In Norvegia la sharia arriva in tv: no alla croce cristiana, sì al Ramadan

Giulio Meotti

La Nrk, la televisione pubblica norvegese, si pregia di essere un “grande contenitore multiculturale”, un “simbolo di inclusione” nel paese tramortito dal massacro di Anders Breivik sull’isola di Utoya. L’emittente ha iniziato perfino a trasmettere ogni anno in diretta la preghiera islamica dell’Eid, a chiusura del Ramadan, dal centro islamico di Oslo. E’ successo a seguito della decisione della direzione della tv di abolire il “monopolio cristiano” delle festività e aprire ad altre fedi.

    La Nrk, la televisione pubblica norvegese, si pregia di essere un “grande contenitore multiculturale”, un “simbolo di inclusione” nel paese tramortito dal massacro di Anders Breivik sull’isola di Utoya. L’emittente ha iniziato perfino a trasmettere ogni anno in diretta la preghiera islamica dell’Eid, a chiusura del Ramadan, dal centro islamico di Oslo. E’ successo a seguito della decisione della direzione della tv di abolire il “monopolio cristiano” delle festività e aprire ad altre fedi. Ma la Nrk stavolta è andata forse troppo oltre perfino per i suoi standard ecumenici. E’ successo che il magnifico décolleté di Siv Kristin Saellmann, uno dei volti più noti della rete Nrk, è stato “decristianizzato”.

    Nelle scorse settimane la giornalista era stata censurata per aver indossato una catenina d’oro con un piccolo crocifisso di neppure due centimetri. Il direttore della rete, Anders Sårheim, le aveva comunicato il “rimprovero” dell’emittente, dopo che migliaia di utenti musulmani e secolaristi avevano protestato per tanta esibizione di cristianità. L’accusa? “Offende l’islam e non garantisce l’imparzialità della televisione pubblica”. Saellmann aveva replicato che non dovevano sorgere problemi nell’esibizione di quel semplice monile, visto che ai soldati norvegesi di origini straniere e ad altri ufficiali pubblici viene consentito di indossare il turbante o l’hijab musulmano. Senza considerare la decisione di consentire il “burkini”, il costume da bagno delle donne musulmane, nelle piscine statali di Oslo.

    Su Facebook è partita una campagna a difesa della giornalista, dal titolo “Sì alla croce, quando e dove voglio”, che ha raccolto già 110 mila like. “Non ho mai pensato che questa croce, lunga non più di un centimetro e mezzo e che mi era stata regalata da mio marito durante una recente vacanza a Dubai come semplice gioiello, potesse causare tanto clamore”, ha detto la conduttrice. “Non ho indossato la croce per provocare. Sono cristiana ma finora ho visto croci un po’ ovunque, anche come oggetti di moda, e non credo che la gente reagisca per questo”. I critici della Nrk fanno notare che l’emittente dipende direttamente dal ministero della Cultura, che da un anno è guidato da una musulmana, Hadia Tajik, la prima fedele di Allah a servire in un esecutivo di Oslo. Alla fine la tv pubblica norvegese ha vietato alla conduttrice del suo telegiornale di presentarsi in trasmissione con quella croce. Pena, il licenziamento.

    Nel 2006 una nota giornalista della Bbc, Fiona Bruce, era stata “esaminata” dai suoi dirigenti perché anche lei indossava un pendente a forma di croce. I vertici della televisione pubblica inglese avevano poi deciso che la giornalista poteva continuare a indossarla. L’opinionista norvegese Sven Egil Omdal ha scritto che il divieto contro Saellmann è sproporzionato: “E’ come usare un cannone per sparare a un passero”. Eppure nella placida Scandinavia, e sempre più ovunque in Europa, la flebile croce scompare e lascia spazio all’orgogliosa mezzaluna.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.