Speciale online flash 17:43

Attivismo online, chi? Su Facebook tutti leoni, nella realtà tutti in poltrona

Marco Valerio Lo Prete

C'è chi, tra gli utenti di Facebook, non aderisce per principio a nemmeno una delle decine di "Cause" o "Gruppi" tematici che amici e conoscenti gli propongono quotidianamente: dalla battaglia per salvare i dissidenti di quel remoto stato asiatico all'appuntamento per riparare la strada del quartiere. E' crudele chi rifiuta di "aderire"? Menefreghista? O soltanto snob? Piuttosto è molto realista: aderire a una campagna online è infatti quasi sempre sinonimo di un "clic" e basta, altro che "attivismo digitale". Lo conferma uno studio appena pubblicato sulla rivista "Sociological Science" e curato da tre studiosi, Kevin Lewis (Università della California), Kurt Gray (Università della North Carolina) e Jens Meierhenrich (London School of Economics).

    C'è chi, tra gli utenti di Facebook, non aderisce per principio a nemmeno una delle decine di "Cause" o "Gruppi" tematici che amici e conoscenti gli propongono quotidianamente: dalla battaglia per salvare i dissidenti di quel remoto stato asiatico all'appuntamento per riparare la strada del quartiere. E' crudele chi rifiuta di "aderire"? Menefreghista? O soltanto snob? Piuttosto è molto realista: aderire a una campagna online è infatti quasi sempre sinonimo di un "clic" e basta, altro che "attivismo digitale". Lo conferma uno studio appena pubblicato sulla rivista "Sociological Science" e curato da tre studiosi, Kevin Lewis (Università della California), Kurt Gray (Università della North Carolina) e Jens Meierhenrich (London School of Economics).

    I tre ricercatori hanno studiato in dettaglio una delle campagne più popolari su Facebook, intitolata "Save Darfur". Contro gli eccidi in corso nello stato africano del Sudan, 1 milione e 200 mila persone si sono uniti alla "Causa Save Darfur" su Facebook nei 989 giorni che vanno dal maggio 2007 (quando il gruppo fu fondato) al gennaio 2010 (il momento in cui la ricerca si ferma), per donazioni complessive di 90.776 dollari. Numeri imponenti, non c'è che dire.

    Poi però si scopre che tra le centinaia di migliaia di aderenti, ben pochi si sono davvero "attivati" per la causa. Il 72 per cento di quanti hanno fatto "clic" sulla causa "Save Darfur", per esempio, nemmeno ha convinto uno solo dei suoi amici o conoscenti a fare lo stesso. Il 99,76 per cento dei membri del gruppo non ha mai donato un euro o un dollaro; e il 94 per cento di quanti hanno donato, lo ha fatto soltanto una volta. Se poi dal calcolo si escludono i pochissimi "iperattivisti" (come per esempio quel membro di "Save Darfur" che ne ha convinti da solo altri 1.196 ad aderire o quel donatore che ha dato 2.500 dollari), viene da chiedersi cosa davvero abbiano fatto per la causa del Darfur un milione e passa di appartenenti al celebre social network. Risposta poco o nulla.

    La prova definitiva? La stessa campagna "Save Darfur" ha ricevuto, nel solo 2008, contributi per oltre 1 milione di dollari in donazioni via posta regolare. La donazione media off-line (29 dollari) è della stessa entità media di quella online, solo che mentre l'invio di lettera a casa ottiene una risposta positiva e una donazione nel 2-8 per cento dei casi, il tasso di donazione degli "attivisti" di Facebook è 0,24 per cento. Non si facciano illusioni, dunque, quanti credono nella rinascita dell'impegno civico attraverso i social media: spesso il punto è semplicemente che un "like" non si nega a nessuno.