Forzature di misericordia, una grande teologia, forse disperata

Redazione

Walter Kasper è teologo di vasta cultura e autore di opere fondamentali, come Der Gott Jesu Christi. Qualsiasi suo scritto meriterebbe, per l'ampiezza dei riferimenti e lo sforzo esegetico autentico rispetto ai testi biblici e alla loro tradizione, una trattazione analitica. Ciò vale anche per la sua relazione al Concistoro sulla famiglia. Dal mio punto di vista, l'aspetto più apprezzabile di questa relazione consiste proprio nel suo spirito, più che nella sua lettera. Questo spirito esprime, a volte apertis verbis, una autentica angoscia che il pastore e il credente avvertono rispetto alla situazione attuale della famiglia: “Tra la dottrina della chiesa e le convinzioni vissute da molti cristiani si è aperto un abisso”.

di Massimo Cacciari

    Walter Kasper è teologo di vasta cultura e autore di opere fondamentali, come Der Gott Jesu Christi. Qualsiasi suo scritto meriterebbe, per l'ampiezza dei riferimenti e lo sforzo esegetico autentico rispetto ai testi biblici e alla loro tradizione, una trattazione analitica. Ciò vale anche per la sua relazione al Concistoro sulla famiglia. Dal mio punto di vista, l'aspetto più apprezzabile di questa relazione consiste proprio nel suo spirito, più che nella sua lettera. Questo spirito esprime, a volte apertis verbis, una autentica angoscia che il pastore e il credente avvertono rispetto alla situazione attuale della famiglia: “Tra la dottrina della chiesa e le convinzioni vissute da molti cristiani si è aperto un abisso”. Non solo,dunque, tra chiesa e “secolo”, ma tra chiesa e chi si professa cristiano! Non solo una distanza, ma un vero abisso! E la “cura” non sembra poter venire da alcun “compromesso”: il cristiano deve assumere una posizione radicale intorno al problema. Ma una tale posizione non può che venire da un interrogarsi altrettanto radicale sulle ragioni di quelle che Kasper chiama le forme di “alienazione” della famiglia, le ragioni per cui la famiglia appare così spesso oggi “un ospedale da campo”.

    Kasper invita a ragione a non idealizzare alcun passato (ci mancherebbe!), ma certo il “realismo” biblico sulle umane miserie non basta a comprendere le caratteristiche attuali della crisi dell'istituto famigliare. Sono superabili? E come? Qui le prospettive si confondono: l'oltrepassamento sacramentale della crisi (tutta la parte della relazione sulla “chiesa domestica”) non può rispondere, in quanto tale, alle cause storicamente, socialmente, economicamente determinate di quest'ultima. Per un cristiano autentico, e non per un pagano battezzato, questa crisi non potrebbe neppure darsi; per lui la scelta, eventualmente, potrebbe essere solo quella tra castità e sacramento del matrimonio. Il sacramento suppone e nutre la fede, ripete Kasper. Appunto, e perciò dove non può essere supposto non può nutrire un matrimonio sacramentalmente vissuto. I due piani sono radicalmente distinti – o, meglio, è possibile solo affermare che l'evangelizzazione (ivi compresa quella dello stesso cristianesimo contemporaneo, nella sua stragrande maggioranza) recherebbe come sua conseguenza la rivitalizzazione della stessa vita matrimoniale. Ma non può esservi un “lieto annuncio” per la sola famiglia.

    Il sacramento rende sovrannaturale l'ordine della famiglia. Citare “a pezzi” le parole di Gesù non aiuta. Il “patto” uomo-donna che egli lascia intendere “compie”, sì, quel mosaico, ma proprio nel senso di una metamorphosis, nel senso di quella teleia agape che ci fa perfetti come il Padre nei Cieli. L'ordine naturale dell'istituto della famiglia è, invece, naturale nel senso del divenire, del mutare. Il fatto che tutte le culture conoscano la famiglia, e su questo matter of fact pretendere di “salvarne” un'eterna verità, è una contraddizione in termini: tutto ciò che è cultura, infatti, è contingente per definizione. Qui si cela quello che io ritengo essere un pericolo mortale per la stessa evangelizzazione: la riduzione del “lieto annuncio” a una misura “naturalistica”, o almeno la sua contaminazione con essa. La famiglia può anche appartenere all'“ordine della creazione”, ma così come l'uomo è dotato di una facoltà di parlare. In ogni idioma si sono espressi valori incomparabili. L'ordine della famiglia greca è del tutto diverso da quello romano (e né a Atene né a Roma si concepiva affatto l'oikos come fondamento della polis!), entrambi da quello ebraico, e tutti nulla hanno a che fare con le convinzioni oggi vissute dagli abitanti di questo pianeta (possono riguardare semmai le forme del contratto matrimoniale). C'è tanto poco Madame La Famiglia, di quanto ci sia Madame la Terre o Monsieur Le Capital.

    di Massimo Cacciari