Come sopravvivere al Natale in caso di cenone accanto a Beppe Severgnini

Andrea Ballarini

Ci risiamo. Da decenni abbiamo a che fare con questo cataclisma periodico eppure arriviamo sempre impreparati a sedere di fianco a parenti, conoscenti e sconosciuti che durante il resto dell'anno ci guardiamo bene dal frequentare. E a tavola non ce la si può cavare solo con i sorrisi: dopo sei ore potrebbero pensare a un rictus. Ci possono allora venire in soccorso i consigli degli esperti, come l'eccellente articolo di Beppe Severgnini apparso ieri sul Corriere, in cui si spiega come non infognarsi in battute macabre, sdrucciolevoli derive politiche o altri fatali abissi.

    Ci risiamo. Da decenni abbiamo a che fare con questo cataclisma periodico eppure arriviamo sempre impreparati a sedere di fianco a parenti, conoscenti e sconosciuti che durante il resto dell’anno ci guardiamo bene dal frequentare. E a tavola non ce la si può cavare solo con i sorrisi: dopo sei ore potrebbero pensare a un rictus. Ci possono allora venire in soccorso i consigli degli esperti, come l’eccellente articolo di Beppe Severgnini apparso ieri sul Corriere, in cui si spiega come non infognarsi in battute macabre, sdrucciolevoli derive politiche o altri fatali abissi. L’unica manchevolezza di questo tipo di strumenti è che, inevitabilmente, spiegano più cosa non dire che cosa dire.

    Per fortuna ci sono i cari, vecchi luoghi comuni. Ma il luogo comune è una risorsa a patto di saperlo usare. E per far ciò bisogna praticarlo con assiduità. Non si può essere seri, precisi, pertinenti tutto l’anno e poi dei cialtroni solo durante il cenone. Per poterlo sfoderare alla bisogna con l’opportuna nonchalance, il luogo comune va coltivato con amore, giorno per giorno; un esercizio sporadico, rivelerà sempre una certa artificiosità. Provatevi a dire frasi come “poche idee ma confuse”: sembrerete dei rimbambiti. Ormai l’originale “poche idee ma chiare”, non lo dice più nessuno, tutti si sentono in dovere di essere brillanti e preferiscono la variazione; ma se la ripetete vi squalificate da soli.

    Ecco perché è tempo di abbandonare l’empirismo per affrontare l’orgia natalizia con rigore teorico. Il precetto base è la “Regola Barazzuti”, dal nome del grande tennista italiano degli anni Settanta, che ha vinto la coppa Davis senza mai scendere a rete una sola volta. Come il grande Corrado, il conversatore da tavola dovrà quanto più possibile evitare di lanciarsi in avanti proponendo argomenti che potrebbero risultare sgraditi, bensì potrà ributtare di là la palla simulando lievità e arguzia. Facciamo qualche esempio. Qualcuno dice che quest’anno il Natale non l’ha sentito per niente? Si replicherà che senza neve non è Natale, per poi arricchire il modello base aggiungendo sapidamente che, del resto, una festa religiosa che ha come simbolo un vecchio obeso vestito da pirla – per di più inventato dalla Coca-Cola – non meraviglia sia così laicizzata. Un altro dice di aver fatto un albero bellissimo con i bambini? Si confesserà di avere sempre preferito il presepe della nostra tradizione (citare Casa Cupiello), mentre l’albero, che è un roba celtica, è sempre stato un po’ sull’anima. E così via.
    Già, perché, avendo scartato per le ragioni spiegate da Severgnini, quasi tutti i temi di conversazione, non resta che ripiegare sul Natale, dando così la stura a una smagliante antologia di metaconversazione natalizia. A puro scopo esemplificativo, e sperando di contribuire a farvi arrivare vivi all’Epifania, riportiamo di seguito alcuni spunti tratti da una puntata del 2010 della nostra rubrica Manuale di conversazione.

    - Siamo già a Natale. Replica: come passa il tempo, solo ieri era Pasqua.
    - Le pubblicità dei panettoni e dei pandori sono le stesse da anni. Replica: infatti, hanno finito per diventare loro la vera tradizione.
    - Sono spariti gli zampognari. Dolersene.
    - Sono ricomparsi gli zampognari. Rallegrarsene.
    - Chiedere se Babbo Natale e la Befana abbiano una relazione clandestina.
    - Sostenere l’inopportunità di rivelare troppo presto ai bambini che non è Babbo Natale a portare i regali. Replica: convenirne, affinché non diventino stronzi materialisti prima dell’adolescenza.
    - A Natale si dovrebbe essere tutti più buoni, per questo, di solito, si litiga con i famigliari. Replica: le aspettative sono una iattura.
    - Constatare che ci sono due grandi partiti: quelli che aprono i regali alla mezzanotte e quelli che non resistono e scartano subito. Replica: deplorare la minoranza perniciosa che rivela quel che c’è nel pacco.
    - Dopo i pranzi natalizi resta sempre un panettone. Replica: che poi viene intinto nel tè per la settimana seguente. Dirlo in tono sognante, da madeleine proustiana.
    - Riciclare i regali è legittimo, il difficile è sapersi fermare. Replica: il set da parmigiano con il tagliere rotondo diviso in settori è già oltre.
    - Il Natale allora sì che era una festa vera/cominciavo ad aspettarlo quattro mesi prima/i regali mi duravano una settimana ... Bella, ma evitare di cantarla.