Legge 40, la cultura dello scarto

Redazione

Il prossimo 8 aprile è una data cruciale per la legge italiana sulla procreazione assistita, quella legge 40 del 2004 approvata da una maggioranza ampia e trasversale e uscita indenne dal referendum abrogativo del 2005. La Consulta sarà chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità di tre aspetti della normativa: il divieto di fecondazione eterologa (uso di seme e di ovociti di terzi rispetto alla coppia infertile); il divieto di effettuare “qualsiasi ricerca clinica o sperimentale sull'embrione che non risulti finalizzata alla tutela dello stesso”, e quindi lo stesso divieto di diagnosi preimpianto tesa alla selezione eugenetica; il divieto “di revoca del consenso alla procreazione artificiale dopo l'avvenuta fecondazione dell'ovulo”. 

    Il prossimo 8 aprile è una data cruciale per la legge italiana sulla procreazione assistita, quella legge 40 del 2004 approvata da una maggioranza ampia e trasversale e uscita indenne dal referendum abrogativo del 2005. La Consulta sarà chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità di tre aspetti della normativa: il divieto di fecondazione eterologa (uso di seme e di ovociti di terzi rispetto alla coppia infertile); il divieto di effettuare “qualsiasi ricerca clinica o sperimentale sull’embrione che non risulti finalizzata alla tutela dello stesso”, e quindi lo stesso divieto di diagnosi preimpianto tesa alla selezione eugenetica; il divieto “di revoca del consenso alla procreazione artificiale dopo l’avvenuta fecondazione dell’ovulo”. 

    Non sono certo una novità, gli attacchi dei tribunali che hanno cercato (in un caso riuscendoci) di scardinare una legge pensata per conciliare le tecniche di fecondazione artificiale con un’idea non strumentale  dell’embrione, il quale non può essere considerato né materiale da laboratorio né “cosa” da scartare in nome di principi eugenetici o perché nel frattempo si è cambiata idea. Una legge, bisogna aggiungere, che contiene ottimi anticorpi giuridici contro un’idea autoritaria e a sua volta disumanizzante della generazione: il divieto di eterologa tutela il diritto del nascituro ad accedere alle proprie origini e nello stesso tempo impedisce il mercato di gameti, soprattutto femminili, con l’ovvio corollario dello sfruttamento di donne indigenti. Nessuna giovane donna fertile (è lei la perfetta “donatrice”) si sottoporrebbe infatti a invalidanti e invadenti stimolazioni ovariche per offrire i propri ovociti, se non avesse una contropartita economica.

    Queste considerazioni, alla base di una normativa votata da parlamentari di ogni schieramento politico, oggi non sono meno fondate rispetto al 2004. La legge 40 ha dimostrato di funzionare e anche di saper mettere un argine alla fiera delle illusioni che sempre fa da sfondo alle pratiche di fecondazione artificiale (basta farsi un giro sui blog dove ci si scambiano informazioni sulle esperienze nei centri esteri, anche quelli dove tutto si può fare e il bambino comunque non arriva). Ma una serie di giudici – sollecitati soprattutto da coppie non sterili ma nelle quali uno o entrambi i componenti hanno una predisposizione a malattie genetiche, e che chiedono la diagnosi preimpianto in nome del “diritto a un figlio sano” –  ha ravvisato negli aspetti della legge rinviati alla Consulta altrettante violazioni del principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini. In passato, il destino di quei ricorsi è stato altalenante. In nove anni, si è ottenuta solo l’abolizione, stabilita nel 2009 dalla Consulta, del limite di tre embrioni “da trasferire con un unico impianto”. Ancora nel 2012, la Corte ha esaminato il divieto di fecondazione eterologa ma ha restituito gli atti ai tribunali, chiedendo loro di tener conto del fatto che la Corte di Strasburgo, nel 2011, non aveva visto in quel divieto nessuna violazione di diritti umani fondamentali.

    Vedremo in aprile se la legge 40 sopravviverà – e con essa, un altro pezzo della periclitante “eccezione italiana” – alla nuova raffica di ricorsi, o se uscirà del tutto svuotata. In altri momenti, non sono mancate l’attenzione e la mobilitazione  del mondo cattolico – ora piuttosto distratto – e dei suoi alleati laici nella battaglia contro la disumanizzazione della generazione umana. La cosa certa è che gli affossatori della legge per via tribunalizia non si arrenderanno. Rimane da capire – lo chiediamo con sincera curiosità ai nemici della legge 40, i quali al 99 per cento coincidono con i nemici di Stamina – perché i giudici che autorizzano il metodo Vannoni (più di centocinquanta sentenze) invadono un campo non loro e quelli (circa una decina) che attaccano la legge 40 sono nel giusto.