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La Suprema Corte ammazza il Porcellum e delegittima così il Parlamento delle larghe intese
La notizia precipita sul Parlamento sonnacchioso e nelle stanze dei partiti in tutt’altro indaffarati. Precipita con le parvenze di una sventola, “uno schiaffone dei poteri parrucconi”, sintetizza a suo modo Renato Brunetta, il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio. La Suprema Corte ha stabilito l’incostituzionalità della legge elettorale soprannominata, dal suo estensore Roberto Calderoli, “una porcata”: è incostituzionale il premio di maggioranza e sono incostituzionali le liste bloccate, dunque per sette anni – il Porcellum fu approvato nel 2006 – il sistema istituzionale d’Italia ha fatto dipendere i suoi equilibri di potere da una legge fuori dalle sue regole fondative.
La notizia precipita sul Parlamento sonnacchioso e nelle stanze dei partiti in tutt’altro indaffarati. Precipita con le parvenze di una sventola, “uno schiaffone dei poteri parrucconi”, sintetizza a suo modo Renato Brunetta, il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio. La Suprema Corte ha stabilito l’incostituzionalità della legge elettorale soprannominata, dal suo estensore Roberto Calderoli, “una porcata”: è incostituzionale il premio di maggioranza e sono incostituzionali le liste bloccate, dunque per sette anni – il Porcellum fu approvato nel 2006 – il sistema istituzionale d’Italia ha fatto dipendere i suoi equilibri di potere da una legge fuori dalle sue regole fondative. L’effetto giuridico della decisione della Suprema Corte è che, dal momento in cui la sentenza sarà depositata, l’Italia sarà regolata da un sistema proporzionale puro con preferenze. Improbabili gli effetti sulla convalida delle ultime elezioni di febbraio, il Parlamento avrà il tempo di ratificare anche l’elezione dei senatori a vita (ieri sottoposti all’attacco di Forza Italia che ne ha chiesto la sospensione della nomina), prima che la Corte costituzionale depositi la sentenza. Ma adesso la politica, superata in velocità dalla Consulta, dovrà attrezzarsi a riscrivere il sistema elettorale. Luciano Violante, già membro della commissione di saggi voluti dal Quirinale, torna a proporre il sistema che nei mesi scorsi sembrava aver messo d’accordo le inclinazioni più o meno occulte di Giorgio Napolitano, del Pd (Matteo Renzi compreso) e persino dell’area berlusconiana: doppio turno con un cospicuo premio di maggioranza da assegnare alla coalizione che raggiunga almeno il 40 per cento dei consensi. Ma chissà. La sentenza, ieri sera, ha alimentato sospetti e retropensieri sul ruolo di Napolitano: quanto e come è intervenuto il presidente della Repubblica sulla Consulta? Silvio Berlusconi si è prima rabbuiato, poi forse ha capito meglio, avrà ricordato la sua antica passione proporzionalista (propose il sistema proporzionale già dopo la vittoria napoleonica del 1994) e ha detto: “Non mi esprimo”. Gli effetti di delegittimazione sul Parlamento già si avvertono, malgrado la quieta esultanza dell’ala ministeriale (“è un’ottima decisione”, dice Angelino Alfano). Spiega Arturo Parisi: “E’ una sentenza politica. Conferma che un Parlamento eletto in base a una legge illegittima è anch’esso illegittimo, e coinvolge nella sua illegittimità tutte le cariche che da esso derivano”. E Mario Segni sottolinea l’incongruenza della Corte rispetto alla sua bocciatura del referendum per reintrodurre il Mattarellum. Così in Forza Italia s’intuiscono nuovi spazi di manovra.
“Una volta scritta la riforma, l’unica decisione che può essere presa dal capo dello stato è il voto anticipato”, dice Mariastella Gelmini, il vicecapogruppo. L’11 dicembre si voterà, come previsto, la fiducia al governo e ambienti vicini al presidente del Consiglio Enrico Letta commentano così: “Le elezioni sono più lontane. Né Grillo né Renzi voterebbero col proporzionale puro e le preferenze”. Ma forse Berlusconi sì. Tra i lettiani del Pd, e tra gli uomini di Alfano, s’indovina un’intenzione flemmatica, come se non ci fosse gran fretta d’intervenire, come se il proporzionale puro fosse una garanzia di stabilità. In Senato, la commissione Affari costituzionali ha stabilito per il 31 gennaio la creazione di un comitato ristretto per la riscrittura della legge (con il Pd che si è spaccato, i renziani erano contrari). Il capogruppo del Pd, Luigi Zanda, spiega che si dovranno attendere le motivazioni della sentenza e potrebbero volerci mesi: “Solo allora avremo indicazioni precise per individuare la strada della nuova legge”. “E’ una vittoria per tutti i cittadini”, esulta l’avvocato Aldo Bozzi, primo firmatario del ricorso accolto dalla Corte costituzionale e nipote omonimo dell’ex ministro e senatore liberale che nel 1985 guidò la prima commissione parlamentare incaricata di elaborare un progetto di revisione della parte seconda della Costituzione. “Una vendetta postuma”, sorride Bozzi nipote.


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