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Che succede se il premio di maggioranza diventa incostituzionale?
La Corte costituzionale ha oggi bocciato il porcellum, definendolo incostituzionale in due punti: il premio di maggioranza che presterebbe a esiti distorsivi sproporzionati e irragionevoli, in considerazione del fatto che non è stata identificata una soglia minima al raggiungimento della quale esso scatti e l'esclusione del voto di preferenza (o liste bloccate).
La Corte costituzionale ha oggi bocciato il porcellum, definendolo incostituzionale in due punti: il premio di maggioranza che presterebbe a esiti distorsivi sproporzionati e irragionevoli, in considerazione del fatto che non è stata identificata una soglia minima al raggiungimento della quale esso scatti e l'esclusione del voto di preferenza (o liste bloccate).
Come anticipato dal Foglio, che il 29 novembre aveva pubblicato un documento dell'onorevole Renato Brunetta sugli scenari e le soluzioni praticabili qualora la Consulta avesse decretato come incostituzionale l'attuale Legge elettorale, limitandoci al premio di maggioranza, le alternative sono ben cinque:
a) la prima potrebbe essere un annullamento puro e semplice della disciplina del premio, lasciando che ne residui un sistema elettorale di stampo puramente proporzionale, completamente diverso da quello voluto dal legislatore;
b) la seconda soluzione, viceversa, potrebbe consistere nell’annullamento dell’intera legge, assumendo che il premio costituisca elemento qualificante dell’intera disciplina, cosicché, a seguito della declaratoria d’incostituzionalità, si debba considerare compromesso l’intero equilibrio su cui era costruita la legge. La conseguenza sarebbe dunque la creazione di un vuoto normativo, con l’ulteriore problema di valutare o meno l’applicabilità a tale caso della giurisprudenza in materia di referendum sulle leggi costituzionalmente necessarie;
c) la terza soluzione potrebbe essere quella di assumere una sentenza declaratoria di illegittimità accertata, ma non dichiarata o di una declaratoria di illegittimità limitata al principio, ma priva di ricaduta operativa;
d) la quarta soluzione potrebbe essere quella per cui sia la Corte stessa a stabilire la soglia minima ragionevole a partire dalla quale far scattare il premio;
e) la quinta soluzione potrebbe essere di annullare l’intera legge elettorale, ma assumendo come conseguenza la reviviscenza del precedente, cioè “Mattarellum”.
Ognuna di queste soluzioni presenta problemi ed è difficile dire come la Corte si orienterebbe qualora volesse accogliere nel merito la questione.
Per quel che riguarda invece l'impatto della decisione della Consulta sull'attuale legislatura, le giunte chiamate alla convalida delle elezioni del febbraio 2013 (elezioni che devono essere ancora tecnicamente convalidate) non potranno non tenere conto della decisione odierna della Consulta. Tre sono quindi gli scenari percorribili:
a) nel caso in cui la Corte costituzionale proceda a un annullamento totale della legge (o anche alla reviviscenza della legge Mattarella) non si potrebbe convalidare nessuna elezione e l’esito sarebbe il necessario scioglimento nel giro di qualche settimana, magari con una legge elettorale tampone approvata con decreto-legge del tutto eccezionalmente e limitata a colmare i vizi di incostituzionalità del Porcellum;
b) nel caso di annullamento del solo premio di maggioranza bisognerebbe, invece, ricalcolare proporzionalmente i seggi e assegnarli ai partiti a cui sono stati sottratti per attribuirli alla coalizione che ha vinto il premio ormai illegittimo. La nuova ripartizione dei seggi produrrebbe evidentemente un terremoto nei rapporti di forza parlamentari;
c) nel caso in cui la Corte accertasse l’incostituzionalità, ma non la dichiarasse ovvero decidesse di circoscrivere gli effetti temporali della propria pronunzia alle prossime elezioni, salvando la legislatura attuale, non vi sarebbero effetti giuridici, ma è evidente che una tale soluzione (già molto impegnativa per la Corte) produrrebbe comunque una gravissima delegittimazione politica non solo del Parlamento nel suo complesso, ma anche dei rapporti numerici all’interno della maggioranza di governo e tra questa rispetto all’opposizione.


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