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L'establishment in rivolta contro i tagli alla spesa

Marco Valerio Lo Prete

I tagli alla spesa pubblica non sono nemmeno stati annunciati; il Commissario governativo alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, si è limitato a presentare in Parlamento una relazione con le possibili strategie di risparmio. Tuttavia non mancano già le levate di scudi, anche dai vertici dell'establishment italiano. Ma sono davvero giustificate le paure degli industriali sui tagli al sostegno pubblico alle esportazioni? Uno studio della Banca d'Italia dice di no.

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    I tagli alla spesa pubblica non sono nemmeno stati annunciati; il Commissario governativo alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, si è limitato a presentare in Parlamento una relazione con le possibili strategie di risparmio. Tuttavia non mancano già le levate di scudi, anche dai vertici dell'establishment italiano. Cottarelli, in Parlamento, ha presentato nelle scorse settimane un piano per recuperare "prudenzialmente 3 miliardi di euro" nei mesi restanti del 2014, e poi oltre 33 miliardi a regime nel 2016.  

    Il governo, attraverso la voce del presidente del Consiglio Matteo Renzi e di alcuni suoi ministri, ha già preso le distanze da alcuni dei capitoli più sensibili discussi da Cottarelli: in particolare, il prelievo sulle pensioni e la mobilità per 85 mila dipendenti pubblici. Oggi poi è stato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha invitato a evitare "tagli immotivati". "La spending review – ha aggiunto parlando in mattinata – dovrebbe intervenire con capacità selettiva, il che però presuppone discorsi che ancora assai poco vengono fatti". Chissà se Cottarelli avrà apprezzato.  Renzi ha detto di "condividere totalmente" il principio enunciato da Napolitano. E parole di encomio sono arrivate anche da partiti politici tra loro distanti come la Lega Nord e Sel di Nichi Vendola.

    Soprattutto, poi, tornano a pungolare il governo gli industriali, anche loro interessati da tagli più o meno gravosi, come la limatura dei sussidi pubblici alle imprese o la minacciata razionalizzazione di enti come il Cnel e l'Istituto del commercio estero: "L'ipotesi di cancellare l'Ice è indegno per il paese e indecoroso per il sistema industriale e trova la nostra ferma opposizione, credo anche quella del governo", ha tuonato Aurelio Regina, vicepresidente per lo Sviluppo economico e per l'energia di Confidustria, intervenendo nella sede del ministero degli Affari esteri alla presentazione del Piano regionale dell'internazionalizzazione dell'economia laziale.

    Qualche giorno fa, però, sul Foglio, abbiamo dato conto di uno studio della Banca d'Italia che smentisce quantomeno gli allarmismi confindustriali:

    La Banca d’Italia, il mese scorso, ha presentato in un seminario ristretto un suo studio secondo cui il “Sistema paese”, cioè l’insieme di enti pubblici che sostengono l’export e l’internazionalizzazione delle imprese, risulta fin troppo pletorico, costoso e inefficiente. L’Ice fa la sua parte, affiancato dai ministeri degli Affari esteri e dello Sviluppo, dalla V commissione permanente del Cipe, dalla “Cabina di regia” creata nel 2011 (con ministeri, privati, regioni, enti locali) e da “enti operativi” come Sace (Servizi assicurativi del commercio estero), Simest (Società italiana per le imprese all’estero), Camere di commercio in Italia e all’estero, e altre sigle ancora. Nel complesso, sono oltre 2.000 i dipendenti pubblici che lavorano a tempo pieno per l’internazionalizzazione delle imprese private, molti più che in Germania (350 circa) e Regno Unito (650-1.900). Ogni anno l’Italia spende tra i 250 e i 450 milioni di euro per sostenere le imprese private che intendono muoversi oltre confine, più di Parigi (200-300 milioni) e Berlino (220). Banca d’Italia punta il dito su “difficoltà di assicurare una strategia integrata a supporto delle imprese”, “perimetri di competenza non nettamente divisi” e sovrapposizioni di ruoli. Perciò suggerisce un taglio del 60 per cento di queste spese: a risultati invariati, anzi migliori.

    Forse anche la Banca d'Italia sarà accusata di voler spalleggiare Cottarelli e i piani del governo Renzi? Difficile sostenerlo. Ma toccare la spesa pubblica si conferma una missione quasi impossibile.

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