Le condanne pericolose dell'Egitto

Redazione

Al tribunale di Minya, in Egitto, sono bastati due giorni di processo, una sola seduta completa e l'accusa di assassinio di un poliziotto per condannare a morte 529 persone, probabilmente tutti membri della Fratellanza musulmana, l'organizzazione dell'ex presidente Mohammed Morsi, deposto dai militari lo scorso luglio. Il processo è iniziato sabato a Minya, una ex roccaforte dei Fratelli musulmani a più di 200 chilometri a sud del Cairo, lungo il corso del Nilo. Qui lo scorso agosto, dopo che al Cairo le forze di sicurezza avevano attaccato i sit-in di manifestanti pro Morsi nelle piazze di Rabaa al Adawiya e di al Nahda e ucciso centinaia di civili, un gruppo di membri della Fratellanza musulmana ha attaccato una stazione di polizia e ucciso un poliziotto, un altro è rimasto ferito.

    Al tribunale di Minya, in Egitto, sono bastati due giorni di processo, una sola seduta completa e l’accusa di assassinio di un poliziotto per condannare a morte 529 persone, probabilmente tutti membri della Fratellanza musulmana, l’organizzazione dell’ex presidente Mohammed Morsi, deposto dai militari lo scorso luglio. Il processo è iniziato sabato a Minya, una ex roccaforte dei Fratelli musulmani a più di 200 chilometri a sud del Cairo, lungo il corso del Nilo. Qui lo scorso agosto, dopo che al Cairo le forze di sicurezza avevano attaccato i sit-in di manifestanti pro Morsi nelle piazze di Rabaa al Adawiya e di al Nahda e ucciso centinaia di civili, un gruppo di membri della Fratellanza musulmana ha attaccato una stazione di polizia e ucciso un poliziotto, un altro è rimasto ferito. Migliaia di persone sono state arrestate, 1.200 sono finite sotto processo, 529 condannate a morte. Gli imputati ricorreranno in appello, abitualmente le condanne a morte devono passare dall’approvazione del gran mufti, la suprema autorità islamica in Egitto, ed è improbabile che saranno eseguite. Dalla deposizione dell’ex presidente Morsi, il regime dei generali presieduto dal capo dell’esercito Abdel Fattah al Sisi ha imprigionato o ucciso migliaia di membri e sostenitori della Fratellanza musulmana.

    Lo scorso dicembre la Fratellanza è stata definita organizzazione terroristica, e da allora la repressione è aumentata, in Egitto molti tribunali hanno iniziato a considerare come tradimento il solo sostegno all’organizzazione, decine di giornalisti sono stati arrestati. I generali hanno deciso di adottare una strategia di annientamento, che si nutre anche di gesti politici come il processo di Minya, dove i giudici non hanno voluto dare la parola alla difesa. Ma i possibili contraccolpi sono grandi, perseguendo la distruzione dei Fratelli musulmani come organizzazione politica i generali stanno contribuendo alla creazione di un movimento sotterraneo che userà, questo sì, le armi del terrorismo.

    Alle elezioni del prossimo luglio manca solo la candidatura ufficiale di al Sisi, che è attesa e preparata da mesi. A fine febbraio il governo ad interim del Cairo si è dimesso in massa per consentire a Sisi di lasciare il suo posto di ministro della Difesa senza imbarazzi. La sua ascesa è quasi certa, ma l’Egitto che lo aspetta potrebbe essere diverso da quello che immagina.