Il delirio anti ricchi di Virzì

Mariarosa Mancuso

I brianzoli hanno protestato, i comaschi hanno protestato. Ma che dovrebbe dire Carmelo Bene, scelto da Paolo Virzì per la proiezione privata e scopereccia nella villa dei ricchi? Guardano “Salomé” Valeria Bruni Tedeschi, ex attrice che ha sposato il finanziere nordico Fabrizio Gifuni (per definizione senza scrupoli) e il professorino del sud Luigi Lo Cascio (per definizione con velleità intellettuali che il mondo si ostina a non prendere in considerazione).

Crippa Autodafè in Brianza

    I brianzoli hanno protestato, i comaschi hanno protestato. Ma che dovrebbe dire Carmelo Bene, scelto da Paolo Virzì per la proiezione privata e scopereccia nella villa dei ricchi? Guardano “Salomé” Valeria Bruni Tedeschi, ex attrice che ha sposato il finanziere nordico Fabrizio Gifuni (per definizione senza scrupoli) e il professorino del sud Luigi Lo Cascio (per definizione con velleità intellettuali che il mondo si ostina a non prendere in considerazione). E’ il momento propizio per infilare la mano tra le cosce della signora, che tiene gli occhi fissi sullo schermo, e per darsi un po’ da fare, mentre il cellulare squilla invano nella frenesia della passione. Ricomposti, un po’ di tempo dopo lei va a trovare lui nell’umile dimora e lo trova intento a scrivere: “E’ questo l’effetto che mi fai…”.

    Va da sé che non vorremmo leggere neanche una riga dell’opera prodotta in preda al delirio erotico. Come non avremmo voluto vedere neanche una scena di questo film, prodotto in preda a un delirio anti ricchi che non rende un buon servizio al romanzo dell’americano Stephen Amidon. Un incidente stradale, troppo alcol in corpo, un Suv di cui si cerca il guidatore, le ville e le feste del Connecticut, un immobiliarista che cerca l’affare che gli risolverà la vita: bastano per collocare “Il capitale umano”, inteso come romanzo, in zona “Grande Gatsby”. La ricchezza e gli imbrogli fanno da sfondo, ingolosiscono i personaggi e servono da cartina di tornasole per raccontarli. Ma sono personaggi, appunto, non figurette su cui sputare giacché il denaro è lo sterco del diavolo, e basta starne lontani per allontanare ogni tentazione. Questo forse lo pensano a Livorno, passeggiando su e giù sul lungomare e tirando l’ora dell’aperitivo. Fuori, segnatamente negli Stati Uniti, hanno capito che i soldi fan girare il mondo e producono benessere (l’assistenzialismo, culturale e no, impigrisce e avvilisce).

    La trama viene deportata “in una tundra mongola, una misteriosa Siberia dove le foreste sono pronte a inghiottirsi da un momento all’altro le villette degli immobiliaristi, i centri commerciali, le ville padronali, le periferie degradate, tutto” (citiamo dall’intervista-velina distribuita alla stampa da Paolo Virzì medesimo, così da evitare l’effetto “io non sono cattivo, sono le giornaliste di Repubblica che mi dipingono così”). “Hic sunt leones”, come nelle antiche mappe con le terre incognite, popolate di mostri che neanche l’esploratore più coraggioso osa avvicinare. Per un regista che vorrebbe raccontare l’Italia com’è, servirebbero un po’ più di sopralluoghi. Magari anche un’occhiata a certi racconti di Carlo Emilio Gadda, che sapeva guardare e raccontare. Senza alcol portato da Roma per evitare le botte di depressione: anche nell’operosa Brianza esistono bar e frigobar. Pure le lamette per un eventuale taglio delle vene sono reperibili sul posto, e l’informazione vale anche per Concita De Gregorio, che con lo stesso impeto liricheggiante un giorno osanna Valeria Parrella e il giorno dopo Paolo Virzì (datemi una trasmissione di cultura in tv e la userò come leva per un mondo più buono e più giusto).

    La via di fuga (dal cinema assistito) la vorremmo trovare noi spettatori, dopo le prime scene fuori sincrono: sarà un dettaglio, ma in un film girato con un budget tutt’altro che risicato si fa notare. Già fatichiamo ad appassionarci, quando ci viene detto che l’immobiliarista Ossola (Fabrizio Bentivoglio, gigionando assai) spera in un guadagno del 40 per cento sul capitale investito. Per non saper né leggere né scrivere di economia, pare demenziale. E i soldini al Campo dei Miracoli, li ha già seminati o aspetta un cenno dal Gatto e dalla Volpe? Tutto di nascosto dalla moglie, Valeria Golino in modalità “aiuto i ragazzi con problemi, sono il raggio di speranza in un’umanità modesta, senza voglie, antropologicamente corretta”. Per fortuna tra un po’ arriva “The Wolf of Wall Street” di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio: lusso sfrenato, moralismo a zero, strepitoso cinema.

    Crippa Autodafè in Brianza