That win the best

Delfini svizzeri e scambi a caso

Jack O'Malley

Fossi in Alex Ferguson chiederei l’eutanasia immediata. Una sofferenza come quella di vedere la propria creatura strapazzata persino da un morto vivente come Samuel Eto’o deve essere stata lancinante, domenica sera. Il leone United, ormai ferito a morte, subisce la sorte simile a quasi tutte le grandi decadute: tutti lo sbeffeggiano, gli arbitri lo ignorano, la sfiga ci si diverte. “Se vinciamo contro il Chelsea siamo di nuovo in corsa per il titolo”, dicevano senza crederci i Red Devils sabato. Il 3-1 subito a Londra sembra un articolo di Aldo Cazzullo: incommentabile.

Giuli O Vesuvio lavaci col fuoco - Crippa Ma che fa il Nanetto di Giacarta? - Pardo Seedorf e i quarantenni che vanno a ruba - Pace Il triangolo, sì - Fox Arbitri mondiali, la politica, alla fine, ha vinto

    Cardiff. Fossi in Alex Ferguson chiederei l’eutanasia immediata. Una sofferenza come quella di vedere la propria creatura strapazzata persino da un morto vivente come Samuel Eto’o deve essere stata lancinante, domenica sera. Il leone United, ormai ferito a morte, subisce la sorte simile a quasi tutte le grandi decadute: tutti lo sbeffeggiano, gli arbitri lo ignorano, la sfiga ci si diverte. “Se vinciamo contro il Chelsea siamo di nuovo in corsa per il titolo”, dicevano senza crederci i Red Devils sabato. Il 3-1 subito a Londra sembra un articolo di Aldo Cazzullo: incommentabile. Ci si diverte dall’altra parte di Manchester, invece, là dove il City non smette di vincere e non è primo soltanto perché i Gunners di Londra sembrano crederci più di loro. Chi si ferma è perduto, titolerebbe la bolsa regia della “Domenica Sportiva”, e al momento l’Arsenal non sembra averne voglia. Voi trastullatevi pure con un campionato già finito e con circa 15 squadre che lottano per non retrocedere. A dimostrazione della superiorità della Premier sul calcio minore bastino le parole di Mourinho, che li ha provati tutti: “La Premier è il campionato più difficile. Qui non fai 100 punti né segni 125 gol. Se sei un attaccante e scegli di andare al Barça oppure nel Real è più facile che riesci a fare 50 gol rispetto ad uno che gioca in Inghilterra. Naturalmente questi club rappresentano una grande attrazione. Non puoi biasimare un giocatore. Come allenatore anche io ho sentito questo impulso. Volevo andarmene a Madrid. Quindi se un giocatore prova la stessa cosa posso capirlo. Ma continuo a pensare che qui è dove il livello è più alto e la competitività maggiore. Se fossi un giocatore non lascerei mai la Premier League”. Forse è di parte, ma allora smettete di considerare equilibrati gli editoriali in cui Crosetti (Rep.) esaurisce gli aggettivi superlativi parlando della Juventus tanto da far sembrare Massimo Mauro un tiepido simpatizzante. Prosit.

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    Morandismi. Più scontata di un corsivo moraleggiante di Gramellini, ecco arrivare la solita polemica sui cori di discriminazione territoriale contro i tifosi napoletani. Questa volta i colpevoli sono i bolognesi. Il presidente onorario dei rossoblu, Gianni Morandi, si è detto indignato per gli insulti ai partenopei e ha dichiarato di volersi dimettere dalla carica. Tutto sbagliato, naturalmente: non dovrebbe dimettersi per i cori, ma per la squadra imbarazzante di cui è presidente. Siamo in trepidante attesa di qualche pronunciamento ex cathedra di Cesare Prandelli, il quale ha talmente indossato l’abito di confessore nazional popolare che media e opinione pubblica gli hanno cucito addosso in questi anni da essersi fatto crescere la barba da frate, pronto a dispensare buoni consigli al monello Balotelli, a continuare allegramente a fottersene di Cassano e a bacchettare bonariamente chi dice le parolacce in curva.

    Katy Perry prova a portare fortuna al West Ham, ma forse non basta

     

    Scambi di luoghi comuni. Il dramma è che l’affare Vucinic-Guarín, scambio che nemmeno il Moratti dei peggiori incubi interisti avrebbe concepito, ma non entrerò nel merito della pagliacciata, si è trasformato in una logorante guerra dei luoghi comuni. Per Repubblica.it è stata la sempre invocabile “rivolta del web” a congelare lo scambio. Seguono paragrafi che sospetto siano stati scritti da un generatore automatico di frasi fatte in giornalese: la trattativa entrata nel vivo, l’epilogo di una giornata ricca di sorprese, la battuta d’arresto, la pungente ironia di Fiorello (“guru del popolo della rete”, se posso dare un suggerimento al generatore automatico). Si viene a sapere che la curva Nord ha fatto un “duro comunicato” in cui dice addirittura che è “la goccia che fa traboccare il vaso”. Io me li immagino questi fieri ultras imbufaliti con il tirapugni in tasca che sollevando al cielo l’ennesima birra gridano in coro: “E’ la goccia che fa traboccare il vaso!”. E’ stato sconfortante scoprire che non era una sintesi giornalistica, ma una vera citazione del vero comunicato dei veri ultras, che si esprimono in una lingua all’incrocio fra un lancio d’agenzia e una denuncia dei carabinieri. Si meritano Vucinic.

    Elena Gomez, la fidanzata di Javi Garcia, con i calzettoni fin sopra le ginocchia

     

    In culo agli hashtag. Fossi all’osteria risponderei così al raffinatissimo “in culo a tutti” twittato da Carolina Marcialis dopo il gol del marito, Antonio Cassano: “E speriamo che non caghino!”. Sarebbe un modo abbastanza trash per dimenticare una battuta innocente e prendersela con i veri problemi di questo piccolo incidente social. Innanzitutto i falsi moralizzatori che stigmatizzano e gli alzatori di dita che parlano di scandalo? Quale scandalo? Scandalo è categoria quasi abusata quanto quella di “polemica” e “caos”. E’ sempre scandalo, è sempre polemica, è sempre caos. Epperò in questo caso, e qui mi rivolgo direttamente alla signora Cassano, uno scandalo c’è, gli impresentabili hashtag di accompagnamento: #grande #amoremio #ilnumero1 #sempreecomunque. In culo a tutti, d’accordo, ma perché non finirla lì? Perché non mandare a ramengo anche le inflessioni adolescenziali? La prossima volta che si fa, si scrive kulo con la kappa perché fa popolo della rete anni Duemila?

    Helen Flanagan segue con apprensione le gesta del suo fidanzato Scott Sinclair con la maglia del Manchester City

     

    Quella bestia di Sepp. “Viscido come un delfino”. Ogni volta che rileggo questa similitudine, creata da Graziella Bianca e applicata all’ex marito, Sepp Blatter, mi viene voglia di chiudermi in cameretta e ascoltare musica Death Metal, oppure di asciugare tutti i delfini del mondo. “E’ uno psicopatico” è una dichiarazione che mi fa meno effetto, anche perché il tratto si evince facilmente anche soltanto guardando una cerimonia di consegna del Pallone d’oro, ma l’essere viscido supera ogni capacità di sopportazione. Spero che lo sappia anche l’armena Linda Barras che, accecata dall’amore o da qualche suo derivato, è finita fra le pinne di un delfino svizzero il cui attaccamento alle poltrone del calcio è più solido di quello per mogli e compagne. Dopo tre matrimoni e sette anni da single, Blatter si accompagna in società con un’avvenente donna di trent’anni più giovane. Misteri.