(Foto di Ansa) 

"A tu per tu"

Governo Briatore

Salvatore Merlo

 

“Il problema della politica e che non ci mettono le persone che sanno fare le cose di cui si occupano. In Italia c’è un problema enorme con la banda larga. Per esempio internet va lento, le telecomunicazioni fanno schifo. Ma perché non ci mettono Vittorio Colao, l’amministratore delegato di Vodafone, a fare il ministro delle Telecomunicazioni?”. Non ti piace il governo di Renzi. “Matteo sì, gli altri meno. I ministeri fondamentali sono Economia e Turismo, due cose che nel nostro paese dovrebbero andare insieme".

 

“Il problema della politica e che non ci mettono le persone che sanno fare le cose di cui si occupano. In Italia c’è un problema enorme con la banda larga. Per esempio internet va lento, le telecomunicazioni fanno schifo. Ma perché non ci mettono Vittorio Colao, l’amministratore delegato di Vodafone, a fare il ministro delle Telecomunicazioni?”. Non ti piace il governo di Renzi. “Matteo sì, gli altri meno. I ministeri fondamentali sono Economia e Turismo, due cose che nel nostro paese dovrebbero andare insieme. Chi è il ministro dell’Economia?” (“Padoan”, risponde la sua infallibile assistente, agilissima, anche nel gestire i quattro telefonini che intanto le squillano contemporaneamente). E allora Flavio Briatore prova a comporlo lui, il governo. Ed ecco il dream team. “Io all’Economia ci metterei Mario Draghi, e al Turismo ci metterei Luca”. Luca Cordero di Montezemolo? “Sì. Ma, ripensandoci, forse è meglio metterci Diego”. Diego Della Valle. “E’ meglio Diego. Diego sa fare”. E Luca non sa fare? “Luca è simpatico”. E allo Sviluppo economico chi ci metti? “Marchionne”. E il presidente del Consiglio resta Matteo (Renzi)? “Certo. Lui ha energia. Però deve fare operazioni serie, a minimo cinque anni, con un orizzonte”.

Corso Venezia, ore 16 e 30. Un bassotto tedesco con l’aria d’avere un albero genealogico ramificato almeno come quello del principe Assia von Homburg porta a spasso una signora filippina dall’aspetto dimesso. Una grossa Audi nera è posteggiata sul marciapiede, in divieto di sosta. A sinistra il negozio di Prada, a destra quello di Dolce e Gabbana. In mezzo, al primo piano, civico 5, c’è Billionaire Couture. Sede legale e creativa, mi spiegano. “Abbiano negozi di abiti in tutto il mondo, tranne che in Italia. Facciamo trentacinque milioni di ‘income’ l’anno”. E dunque eccolo Briatore, circondato da babbucce d’ogni foggia e colore – le vende – oro e cremisi, nero e oro, oro e verde pistacchio, oro e rosa, oro su oro. “Casa è dove ci sono gli affari e gli affetti”, dice guardandosi intorno. Sono campi semantici lontani, obietto. “Non così lontani”, risponde. “Fai affari dove sono gli affetti, e io affetti in Italia non ne ho più. Vivo tra Monte Carlo e Londra”. Da qualche anno sei padre. “Esco di meno, vado a letto presto. Sono meno mondano. Sono due anni che non vado più a un party. Ora c’è stata la festa di Benetton, c’erano tutti. Io invece ero a Gstaad. Mio figlio aveva le breaking holidays. Ha quattro anni, fa l’asilo”. E vive a Monte Carlo. Tuo figlio non lo farai studiare in Italia. “No. Qua tutti si vogliono laureare in Legge, vogliono fare gli avvocati e poi restano a spasso. Quando ci sarebbe bisogno di più gente che s’iscrive all’alberghiero”. E da grande che farà Nathan Falco? “Ieri mi ha detto che vuole fare il pescatore. Basta che non faccia il politico”. Perché no? “Perché è un mondo di bugie”.

Sei opinionista di Santoro, gli dico. Briatore ride compiaciuto. “E’ un onore. Santoro è il più bravo. Numero uno. Number one”. E Travaglio? “E’ un genio, un’intelligenza sopra la media, un uomo super. Se avessi un partito lo prenderei subito”. Ma i giornalisti non fanno politica, obietto. E Briatore si acciglia. “Ma hanno delle idee. E io lo prenderei Travaglio… comunque meglio averlo amico che nemico”. Leggi i giornali? “Sull’iPad ho Repubblica, Corriere e Fatto”. E li leggi? “Li guardo”. Ci sono dei giornalisti cui sei affezionato? “Aldo Cazzullo”, dice subito. Al Corriere della Sera. E poi? “Come si chiama quello della Stampa, l’editorialista?”. Massimo Gramellini. “Sì, bravo. Gramellini!”. E Repubblica? “Repubblica la leggi e poi gli fai la tara”. In televisione cosa guardi? “Guardo le news di Sky”. La Rai? “No. Guardo lo sport. Formula Uno e calcio”. Che squadra tifi? “Juventus. Però ogni tanto, la mattina, quando faccio palestra guardo quel talk show della Rai alla mattina… com’è che si chiama?”. ‘Agorà’. “Sì ‘Agorà’, c’è quel giornalista che mi sembra bravo… come si chiama?”. Gerardo Greco. Domanda: dicevi che non guardi la Rai. Ma tua moglie, Elisabetta Gregoraci, ha fatto un programma alla Rai. “Sì. E se non lo guardavo mi faceva un cazziatone atomico. Mi chiedeva: ‘Che vestito avevo?’. E poi: ‘E come l’ho cambiato, e a che ora?’. E se non rispondevo bene erano cazzi acidi. Il guaio è che a un certo punto hanno cominciato a mandarlo in seconda serata quel programma. E io la sera muoio di sonno”.

Domando a Briatore se ha dei libri sul comodino, se legge. “Non leggo molto. Leggo pochissimo. Praticamente non leggo”. E nel suo sguardo c’è qualcosa di duro, ma al tempo stesso simpatico. Hai visto qualche film che ti è piaciuto? “Ho visto ‘Rush’. Molto bello”. ‘La Grande Bellezza’? “Non l’ho visto, ma complimenti. Finalmente una bella notizia. Queste cose contano. Sai, il nostro paese ha tante cose belle. Per certi aspetti ha persino dei monopoli. Pensa a Pompei. Solo che non sono valorizzati, cascano a pezzi. Cazzo. Pompei datela ai privati o cadrà giù tutto. Meglio sotterrarla che lasciarla morire così. Se una cosa del genere fosse in America, intorno ci avrebbero costruito Las Vegas. Ci sarebbero venticinque alberghi, l’Hilton e il Four Season. Ma noi non siamo capaci. Guarda il Colosseo. Non riescono a ristrutturarlo. Della Valle ci ha perso un sacco di tempo. E ogni tanto lo chiudono, perché fanno sciopero. Alcuni mesi fa Enrico Letta andò in Qatar per cercare di farsi dare una mancia dagli arabi, ma non gliel’hanno data. E il problema non era lui. Il problema non era Letta, che anzi si presentava bene, sembrava il figlio che tutti vorremmo: perfettino. Come il problema non era nemmeno Berlusconi. Il problema è il paese. Investire in Italia non è conveniente. Non c’è certezza delle regole. Vige l’idea dell’interpretazione delle regole. E infatti ci sono più avvocati a Milano che in tutta la Francia. E poi c’è troppa burocrazia. Guarda, io a Renzi gli do cento giorni. Se n’è già presi venti. Gliene restano ottanta per fare qualcosa. I primi giorni sono fondamentali. Danno, come si dice, l’imprinting. Io farei subito un condono fiscale e amministrativo. Ricomincerei da capo. Azzererei tutto, e prenderei i soldi per investirli. E farei anche una patrimoniale. La patrimoniale è una cosa buona se poi si capisce che quei soldi vengono usati per la crescita invece di finire nel buco nero della spesa pubblica. Poi io eliminerei province e regioni. Via. Mangia pane a tradimento. Io gli pagherei anche lo stipendio a tutti questi, purché rispettino un contratto dove c’è scritto: vi diamo i soldi, basta che non fate niente. E poi va abbassato il costo del lavoro, ma senza tagliare gli stipendi. Bisogna ridurre l’Irpef. Le aziende spendono un sacco di soldi per i loro dipendenti, e quelli ancora guadagnano poco. E’ assurdo. Renzi deve approvare l’Italicum e andare subito a votare. Alfano cerca di impedirglielo perché vuole restare sulla sedia il più a lungo possibile. Matteo deve fottersene. Ma deve stare attento alla palude romana. Uno quando arriva a Roma cambia. Anche Matteo diceva certe cose, poi…”.

Poi ha alzato le tasse. “Le ha alzate?”. La Tasi. “Si vede che la sentinella Alfano dormiva. Non so che succede, mi sembrava ci fosse un accordo tra Matteo e Berlusconi per andare alle elezioni. Aveva senso, secondo me… L’accordo Berlusconi-Renzi sulla legge elettorale era geniale. Matteo è un pragmatico. Per lui il Presidente Berlusconi è un signore che rappresenta dieci milioni di voti. Matteo non è come Bersani, che si è fatto umiliare da Grillo. Se vuoi fare una partnership in azienda e quello con cui stai parlando non vuole, è inutile insistere. Quando uno ti rifiuta, ti rifiuta. Per Renzi, Grillo e Berlusconi hanno gli stessi voti. E uno i voti li conta, mica sta a vedere che odore hanno”. Ti piace il nuovo governo? “Il governo di Matteo non è precisamente il massimo. Ma stiamo a vedere”, dice. “Non doveva fare solo dodici ministri? E invece sono sedici, più mezzo miliardo di sottosegretari. Uno si è pure dimesso. Ma come cazzo è possibile? Perché lo ha nominato, dico io, se poi lo fa dimettere?”.

A Briatore non piace Roma. “Non ci vengo mai. E quando ci vengo mi sembra di arrivare a Nairobi. E io Nairobi la conosco bene perché ho degli investimenti”. Il famoso resort di Malindi, dov’è stato anche Berlusconi. “Era un periodo di disintossicazione per lui”. Diventasti il suo consigliere politico. “Si parlava molto, ma non così tanto di politica. Il Presidente stava bene lì. Stava molto bene. Diceva che si sentiva protetto come nella pancia della mamma”. Che differenza c’è tra Roma e Milano? “Milano è amministrata meglio”. A Milano c’è Pisapia, che è di sinistra. Roma è stata amministrata dalla destra fino all’anno scorso. “Non è questione di destra o di sinistra. L’importante sono le persone”. Pisapia l’avresti votato? “Certo, l’avrei preferito a quell’altra… come si chiama?”. Letizia Moratti. “Sì, ecco. Meglio Pisapia. E’ stato anche mio avvocato”. Letizia Moratti non la conosci. “No”. I Moratti sì, però. “Conosco molto bene Massimo. Ma sai qual è il problema di Roma?”. No, qual è? “E’ la politica. La politica andrebbe portata a trenta, quaranta chilometri fuori Roma. E poi si mettono in vendita quei bei Palazzi”. Anche il Quirinale? “No, magari quello è l’unico che teniamo”. Ci faresti un museo? “E’ già un museo. Un museo delle cere”.  E’ un Palazzo meraviglioso. “Non ci sono mai entrato. Sono troppo giovane”. Sei mezzo grillino. “Non sono mezzo grillino. Ma penso che i politici sono lì per grazia ricevuta”. Puoi anche ammetterlo di avere votato Grillo. “Semmai voto Matteo, se non si candida Berlusconi. Ma io Matteo lo volevo votare subito”. Forse lo potrai votare tra qualche anno. “Certo, tra dieci o quindici anni Matteo ci sarà ancora. Berlusconi deve dimostrare di essere immortale, io ci posso anche credere ma…”. Si parlava di te in politica un po’ di tempo fa. “Se ne parlava sui giornali, ma non se n’è mai parlato davvero. Non mi interessa”. Renzi ha rinnovato la squadra, forse c’è una classe dirigente nuova. “Le ragazze di Renzi non hanno niente da invidiare a quelle che aveva messo Berlusconi”. Poi Briatore comincia a parlare di Marianna Madia, ma non sa bene chi sia la giovane ministra. Dice: “Poi c’è quella… quella… come si chiama? Modìa, Media, Màdia”. Si chiama Madìa. “Sì ecco, lei. Che è stata nominata ministro ed è incinta”. Sì. “Dev’essere un grande fenomeno. Un genio. Deve esserlo per forza. Perché mia moglie, quando era incinta faceva la signora incinta. Era ko. Dev’essere brava la Madia”. Racconto a Briatore di quando Marianna Madia ha sbagliato ministero, confondendo il ministro dello Sviluppo Zanonanto con quello del Lavoro Giovannini. “Speriamo adesso non sbagli clinica”.

Briatore è seduto in cima a una lunga scrivania foderata in pelle bianco latte. Maglietta nera tirata sui gomiti, avambracci pelosi, occhiali rettangolari con lenti azzurrate, orologio di plastica, sportivo, capelli bianchi e lanosi con riflessi gialli. E’ il solito Briatore. Ma visto da vicino è un uomo d’una complessione impressionante, che non diresti mai. Alto alto, grosso grosso, con mani possenti e pollici a martello. Domanda: lo chiami Matteo, con Renzi siete amici? “Lo conosco. Nella vita gli amici sono pochi. Ne avrò tre o quattro”. E chi sono? “Luciano Benetton, e la sua famiglia. Bernie Ecclestone… e poi ci sono gli amici d’infanzia e quelli che conosco da sempre”.

Torniamo a Renzi. Anzi Matteo. “E’ una persona coraggiosa. Vediamo adesso se non resta impigliato nella ragnatela romana. A me sembra molto decisionista. Ma ha scelto dei sottosegretari orribili, e sono troppi. Come sono troppi i ministri. Il guaio è che l’Italia non cambia mai. Questa gente viene messa lì per ragioni di appartenenza… dalemiani, bersaniani, adesso renziani. Matteo è stato impaziente secondo me… lui deve andare a votare, e vince, altroché”. Renzi e Berlusconi si assomigliano? “Sono due fuoriclasse. Matteo è diventato presidente del Consiglio a trentotto anni. E Berlusconi è lì da vent’anni. Quando uno rimane così tanto sulla ribalta vuol dire che è in gamba”. Preferisci Renzi o Berlusconi? “Del Presidente sono amico sul serio. Lo conosco da tanto. Bisognerebbe guardare i programmi. Se i programmi sono simili…”. Se sono simili? “Guarda. L’ideale sarebbe che Matteo stesse con il Presidente”. Sorriso. Ma perché Renzi è Matteo, e Berlusconi lo chiami Presidente? “Gli do del tu, ma lo chiamo Presidente. Sono più gli anni che è stato presidente di quelli che è stato Silvio”.
Ai tempi del Bunga Bunga Briatore finì impigliato in un’intercettazione telefonica con Daniela Santanchè, parlavano del “Presidente”, delle sue abitudini private, delle ragazze e del sesso. “Premesso che è incredibile che una telefonata privata finisca sui giornali, quella non era una conversazione scandalosa. Eravamo due vecchi amici che parlano, allarmati, di un altro amico. In quella telefonata avevo ragione io, perché è da quella storia del Bunga Bunga che sono iniziati tutti i guai. E lo sputtanamento internazionale del Presidente. Se non ci fosse stata quella storia, col cazzo che lo costringevano a dimettersi nel 2011. Avrebbe retto”. Poi è arrivato Monti. “Monti è stato il governo peggiore che l’Italia abbia avuto in senso assoluto. Aveva un potere enorme.  Aveva carta bianca. Poteva rivoltare l’Italia come un calzino. E invece niente. Poi c’è stato Letta… E io ho pensato che Matteo avrebbe puntato alle elezioni. Prendeva una valanga di voti. E con le elezioni oggi avrebbe avuto un’altra forza. Avrebbe potuto superare tutti gli inciuci”.

Di Napolitano che ne pensi? “Penso che ha tramato per far cadere Berlusconi. Dovrebbe essere un garantista per tutti gli italiani”. Garantista? Vuoi dire che dovrebbe essere imparziale. “Il presidente, una volta eletto, dovrebbe spogliarsi dell’etichetta. E io questa imparzialità non la vedo”. Ti piace Grillo? “L’ho visto con simpatia all’inizio. I grilli dicono e fanno cose molto giuste. E sulla Boldrini avevano ragione loro. Anche il filmato, quello su cosa faresti con la Boldrini in macchina, a me non sembrava offensivo. Ma divertente. Era figo. Certo, i grilli non dovrebbero dire sempre e solo no. E poi c’è un altro problema. Questo è un movimento nato su internet, e adesso Grillo sta capendo che non si può gestire un movimento del genere senza stare in Parlamento. E’ complicato”. Quindi sei d’accordo con le espulsioni che sta facendo. “Non ne so niente. Ma penso che ci vorrebbe una legge contro il trasformismo. Non è possibile che uno sia eletto con una casacca e poi se ne va a spasso dove vuole”. Parli come uno che ha votato per Grillo. “Io voto all’estero. E l’ultima volta le schede sono arrivate in ritardo. Un voto ininfluente”. Di Angelino Alfano che ne pensi? “Non mi piace. E non mi è piaciuto come è uscito da Forza Italia”. Dal Pdl. “Sì, dal Pdl. Lui era una creatura al 100 per cento di Berlusconi. Creato da Berlusconi”. Il Cavaliere trasforma le zucche in deputati. “Ma zucche restano. Questa gente pensa di essere stata eletta. E invece no. Li ha fatti lui. Tutti. Materialmente. Creati”. Berlusconi è in difficoltà: condannato e interdetto. “Berlusconi deve trovare il suo numero uno. Non il numero due, ma il numero uno. E deve sceglierlo subito. Se ne deve rendere conto, è una cosa necessaria. Lo deve indicare. Il suo partito è  come un’azienda: hai il Ceo in età avanzata, ma senza un amministratore delegato che ne possa fare le veci. Un’azienda così, in queste condizioni, come Forza Italia, non la puoi nemmeno quotare in Borsa”. Marina Berlusconi? “La famiglia Berlusconi ha già dato. Non so se Marina ha voglia. Ma è una donna che ha sempre lavorato. Ha esperienza. Il Presidente aveva puntato su Alfano”. E Giovanni Toti? “Non lo conosco”.

Prima Briatore citava Della Valle. Gli chiedo se ha seguito il suo litigio con John Elkann. “Poco. Sono due amici che hanno bazzicato lo stesso ambiente e che hanno idee diverse su come gestire Rcs. La loro lite non ha avuto un buon riflesso internazionale. Permette agli altri di criticare l’Italia”. Elkann ha detto che Tod’s è un’azienda nana. “Le aziende nane non esistono. Le aziende possono essere sane o indebitate, e se sono sane e danno posti di lavoro vanno rispettate”. Che rapporto hai con Della Valle? “Molto buono. Ci vediamo qualche volta. E’ un fuoriclasse”. E con Elkann? “Lo conosco meno. Ha assunto Marchionne. Dunque dev’essere in gamba”. A questo punto saluto il Signor Billionaire, ci lasciamo su Corso Venezia. Il bassotto tedesco non c’è più e anche la grande Audi nera non è più in divieto di sosta sul marciapiede. Adesso c’è un autista dentro. E’ l’auto di Briatore. Che si allontana sgasando verso Piazza San Babila.
 

La collana “A tu per tu” di Salvatore Merlo ha ospitato finora Ferruccio de Bortoli (19 febbraio), Ezio Mauro (22 febbraio), Giancarlo Leone (1° marzo).

Di più su questi argomenti:
  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.