
I compiti a casa non bastano, ma aiutano. Ecco il caso Spagna
José Luis Zapatero, premier socialista spagnolo tra il 2004 e il 2011, è tornato alla ribalta grazie al suo libro confessione. In questa pubblicazione sono usciti particolari interessanti circa la lettera ricevuta dall’allora premier socialista da parte della Banca centrale europea. Era il 5 agosto del 2011 e la crisi si stava abbattendo in maniera molto forte sui Piigs, ovvero Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna. In particolare le preoccupazioni maggiori ormai si annidavano verso i due “grandi”.
di Andrea Giuricin
Docente all’Università Milano Bicocca e Ceo di Tra Consulting
Lo Prete Così la politica di Madrid si è vaccinata dal passatismo - Bertone Oggi in Spagna domani in Italia
José Luis Zapatero, premier socialista spagnolo tra il 2004 e il 2011, è tornato alla ribalta grazie al suo libro confessione. In questa pubblicazione sono usciti particolari interessanti circa la lettera ricevuta dall’allora premier socialista da parte della Banca centrale europea. Era il 5 agosto del 2011 e la crisi si stava abbattendo in maniera molto forte sui Piigs, ovvero Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna. In particolare le preoccupazioni maggiori ormai si annidavano verso i due “grandi”. Il 5 agosto 2011, l’Istituto di Francoforte indirizzò dunque una missiva al governo italiano e un’altra a quello di Madrid. La Bce chiedeva alla Spagna di effettuare alcune riforme in modo da “ristabilire la credibilità del paese sui mercati finanziari” e di “prendere le misure atte a ristabilire la sostenibilità del bilancio pubblico e fare le riforme strutturali”. Una lettera che è rimasta segreta e che ritorna ora nel libro confessione di Zapatero. Il governo socialista cercò immediatamente di attuare delle riforme, ma la debolezza dell’esecutivo era troppo forte. Zapatero, poco prima di andare alle elezioni anticipate, decise per esempio di ridurre gli stipendi pubblici tra il 5 e il 10 per cento. Le azioni da intraprendere, secondo la lettera rivelata ora da Zapatero, riguardavano “il funzionamento del mercato del lavoro, la sostenibilità della finanza pubblica e le riforme del mercato produttivo”.
Il mercato del lavoro
La lettera della Bce chiedeva “di adottare delle misure che potessero migliorare il funzionamento del mercato del lavoro con l’obiettivo di raggiungere una riduzione dell’alto livello di disoccupazione”. Il nuovo governo di centrodestra, guidato da Mariano Rajoy, si mise in marcia velocemente, ma alcune decisioni erano già state prese dallo stesso Zapatero. La “riforma della contrattazione collettiva” al fine “di diminuire la possibilità di accordi nei settori industriali che limitino l’applicabilità di accordi a livello aziendale” era già cominciata prima della lettera, con la riforma del 10 giugno del 2011 come la stessa Bce certificò. Un’altra richiesta era “l’eliminazione delle clausole di indicizzazione all’inflazione”. Le misure prese hanno di fatto abrogato o perlomeno svuotato le clausole e al contempo si è creata una maggiore flessibilità contrattuale. Si aumentò dunque la flessibilità del mercato del lavoro e l’indennizzo di licenziamento scese a venti giorni per anno lavorato, come richiesto dalla Bce con queste motivazioni: “L’indennizzo di licenziamento meno elevato avrebbe importanti vantaggi”. Tale riforma venne attuata con coraggio in un momento in cui l’economia era in forte contrazione; di fatti nei primi mesi di attuazione la disoccupazione continuò a crescere, ma negli ultimi mesi questa tendenza si è invertita. Il “sistema lavoro” continua a soffrire forti criticità, ma la riforma dell’indennizzo di licenziamento è stata efficace. Tuttavia, il sussidio di disoccupazione non è legato come in altri paesi a una ricerca attiva del lavoro e dunque molti cittadini si “rassegnano” a ricevere circa l’80 per cento dello stipendio – il livello dipende dal livello di partenza del salario – per due anni. Il sistema di ricollocamento pubblico non funziona e non vi sono incentivi a cercare lavoro. Nella lettera si chiedeva inoltre “di prendere decisioni eccezionali affinché si promuovesse la moderazione salariale nel settore privato, seguendo così la decisione di riduzione dei salari pubblici presi nel 2010”. Il governo Zapatero aveva dunque già preso coraggiose decisioni di abbassare i salari pubblici, cosa non fatta in Italia, e il governo Rajoy è riuscito invece a mantenere una moderazione salariale che di fatto ha dato alla Spagna una maggiore competitività sui mercati mondiali. Non è allora un caso che a dicembre, secondo i dati resi noti ieri, in Spagna si sono registrati 107.570 disoccupati in meno rispetto al mese prima. Lo ha reso noto il ministero del Lavoro iberico in un comunicato precisando che si tratta del maggiore calo registrato in un mese e della seconda maggiore contrazione dall’inizio dell’elaborazione di questa statistica. Nel 2013 il numero dei disoccupati, che ammonta comunque a 4,7 milioni di persone, ha registrato un calo di 146.293 unità. Un primo piccolo passo verso la ripresa. Ieri, anche sulla scorta di questa notizia, lo spread tra Bonos decennali spagnoli e Bund tedeschi è sceso sotto i 200 punti per la prima volta dal maggio 2011.
Stato di attuazione della lettera della Bce sul mercato del lavoro: 80 per cento.
La sostenibilità della finanza pubblica
La Bce chiedeva di “adottare anche delle misure audaci per garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche”. La crisi spagnola è dipesa maggiormente dall’esplosione della bolla immobiliare. Tale bolla era alimentata dalle casse di risparmio, che prestavano anche oltre il 100 per cento ai cittadini e finanziavano gli “imprenditori amici”. Quale era la particolarità di queste casse di risparmio? Erano a gestione pubblica regionale e gli obiettivi di efficienza non erano al centro del business. Per questo motivo le sofferenze del settore bancario sono esplose e praticamente tutte le casse di risparmio sono fallite. Un enorme “buco” che ha trascinato nel baratro l’economia e il settore edilizio. Gli obiettivi di politica fiscale, tra i quali quello di “far calare il deficit al livello del 6 per cento del pil nel 2011” non è stato centrato nemmeno nel 2013. Il governo doveva “adottare delle misure audaci per garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche”, ma la dura crisi economica che ha colpito la Spagna non ha permesso di soddisfare appieno le indicazioni della lettera. “La riduzione della spesa a livello locale” è stata raggiunta ma non da tutte le regioni. I risultati raggiunti non soddisfano pienamente i criteri della lettera anche perché “la trasparenza dei governi regionali” non è ancora così piena. “Le leggi di contenimento della spesa pubblica”, introdotte nella normativa antecedente alla lettera, la quale ricordava infatti che “si accoglie con soddisfazione l’introduzione di una nuova regola della spesa che la limita” non sono poi state così effettive.
Stato di attuazione della lettera della Bce sulla finanza pubblica: 40 per cento.
Le riforme nel mercato produttivo
La lettera chiedeva al governo di “attivarsi affinché facesse le riforme nel mercato produttivo tramite un aumento della competitività del settore energetico con dei prezzi che riflettessero meglio i costi, promuovendo il mercato degli affitti per le abitazioni tramite nuove tipologie di contratto e facendo delle liberalizzazioni nel settore dei servizi”. Il problema del deficit elettrico, legato a tariffe non corrispondenti ai prezzi, è stato affrontato con una modificazione delle tariffe, raggiungendo parzialmente l’obiettivo, mentre non è stato fatto tanto nel mercato degli affitti delle case. Le liberalizzazioni hanno fatto passi in avanti, anche se i servizi erano a un livello di apertura abbastanza elevato. Nel settore ferroviario, ad esempio, il governo aprirà alla concorrenza nell’Alta velocità a inizio del 2014. Grazie alla riduzione del costo del lavoro e l’aumento generalizzato della competitività, la Spagna ha visto un’esplosione del proprio export, tanto che la bilancia commerciale potrebbe raggiungere il pareggio già nel 2014. Un esempio arriva dal mercato dell’auto. Dalle catene di montaggio spagnole sono uscite circa 2 milioni di vetture, contro le poco più di 600 mila di quelle prodotte in Italia. Tale successo è stato raggiunto grazie agli investimenti diretti esteri. La Spagna non ha più un produttore nazionale, dato che Seat è ormai del gruppo Volkswagen.
Stato di attuazione della lettera della Bce sul mercato produttivo: 60 per cento.
Nel complesso si può stimare che le riforme richieste siano state compiute al 60 per cento, grazie principalmente ai passi in avanti fatti nel mercato del lavoro. Non deve allora sorprendere che la Spagna ha registrato la fine della recessione nel terzo trimestre dell’anno, mentre l’Italia ancora non ha visto questa “luce”, ma soprattutto la diminuzione del costo del lavoro e l’aumento della produttività hanno permesso un chiaro miglioramento della competitività del paese. Non tutti i problemi sono stati risolti, ma molte delle riforme richieste della Banca centrale europea presenti nella lettera “svelata” da Zapatero, sono state soddisfatte e ora la Spagna ha più chance di uscire dalla grave crisi che ha affondato l’economia in questo ultimo quinquennio nero.
di Andrea Giuricin
Docente all’Università Milano Bicocca e Ceo di Tra Consulting
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