
La P3, un parolone
Alla fine la terribile P3, che cercava di “condizionare gli organi costituzionali dello stato” e addirittura puntava a “mettere le mani” sul business dell’eolico e delle bonifiche in Sardegna (a che altro dovrebbe puntare, una lobby d’affari, per quanto meno potente della Trilateral?), ha trovato il suo rinvio a giudizio. Flavio Carboni, l’ex governatore dell’isola Ugo Cappellacci e altre quattordici persone coinvolte in un pulviscolo di reati, dall’associazione a delinquere al finanziamento illecito, fino alla violazione della legge Anselmi sulle società segrete.
Alla fine la terribile P3, che cercava di “condizionare gli organi costituzionali dello stato” e addirittura puntava a “mettere le mani” sul business dell’eolico e delle bonifiche in Sardegna (a che altro dovrebbe puntare, una lobby d’affari, per quanto meno potente della Trilateral?), ha trovato il suo rinvio a giudizio. Flavio Carboni, l’ex governatore dell’isola Ugo Cappellacci e altre quattordici persone coinvolte in un pulviscolo di reati, dall’associazione a delinquere al finanziamento illecito, fino alla violazione della legge Anselmi sulle società segrete. E forse qui, in attesa di processi e sentenze, bisognerebbe fermarsi a riflettere, a guardare con calma e disincanto non solo le parole del rinvio a giudizio, ma soprattutto quelle dei media. Il presunto gigantesco “scandalo” detto P3 è scoppiato nel 2010 e ci ha tenuto compagnia, con polveroni che sembravano tornado dell’Illinois, per un’intera estate. Quando politicamente serviva, poi s’è acquietato. Ora si arriva al dunque, ci spiegheranno la ciccia, si spera. Ma resta che in queste inchieste dai soprannomi monstre la legge Anselmi è più che altro una questione di onomastica. Come i faccendieri, che se ne conoscono i nomi solo se sono di Craxi e Andreotti, o del Cav., qui conta, o basta, che nel giro ci sia Carboni, uomo d’affari abbastanza comune, e buon amico di Carlo Caracciolo, nonché sodali e conoscenti, fino ai sei gradi di separazione, dei Verdini, dei Dell’Utri. E’ questo che configura il reato mediatico; il resto, ha l’aria di essere lobbismo, tentativo di fare affari come si fanno in un paese colloidale, in cui brasseur d’affair d’ogni rango cercano di lavorare con tutti, trasversalmente. Se in questo giro ci saranno prove penali, si vedrà. Ma scomodare la legge Anselmi, andiamo.


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