
Chissenefrega del San Lorenzo
Dai, contatele. Uno, due, tre, quattro (ciao Beppe). Quattro squadre inglesi agli ottavi di Champions League. Quasi nessuna con il patema, a parte – per qualche minuto – l'Arsenal (ma dei Gunners parliamo dopo). Adesso che non è più allenato da Mancini, il City rischia addirittura di combinare qualcosa in Champions. Di sicuro lo ha fatto in Premier. Intanto arrivano notizie confuse dai campionati di calcio minori. Scopro infatti quasi per caso che in Uruguay domenica si giocava l'ultimo turno del campionato. Laggiù hanno un sistema al cui confronto la Scottish League è una cosa seria. E il Barcellona nel giro di un paio d'anni è passato dal giammai-uno-sponsor-aziendale-sulla-maglia! alla moltiplicazione delle patacche in ogni dove.
Liverpool. Dai, contatele. Uno, due, tre, quattro (ciao Beppe). Quattro squadre inglesi agli ottavi di Champions League. Quasi nessuna con il patema, a parte – per qualche minuto – l’Arsenal (ma dei Gunners parliamo dopo). Il calcio inglese si era preso una pausa lo scorso anno, quando la Premier sembrava meno affascinante e le compagini di Sua Maestà faticavano in Europa (tranne il Chelsea che si è comunque portato a casa l’Europa League). L’anno sabbatico ci ha fatto bene, e il prossimo turno di Champions si annuncia più gustoso di una cena a sbafo di Blatter: il Manchester City eliminerà i pagliacci stanchi del Barcellona, l’Arsenal ricorderà ai tedeschi del Bayern che sono campioni d’Europa in carica per una svista, lo United rimanderà in crisi i greci e il Chelsea farà fare a Mancini la cosa che gli riesce meglio: uscire dalla Champions. Cerco con gli occhi le italiane, e devo accontentarmi di una sola squadra che in patria lotta per non retrocedere e in Europa sembra allenata da Trapattoni, tutti in difesa e forse là davanti qualcuno prima o poi la butta dentro. I milanisti beccano l’Atletico Madrid, e volendo fare giustamente gli sbruffoni cadono nel luogo comune di dire che la squadra allenata da Simeone è forte “ma noi tanto siamo abituati a Barcellona e Real”. Le parole con cui verrà inchiodata la bara – sportiva – di Allegri.
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Six pears. Adesso che non è più allenato da Mancini, il City rischia addirittura di combinare qualcosa in Champions. Di sicuro lo ha fatto in Premier, facendo rivestire all’Arsenal i panni dell’Arsenal, la squadra che da una quindicina d’anni ci ha abituati a fare cilecca proprio quando la situazione si fa calda. Six pears a three sono tante, soprattutto per come sono maturate, ma chi di voi ha visto la partita di sabato tra Citizens e Gunners ammetterà che si è visto più football in quei novantasei minuti che in tre anni di serie A. Il Liverpool si fa sotto e accorcia sull’Arsenal spaventato. I Reds ormai se non danno almeno quattro sberle agli avversari non sono contenti: al Tottenham ne hanno rifilati cinque, e a ogni pallone che entrava in rete un bullone della panchina di Villas-Boas si svitava.
Burinho. L’esonero di André Villas-Boas è arrivato così, prevedibile come una protesta studentesca d’autunno e ormai certezza ineluttabile della vita, come la morte e le tasse. Doveva essere il nuovo Mourinho, è diventato un Burinho di periferia, allenatore-amuleto che viene ingaggiato soltanto per essere poi esonerato, cosa che notoriamente porta bene. Con il Tottenham si è ritrovato un Gareth Bale di meno ma con cento milioni di euro in più, investiti con un fiuto degli affari che ricorda quello dei momenti più esilaranti di Massimo Moratti. Lamela è soltanto l’esempio più ovvio, e l’interessamento dell’Inter non è un caso. Ma dove non ha potuto la società ci ha pensato l’allenatore: Villas-Boas non solo non è riuscito a far giocare la ciurma degli ultrastipendiati con un minimo di produttività, ma ha perso completamente per strada la prerogativa difensiva che doveva farlo assomigliare almeno un po’ all’allenatore di Setubal. Niente. Il Liverpool sarà pure in forma strepitosa e con un Suárez che segna anche dagli spogliatoi, ma qui si esagera. Naturale che il portoghese ingrossi la schiera degli esonerati, composta peraltro anche da Gianfranco Zola, che ha lasciato il Watford di Giampaolo Pozzo, presidente anche insidiato sul fronte casalingo dalle minacce di Guidolin di lasciare dopo la sconfitta con il Torino. Si prospetta un fantamercato perfetto, con Zola a Udine e Guidolin in Inghilterra. E Villas-Boas? Secondo me Thohir un pensierino ce lo sta facendo.
La fidanzata di Kieran Richardson (Fulham), Natalie Suliman, non patisce il freddo e vi augura buon Natale
Altri sport. Arrivano notizie confuse dai campionati di calcio minori. Scopro infatti quasi per caso che in Uruguay domenica si giocava l’ultimo turno del campionato. Laggiù hanno un sistema al cui confronto la Scottish League è una cosa seria. Due tornei, apertura e clausura, al termine dei quali si scontrano le due vincenti: un regolamento mutuato dalle sfide tra classi alle superiori, quando la mancanza di materia prima faceva scontrare più volte le stesse squadre. Pare che in un finale scoppiettante il Danubio abbia vinto il titolo superando in un colpo solo – grazie a un gol sul finale di un giocatore dal nome chiaramente fittizio, Pablo Lima – il River e il Nacional, fermate da un pareggio e una sconfitta. Notizia significativa almeno quanto la vittoria del San Lorenzo in Argentina, da me saputa leggendo i giornali italiani: nella gara a chi serve di più messa al Papa, i giornalisti sono diventati improvvisamente tutti esperti di calcio argentino, con retroscena sull’esultanza di Bergoglio nei sacri palazzi talmente finti che sembravano scritti da Scalfari.
Il calciatore colombiano Falcao (Monaco) si allena anche in spiaggia. Il pallone lo porta la sua fidanzata Natalia Velez
Tamburello a chi? Vado in brodo di giuggiole quando l’ufficio stampa di un’azienda o di una categoria scrive a questo giornale per smentire ca-te-go-ri-ca-men-te il contenuto offensivo di un articolo di Maurizio Milani. E’ un estasi quando minacciano il ricorso alle vie legali. Ho provato sensazioni simili quando ho letto il comunicato della Federtamburello contro Antonio Conte, che si è incresciosamente macchiato di “hate speech” con un inverecondo paragone fra i due sport. Ineffabile il passaggio in cui si cerca di spiegare il fascino del tamburello con le reazioni degli spettatori alle finali italiane: “Testimoniano il coinvolgimento del pubblico presente che con ola, canti e balli ha apprezzato e sottolineato qualità e capacità tecniche (prontezza di riflessi, destrezza, rapidità di movimenti, acrobazia e velocità per citarne alcune) degli atleti tamburellisti e dimostrano quanto appassionante, coinvolgente, entusiasmante sia anche la specialità del tamburello indoor”. Da quando ho letto queste parole il tamburello indoor mi tormenta nel sonno, come mi giro vedo tamburellisti indoor alla fermata dell’autobus, nei negozi, nei bar, e dietro di loro Conte che li ingiuria pesantemente con occhi velati da preconcetti. Loro certamente potranno chiedere aiuto a Damiano Tommasi, che prima di diventare calciatore e moralizzatore del calcio è stato un fiero tamburellista.
Come Maometto. In Svizzera un giudice ha vietato a un disegnatore danese di pubblicare alcune vignette satiriche su Blatter. Ci pensa Vincino.
Marchette. E così il Barcellona nel giro di un paio d’anni è passato dal giammai-uno-sponsor-aziendale-sulla-maglia! alla moltiplicazione delle patacche in ogni dove. L’eccezione per l’Unicef era la solita esibizione di umanitarismo peloso che in realtà serviva ad aprire le porte del Qatar e di chissà cosa ancora. Ed eccoci così all’ultima invenzione degli ex puristi della maglia pulita, non lordata dalla pecunia puzzolente, lo sponsor sottomaglia di Intel Inside. Costa decine di milioni di euro e non si vede, bisogna alzare la maglietta dopo un gol per avere la scritta in favore di telecamera, e i giocatori non sono tenuti a fare niente di tutto ciò, anche se poi Intel spera che lo spirito della marchetta vinca ogni cosa.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
