That win the best

Gesù guarda la Premier League

Jack O'Malley

Lo segnalo perché immagino che voi, tutti presi da Roma-Napoli di Coppa Italia, ve la perderete: stasera si gioca il rematch del quarto turno di FA Cup tra Fulham e Sheffield United. Sul sempre super partes Tuttosport, leggo con simpatica sorpresa che la coreografia dei tifosi juventini prima della lezione di calcio all’Inter di domenica sera “è stata disegnata e poi votata online. Tutto tramite Facebook, dove oltre tremila tifosi avevano proposto la loro idea, aderendo all’iniziativa della Juventus. Scopro poi con piacere che la Gazzetta dello sport ha rifatto il proprio sito internet. Dopo aver letto la notizia sui social network sono andato a vedere. Il premio “That win the best”, da me istituito in questo istante, viene vinto da Alessandro Vocalelli su Repubblica.

     “There are very nice areas to live here in Manchester” (Juan Mata, urbanista)

    Sheffield. Lo segnalo perché immagino che voi, tutti presi da Roma-Napoli di Coppa Italia, ve la perderete: stasera si gioca il rematch del quarto turno di FA Cup tra Fulham e Sheffield United. Dopo l’eroica partita in casa finita 1-1 giocando in 10, i Blades vanno a Craven Cottage a cercare di ripetere il colpo del terzo turno, quando sconfissero l’Aston Villa per 2-1. Parlando delle partite meno rilevanti della Coppa, segnalo la sfida tra Manchester City e Chelsea, degna replica del match di campionato giocato ieri sera e vinto dai ragazzi di Mou, in programma a metà febbraio. In Premier l’Arsenal è tornato a correre, l’Everton continua a respirare l’aria dell’alta classifica e il Liverpool non riesce a vincere se Suárez non è in giornata.

    Tra le poche certezze c’è il Manchester United: dopo avere illuso tutti in settimana battendo il Cardiff grazie al ritorno in campo di Van Persie e Rooney con il neo acquisto Mata, è tornato a fare quello che a Moyes riesce meglio, perdere. Il 2-1 contro lo Stoke è senza appello, direbbero a Rai Sport. Lo dico anch’io, ma almeno non ho dietro di me scenografie degli anni Novanta né grafiche da tv privata di fine Settanta. Bene il Sunderland, che schiaccia il Newcastle in un derby drammatico e divertente. Vedo che però in Italia, quando due gocce di pioggia non impediscono di giocare, vi consolate con poco, e che per dare spessore e senso a una sfida come quella di ieri sera tra Genoa e Sampdoria siete costretti a dire che è “la più inglese delle partite italiane”. Dai, che chi va piano va sano e va lontano.

    Leggi anche Crippa Un'arida stagione aritmetica - Giuli Morandi non è il mio cantante - Pace Carne tremula - Pardo Jungleland - Quarantino Fox Arbitro cornuto -


    Sul sempre super partes Tuttosport, leggo con simpatica sorpresa che la coreografia dei tifosi juventini prima della lezione di calcio all’Inter di domenica sera “è stata disegnata e poi votata online. Tutto tramite Facebook, dove oltre tremila tifosi avevano proposto la loro idea, aderendo all’iniziativa della Juventus. C’era un’applicazione da scaricare e con quella si poteva disegnare la propria tribuna per accogliere le squadre in campo prima di Juventus-Inter”. Tutto bellissimo e molto social. L’unica cosa che non ho capito è perché alla fine abbia vinto proprio quella. “La fantasia dei tifosi si è scatenata”, scriveva ancora Tuttosport. Forse troppo, dato che la tribuna all’ingresso in campo delle squadre salutava con gioia la “Niventu3”. Più probabile che l’errore di ortografia coreografico fosse dovuto all’emozione di vedere arrivare in tribuna quell’elegantone di Osvaldo. L’attaccante italo-argentino ormai fa parlare di sé più per come si veste che per i gol che fa (dura la Premier League, eh? Mica ti fanno fare tacchi volanti e rovesciate circensi come in Italia, i difensori), e gli sono bastati pochi mesi dalle nostre parti per pensare di potere impersonificare la macchietta dell’inglese con la bombetta e l’occhialino tondo al suo ritorno in Italia. Camicie a quadrettoni, cappotti di pelo e colli da madama. Peccato sporcarli di sangue quando si picchierà per il seggiolino più comodo in tribuna con Quagliarella e Giovinco.

    Le cheerleader del Crystal Palace hanno bisogno di uno smartphone

     

    Scopro poi con piacere che la Gazzetta dello sport ha rifatto il proprio sito internet. Dopo aver letto la notizia sui social network sono andato a vedere. Subito ho pensato di aver sbagliato a digitare l’url, ma invece era corretta. Poi ho controllato di non avere qualche virus nel computer: pulito. Allora ho pensato che il loro server non funzionasse bene, ma non c’erano segnalazioni di questo tipo. Poi, guardando bene, ho notato che negli interstizi lasciati liberi dalla pubblicità, effettivamente c’era il nuovo sito della Gazzetta.

    Sky Sport è l’unica cosa che mi fa sopportare il calcio italiano quando sono da quelle parti. Meno bene se la passa Sky Cinema, o almeno è quello che ho dedotto dalla sapida gag tra Marco Cattaneo e Ciro Immobile sabato sera: l’attaccante del Torino che fa svenire gli avversari solo guardandoli negli occhi (vero Bonera?) ha polemizzato in diretta con la scarsa possibilità di scelta di film sui canali Sky per cui la sua ragazza, alla decima replica del “Cavaliere oscuro”, comprensibilmente gli rompe le palle. “Si faccia l’on demand”, gli ha suggerito Cattaneo. “Ma che discorsi sono?”, ha replicato il sempre ben pettinato Immobile.

    Al Reading di Anton Zingarevich, proprietario russo dello storico club che milita in Championship, servirà molta fortuna. Lo sa anche la fidanzata del presidente, Katsia

     

    Il premio “That win the best”, da me istituito in questo istante, viene vinto da Alessandro Vocalelli, che su Repubblica scrive finalmente quello che qui si spiega da anni: la Serie A è la serie B d’Europa. “Qualità bassissima”, “ritmi imbarazzanti” che permettono a Pirlo e Totti di fare i fenomeni, Callejón e Gervinho da riserve all’estero a fenomeni in Italia, “campionato di scarsissimo profilo” in cui uno come Osvaldo, a secco in Inghilterra, farà un sacco di gol. Cheers, mate Vocalelli. Al pub c’è una birra offerta per te.
     

     Ci credo che Hernanes piangeva nel parcheggio di Formello: essendo lui un profeta, aveva il presentimento di quello che sarebbe successo domenica sera. E tutta questa commozione era prima dei grotteschi “problemi burocratici” che lo hanno costretto in tribuna contro la Juventus, prima di quella cosa che ci vuole un gran disprezzo della propria onestà intellettuale, e scusate la parolaccia, per definire partita. E’ stata una “cosa” fra una squadra di calcio e un’armata messa insieme al momento, come al parchetto. Ehi, tu, ce ne manca uno, ti va di giocare? Chi va per primo in porta? Ecco, questo era grosso modo il clima che l’Inter esprimeva. E pazienza se D’Ambrosio, in un impeto di originalità, ha scritto su Facebook: “Mi sarebbe piaciuto esordire con una vittoria”. Per vincere non sarebbe bastato nemmeno il Profeta, e figurarsi un allenatore che intitola la sua autobiografia “Il meglio deve ancora venire”. Il sequel come lo intitola, “palla lunga e pedalare” o “obiettivo salvezza”? Serviva forse l’allenatore, anzi l’Allenatore, raccontato da Carlo Nesti nel suo ultimo libro: “Il mio allenatore si chiama Gesù”. Nulla in contrario all’atletismo divino, tutt’altro, soltanto che la copertina mette voglia di ricostituire la Santa Inquisizione e di lanciare anatemi in latino. Il Gesù semitrasparente che dà indicazioni dalla panchina sembra il cantante dei Nickelback preso da una crisi mistica, visione non proprio angelica. Nella prossima edizione servirà una prefazione di Padre Amorth.

    Per motivi legati all’insonnia ho seguito l’evento sportivo più popolare delle colonie, quello che fra un Beckham in mutande e una Scarlett Johansson che sputa sulla grammatica inglese (Fewer bottles!) usurpa il nome del football. Sì, il Super Bowl. Non so dare giudizi tecnici, e ci mancherebbe altro, se non che il quarterback di Denver, Peyton Manning, era perduto come un Kuzmanovic qualsiasi allo Juventus Stadium. Per il resto, mi limitavo ad aspettare il concerto di fine primo tempo, modo orripilante di adulterare un evento sportivo ma pur sempre un’esibizione spettacolosa in cui gli americani dicono la loro. Mai decisione fu più sbagliata. La giacca dorata di Bruno Mars era un chiaro indizio del declino dell’occidente; i trenta secondi dei Red Hot Chili Peppers una devastante parentesi nostalgica. La scenografia moscia, i fuochi d’artificio artificiali: da quegli usurpatori di sport e maestri d’entertainment mi aspettavo molto di più. Idolo della serata tale Joe Namath, ex giocatore che si è presentato sul campo con un’enorme pelliccia che ha fatto imbestialire la Peta e gongolare noi devoti della caccia alla volpe.

    Mi bastavano l’esperienza e il giudizio di Alex Ferguson per avere un’opinione chiara circa Rafa Benítez, un mezzo allenatore per mezze stagioni che non ci sono più, quindi tanto vale non iniziarle nemmeno, le stagioni. Le mazzate del Napoli e le parole non peregrine di Marco Materazzi intorno alla paraculaggine di questo eterno navigatore del calcio vario ed eventuale confortano una teoria ormai ferrea. Più sorprendente, invece, leggere della vicenda di Héctor Cúper che faceva sballare le scommesse a camorristi con cui aveva stretto rapporti a sua insaputa. A parte che nemmeno Saviano si sarebbe immaginato un plot del genere, rimane una domanda: non è che abbiamo spiegato il 5 maggio?

    TAGLI DI LUCE POTENTI - I migliori tweet di Aldo Serena

    Pz Cavour.Un profumo,un luogo e la chimica parte.Dendriti,assoni,sinapsi e ti trovi un brivido di 30 prima pic.twitter.com/gB0LAzbJ1i

    — Aldo Serena (@Aldito11) 2 Febbraio 2014