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Quei formidabili detective di Google Earth

Redazione

L'aspetto più affascinante di Google Earth è che con pochi clic un internauta può illudersi di viaggiare per il mondo, dall'Italia all'Australia, sino alle gole più remote del Grand Canyon. Il prezzo da pagare per questa "libertà" virtuale è che a volte si inizia a credere che un'applicazione possa permetterci di osservare dall'alto tutto il globo in diretta, come fossimo all'interno della sala comandi della Nasa a dirigere i satelliti puntati sulla terra. L'ultima vittima illustre di questo equivoco è stata Courtney Love, convinta di essere giunta per prima al ritrovamento dell'aereo malese scomparso – mentre era seduta comodamente sulla sua poltrona di casa.

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    L'aspetto più affascinante di Google Earth è che con pochi clic un internauta può illudersi di viaggiare per il mondo, dall'Italia all'Australia, sino alle gole più remote del Grand Canyon. Il prezzo da pagare per questa "libertà" virtuale è che a volte si inizia a credere che un'applicazione possa permetterci di osservare dall'alto tutto il globo in diretta, come fossimo all'interno della sala comandi della Nasa a dirigere i satelliti puntati sulla terra. L'ultima vittima illustre di questo equivoco è stata Courtney Love, convinta di essere giunta per prima al ritrovamento dell'aereo malese scomparso – mentre era seduta comodamente sulla sua poltrona di casa.

    Ma vip a parte, i casi di "eccezionali scoop" ottenuti da mirabolanti detective della rete grazie al software dell'azienda di Mountain View ormai abbondano. Dall'avvistamento del mostro di Lochness alle tracce aliene nello Yucatan, sino al ritrovamento dei resti di Atlantide: tutte bufale, ma che hanno attirato l'attenzione addirittura dei media.

    L'ultima notizia iscritta nel circolo delle cavolate via web è la storia del ritrovamento di una donna di Liverpool, Gemma Sheridan, su un'isola deserta delle Hawaii dopo sette anni passati alla "Cast Away" grazie al rinvenimento via satellite di una scritta di SOS sulla sabbia. Il fatto, riportato per primo dal sito-fake news-hound.org, è diventato in poco tempo virale sui social network con migliaia di condivisioni, di retweet con l'hashtag #truestory, raggiungendo addirittura alcune reti televisive inglesi e statunitensi.

    Tutto bello, ma tutto falso. Sia lo screenshot, che in realtà era stato preso da una foto all'interno di un rapporto di Amnesty International del 2010 sulla violenza in Kirghizistan, sia l'esistenza della donna stessa. Le sue dichiarazioni riportate dal sito news-hound.org, infatti, erano tratte dagli scritti dell'esploratore inglese Ed Strafford, il primo uomo a risalire a piedi il Rio delle Amazzoni.

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