
E' il Minculpop Lgbt, bellezza
Il Minculpop Lgbt non si arrende: vuole la teoria del gender in tutte le scuole italiane. La deputata del Pd Michela Marzano ha chiesto qualche giorno fa che siano finalmente diffusi gli opuscoletti dell’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale intitolati “Educare alla diversità”, destinati agli insegnanti di scuola primaria, media e superiore. Commissionati all’Istituto Beck dal direttore dell’Unar Marco De Giorgi, ma sconfessati sia dalla ex titolare delle Pari opportunità sia dal Miur, quei libretti sono l’esempio perfetto di ciò che il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, ha definito nella sua prolusione del 24 marzo scorso “una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni”.
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Il Minculpop Lgbt non si arrende: vuole la teoria del gender in tutte le scuole italiane. La deputata del Pd Michela Marzano ha chiesto qualche giorno fa che siano finalmente diffusi gli opuscoletti dell’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale intitolati “Educare alla diversità”, destinati agli insegnanti di scuola primaria, media e superiore. Commissionati all’Istituto Beck dal direttore dell’Unar Marco De Giorgi, ma sconfessati sia dalla ex titolare delle Pari opportunità sia dal Miur, quei libretti sono l’esempio perfetto di ciò che il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, ha definito nella sua prolusione del 24 marzo scorso “una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni”.
Bagnasco ha citato direttamente gli opuscoli dell’Unar, sottolineando che se “in teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a ‘istillare’ (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte”. Il cardinale ha poi aggiunto: “Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei ‘campi di rieducazione’, di ‘indottrinamento’. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti”.
La forza e la chiarezza delle parole di Bagnasco sono adeguate all’entità dell’attacco in corso, tanto più subdolo perché ammantato della solita buona intenzione anti omofoba. Forse nemmeno l’onorevole Marzano ha capito che in quei libretti si scrivono impunemente cose di questo genere: “I tratti caratteriali, sociali e culturali, come il grado di religiosità, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo”. O che, tra le regole auree per gli insegnanti, c’è quella di non alludere mai al fatto “che un bambino da grande si innamorerà di una donna”. I libretti Unar, accantonati per evidente e rozza unilateralità, rischiano però di rispuntare dalla finestra, dopo che Sesa Amici, sottosegretaria alla Presidenza del consiglio (da cui l’Unar dipende), ha annunciato una nuova valutazione da parte di un non meglio identificato “comitato attuativo paritetico”, come previsto dal protocollo d’intesa tra ministero dell’Istruzione e ministero delle Politiche sociali.
L’Unar diretto da Marco De Giorgi è anche all’origine di un’altra iniziativa da Minculpop, che ora è oggetto di un ricorso al Tar del Lazio curato dai Giuristi per la vita a nome della Nuova Bussola quotidiana diretta da Riccardo Cascioli: le famigerate “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone Lgbt”, che mostrano in che senso vada intesa la lotta all’omofobia e alla transfobia in tema di comunicazione. Le Linee guida condannano l’uso giornalistico di espressioni come “famiglia naturale” o “famiglia tradizionale”, nel momento in cui ci si riferisce alla famiglia composta da madre, padre e figli; vietato, quindi, scrivere “famiglia gay” o “famiglia omosessuale”, meglio “famiglia omogenitoriale”. Guai anche al giornalista che osasse scrivere che un bambino “ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico”, perché trattasi di “luoghi comuni” bocciati dai soliti “esperti internazionali”; non si deve scrivere “matrimonio gay, dal momento che suggerisce l’idea di un istituto a parte, diverso da quello tradizionale”, né “utero in affitto”: meglio il politicamente corretto “gestazione di sostegno”…
Il senso del ridicolo evidentemente scarseggia, tra i fautori del gender, ma più ancora il senso della libertà di espressione e della libertà di stampa. Le veline Lgbt dell’Unar sono l’anticipo di quello che potrebbe accadere se fosse approvata la legge sull’omofobia, davvero liberticida. Ma è sulla scuola trasformata in campi di rieducazione al gender (alla francese) che si gioca la partita più importante.
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