Davos aspetta Rohani

Redazione

Ieri a Davos, il paradiso della charme diplomacy condita con soldi e prestigio, è arrivato Hassan Rohani. Il presidente iraniano parlerà oggi, in prima fila sono sistemati i ceo delle grandi compagnie petrolifere mondiali, o i loro rappresentanti, o i loro banchieri, e la domanda e l’offerta si incontreranno, in diretta tv, sotto gli occhi di un mondo che si sta abituando a non temere Rohani, anzi, a fidarsi di lui.

    Ieri a Davos, il paradiso della charme diplomacy condita con soldi e prestigio, è arrivato Hassan Rohani. Il presidente iraniano parlerà oggi, in prima fila sono sistemati i ceo delle grandi compagnie petrolifere mondiali, o i loro rappresentanti, o i loro banchieri, e la domanda e l’offerta si incontreranno, in diretta tv, sotto gli occhi di un mondo che si sta abituando a non temere Rohani, anzi, a fidarsi di lui. Investite, gente, investite, è l’invito del presidente, le sanzioni si stanno allentando, a fronte di una sospensione dell’arricchimento di uranio nelle centrifughe che lo lavorano al 20 per cento, come prevede l’accordo temporaneo siglato a Ginevra. Il business risponde giulivo, si sa che quello è un mercato grande e importante ed è un gran sollievo che ci si possa buttare di nuovo in una “corsa all’oro” che sembrava ormai impossibile. I media internazionali si affannano nello spiegare le divisioni iraniane, i cattivi (la Guida suprema Ali Khamenei) stanno facendo di tutto per ostacolare i buoni (Rohani), ma alla fine il bene vincerà, non può essere che una favola a lieto fine, questa. E’ solo una questione di tempo, per tutti: l’Onu ha cercato di accelerare i tempi, invitando sciaguratamente l’Iran al tavolo di pace della Siria e si è preso una reprimenda dagli Stati Uniti, che sono i primi a voler fare la pace con Teheran, ma sanno che certe svolte vanno fatte digerire bene. A Washington mascherano l’euforia, ma il primo a credere alla favola è Barack Obama, anche se poi, al lieto fine, non tiene granché: “La Casa Bianca è pronta ad accettare un programma nucleare civile in Iran”, scrive David Remnick sul New Yorker in un articolo dedicato a Obama. Israele e i paesi del Golfo si oppongono, “ma un benchmark assolutistico non è possibile”, bisogna un po’ compromettersi, siamo uomini di mondo.