
I vescovi Usa a Obama: first freedom
Signor presidente, le norme promulgate dalla sua Amministrazione che disciplinano l’Affordable care act (la riforma sanitaria entrata ieri in vigore negli Stati Uniti) minano la libertà religiosa. Sono duri i toni della lettera di fine anno che il neo presidente della Conferenza episcopale americana, monsignor Joseph Kurtz, arcivescovo di Louisville – presentato lo scorso novembre come moderato e più flessibile rispetto al predecessore, il cardinale Timothy Dolan –, ha recapitato a Barack Obama.
Ferraresi Il giudice alle culture war
Signor presidente, le norme promulgate dalla sua Amministrazione che disciplinano l’Affordable care act (la riforma sanitaria entrata ieri in vigore negli Stati Uniti) minano la libertà religiosa. Sono duri i toni della lettera di fine anno che il neo presidente della Conferenza episcopale americana, monsignor Joseph Kurtz, arcivescovo di Louisville – presentato lo scorso novembre come moderato e più flessibile rispetto al predecessore, il cardinale Timothy Dolan –, ha recapitato a Barack Obama. Nel messaggio, che si apre con i rituali auguri e le consuete promesse di preghiere e benedizioni, il successore di Dolan ha chiarito all’inquilino della Casa Bianca che la linea sulla riforma sanitaria continuerà a essere quella di trincea. Niente silenzi né cambiamenti all’agenda: le baionette rimangono ben ancorate ai pulpiti. I regolamenti imposti dal dipartimento della Salute richiedono che le assicurazioni sanitarie includano la copertura dei metodi di sterilizzazione e contraccezione e questo, secondo il capo dei vescovi americani, “penalizza quei datori di lavoro che vorrebbero offrire una copertura sanitaria in accordo con gli insegnamenti della loro fede che affermino il valore della vita”. La situazione è paradossale e assurda, nota Kurtz: “Nel 2014 nessun datore di lavoro sarà tenuto a offrire un piano sanitario ai propri dipendenti. Non dovrà pagare alcuna sanzione per i prossimi dodici mesi, e solo duemila dollari pro capite dal 2015 in poi. Ma se un datore di lavoro decide di fornire un’assicurazione escludendo sterilizzazione e contraccezione, andrà incontro a multe fino a cento dollari al giorno o trentaseimila all’anno”. Sembra quasi, scrive il presule a Obama, che il “governo dica ai dipendenti che per loro è meglio rimanere senza piano sanitario piuttosto che averne uno che non copre i metodi contraccettivi”.
Il risultato, aggiunge il vescovo di Louisville, è che dalla Casa Bianca è uscito un regolamento che penalizza “in modo duro e sproporzionato coloro che cercano di offrire una copertura sanitaria” coerente con i princìpi volti all’affermazione della vita dal naturale concepimento alla fine naturale, secondo gli insegnamenti della propria fede. La questione è dunque ben più grossa della battaglia politica tra liberal e conservatori: di mezzo c’è la libertà religiosa. “La flessibilità dell’Amministrazione nell’attuare l’Affordable care act non si è ancora estesa a coloro che vogliono semplicemente esercitare ciò che giustamente è previsto dal primo emendamento della costituzione”. First freedom, appunto. Ecco perché i vescovi degli Stati Uniti chiedono a Obama di garantire un aiuto temporaneo alle strutture che fanno capo a enti religiosi e alle altre istituzioni no profit non esentate dall’obbligo di includere anche la contraccezione nei loro piani sanitari.
Nella lettera di fine anno, Kurtz mette in chiaro che nulla è cambiato nell’atteggiamento dei vescovi rispetto all’Obamacare. Se la Casa Bianca sperava in una svolta, in un ammorbidimento della linea tenuta negli ultimi anni, dovrà ricredersi. Lo spettro del “conflitto tra stato e chiesa” prospettato qualche anno fa da Dolan rimane attuale. I temi del contendere sono sempre quelli del 2011, che convinsero il vicepresidente Joe Biden a infilare (senza informare lo staff della Casa Bianca) nell’agenda presidenziale un incontro con l’arcivescovo di New York. Obiettivo: cercare un accordo o quantomeno attenuare la tensione tra vescovi e governo federale. Ma, come raccontato dal libro “Double Down” di Mark Halperin e John Heilemann, il risultato per Obama non fu dei migliori: mentre quest’ultimo era “giunto impreparato all’appuntamento” e convinto che il tutto si sarebbe risolto in una rapida rassegna dei numerosi problemi sul tavolo, l’allora numero uno dei vescovi americani sollevò la questione della contraccezione, con tanto di dettagli che “misero nell’angolo Obama”, costringendolo a congedare il porporato con l’auspicio di trovare “una soluzione buona per entrambi”. Speranza vana.
Qualche anno dopo, il presidente dem guarda con attenzione al nuovo Papa, che invita a non parlare sempre di valori non negoziabili. Di Francesco, Obama apprezza l’attenzione che dà ai poveri, tanto da citarne intere frasi nei suoi discorsi. Bene, scrive la National Review Online, ma il presidente “farebbe bene anche a tutelare la libertà religiosa di quanti forniscono servizi sociali vitali in aiuto dei poveri e degli indifesi”.
Ferraresi Il giudice alle culture war


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