). Tant’è che per gli imprenditori nipponici la deflazione è morta: le grandi imprese interpellate in un recente sondaggio della Bank of Japan stimano che il tasso di inflazione toccherà l’1,5 per cento entro un anno e arriverà all’1,7 per cento nei prossimi tre o cinque anni. Una notizia “cruciale” per la banca d’affari Jp Morgan non solo perché ora s’avvicina l’obiettivo del 2 per cento fissato dalla BoJ, e non tanto perché dà sostegno alle politiche non convenzionali di Tokyo, quanto perché gli analisti già ipotizzano una riduzione degli stimoli a partire dalla primavera prossima, in concomitanza con il rialzo dei tassi annunciato dalla Fed americana in ottica restrittiva. [**Video_box_2**]L’Eurozona, invece, comincia ad assaggiare la deflazione: l’indice dei prezzi ha toccato i minimi dal 2009 (0,6 per cento), è sotto l’1 nella sana economia tedesca e negativo in Spagna. Tuttavia il presidente Mario Draghi promette da tempo di agire “solo se necessario” e ha sempre scansato l’idea di una deriva giapponese. I commentatori lo spronano. In un duro editoriale collettivo, Bloomberg lo taccia di “testardaggine” in caso non dovesse intervenire nel consiglio direttivo odierno. Gli analisti chiamati ieri da Reuters non s’attendono un taglio dei tassi, una stretta sui depositi delle banche o l’acquisto di asset pubblici o privati. Dai conservatori della Bce (Finlandia e Germania) sono arrivate clamorose aperture interventiste. Ma a Francoforte la deflazione non è percepita come un problema: rientrerà grazie alla ripresa economica in atto, dice il vicepresidente Vítor Constâncio. Erano fiduciosi anche a Tokyo.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
