Consigli alla Oriana di Rai3 per estendere il metodo Gabanelli

Redazione

Racconterò qui come si è accesa una lampadina nella mia testa, tale e quale ad Archimede Pitagorico. Non mi frutterà il Nobel, temo. Ma potrebbe rivelarsi l’idea che, applicata come si deve dalla promettente Milena Gabanelli, potrebbe farla assurgere ai livelli del Pulitzer, quando era una cosa seria. Alle altezze di Oriana Fallaci. Non per il ritmo e la qualità di scrittura: lì occorrerebbe talento, e quello finora è molto nascosto. Ma per la capacità di denudare i potenti, metterli moralmente in mutande. Forza Gabanelli, non avere più il braccino corto.

di Renato Brunetta

    Racconterò qui come si è accesa una lampadina nella mia testa, tale e quale ad Archimede Pitagorico. Non mi frutterà il Nobel, temo. Ma potrebbe rivelarsi l’idea che, applicata come si deve dalla promettente Milena Gabanelli, potrebbe farla assurgere ai livelli del Pulitzer, quando era una cosa seria. Alle altezze di Oriana Fallaci. Non per il ritmo e la qualità di scrittura: lì occorrerebbe talento, e quello finora è molto nascosto. Ma per la capacità di denudare i potenti, metterli moralmente in mutande. Forza Gabanelli, non avere più il braccino corto. Punta in alto, gioca a ribaltare il mondo, a sgonfiare il potere vero, inseguendo i padroni del vapore, non i poveretti che al massimo noleggiano il vaporetto.

    Venerdì scorso ho ricevuto una telefonata da Ravello. “C’è qui gente di Rai3, sono di ‘Report’, fanno domande, filmano. Chiedono notizie di te e della tua casa”. Passa un giorno. Altra telefonata, stavolta dalle Cinque Terre. Contenuto identico. A questo punto ho offerto alla papessa Milena di alzare un calice di Prosecco nella mia dimora di Venezia. Sono consapevole che Ravello, Cinque Terre e Venezia presentano altre bellezze paesaggistiche e architettoniche, e allora perché sono le mie dimore a essere prescelte? Lei mi ha risposto, per stretto giro di agenzia: semplice curiosità democratica, si abitui, gli uomini pubblici devono rendere conto di sé.

    Abituato lo sono diventato per forza. Ho trovato gente di un’altra trasmissione nel cortile di casa a Roma. E poi non ho nulla da nascondere. Sono a favore della trasparenza della Rai, ma anche della mia. Par condicio, reciprocità, anche se io non ho la potenza comunicativa di un qualsivoglia conduttore della televisione. Che mi investighi pure, la sciura Milena. Dispiegherò atti di proprietà, denunce dei redditi, eccetera. Poi ho pensato: accidenti, questi dati li ho già depositati come da legge alla Camera. E allora perché?

    Ecco quello che chiederei davanti al vino che non mente alla compagna Milena, mito dei giovani reporter delle scuole di giornalismo. Sono forse in testa, per via dell’ordine alfabetico, a qualche elenco di probabili evasori fiscali, di sospetti ristrutturatori abusivi o di arricchiti con dubbi mezzi? Ci sono procure che hanno soffiato qualcosa sul mio conto, o veline dei servizi, o maldicenze di vicini di casa infastiditi dal mio tagliaerba? O semplicemente figuro nel catalogo dei perturbatori considerati eversori della quieta divisione dei pascoli in Rai? Direi l’ultima che ho detto. E allora tutto quadra. Sono l’unico, a parte forse il grillino Fico, a rompere le scatole alla dirigenza e alle star dei Canaloni Pubblici.
    Che sia diventato lo sperimentatore gabanelliano del “trattamento Brunetta”? Che consiste nell’inseguire il rompiscatole che fa domande odiose sui contratti di lorsignori del Rai-system, perché stiano buoni, secondo il presupposto che tutti sono ricattabili, basta gettare la rete a strascico nella vita di una persona.

    Sarei, se il colpo riuscisse, un monito perfetto. Inoltre sono il classico target dei cacciatori di scalpi italiani: uomo di potere sì, ma medio. E per questo inseguito specularmente dall’inquisitrice demi-vierge. Secondo lo schema classico che fa piccolo e in fondo irrilevante il giornalismo italiano nel mondo, salvo la Oriana Fallaci. Nel mondo, ho detto, ma alla fine anche in Italia dove a essere morsi ai polpacci dai famosi cani da guardia del popolo sono, a scorrere gli articoli di Enzo Biagi e anche di Indro Montanelli, al massimo Pietro Longo, Luigi Nicolazzi e Flaminio Piccoli. Uno direbbe: sbagliato. Berlusconi ha avuto contro tutti. Appunto: Berlusconi dimostra vieppiù la mediocrità dei nostri mostri del giornalismo. Prima lo osannò anche il partigiano Giorgio Bocca, anche quella simpatica vipera della Natalia Aspesi. Quando è entrato in politica si è trovato contro l’asse d’acciaio del potere vero: magistratura, Fiat, De Benedetti, la finanza e le banche. La macchina anfibia multipla di magistratura, media, finanza padrona dei media non è che gli ha morso i polpacci, ci avrebbe fatto la firma. Ovvio. Alla fine, diciamolo, Berlusconi non c’entra con il mondo degli gnomi di Zurigo e di Wall Street e neanche coi salotti dai bei pullover di cachemire di Milano, Roma e Torino. Avete mai visto un articolo di Biagi o Montanelli severo contro Agnelli o De Benedetti o Cuccia o Bazoli? Io non ne ricordo.
    E così eccomi osservato privilegiato come esemplare della razza padrona dalla Gabanelli.

    Ho depositato una interrogazione in commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai. Un po’ lunghetta, sono 2.132 parole. Cita leggi italiane, risoluzioni del Consiglio d’Europa, contratto del servizio pubblico. Ve la risparmio. Ne fornisco ora breve sintesi vagamente romanzata. Ma il vero scopo lo dirò poi, ed è sinceramente pigmalionico, forse addirittura socratico, nel senso della maieutica: onde istruire sommessamente Milena Gabanelli a partorire il proprio genio nella sua pienezza.

    Un bel consiglio dal Consiglio d’Europa
    La premessa. Gli uomini pubblici devono essere trasparenti fino in fondo. Tutti. Ho scovato una recente risoluzione dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (n. 1943/2013) approvata il 26 giugno 2013. Tenuta nascosta. Poi si capisce perché. Infatti, in vista della lotta alla corruzione, si impone ai 47 stati membri di “garantire il massimo di trasparenza nella vita politica, amministrativa ed economica” (8.3) “adottando e generalizzando la pratica di disposizioni rigorose relative a dichiarazioni di patrimoni, di redditi e d’interessi finanziari o simili da parte dei membri del Parlamento e del governo, dei dirigenti di partiti politici e di movimenti politici, oltre che dei funzionari pubblici e dei giudici e dei procuratori” (8.3.4.). Con ciò ci sono dentro anche – per esempio – Grillo, ma anche i funzionari pubblici e l’intero ordine giudiziario. Tutti con il dovere della assoluta trasparenza patrimoniale e finanziaria, e dunque sono campo di possibili inchieste giornalistiche che non violino la privacy di costoro.

    E allora chiedo: perché solo io questo privilegio di poter dimostrare la mia lucentezza di cristallo Swarovski? Infatti si dà il caso che la Gabanelli proponga una trasmissione del servizio pubblico che ha il dovere di mettere in pratica – carta canta – “principi di indipendenza, obiettività, pluralismo e completezza”.

    Cosa vuol dire? Non può esserci nemmeno l’ombra del sospetto che esista un “metodo Brunetta” e mi si pratichi da vivo l’autopsia perché ho le seguenti caratteristiche: l’unico che contesta lo star system della Rai, e ha dimostrato l’offesa alla par condicio specie di Rai3; inoltre non appartengo a massonerie, lobby. Insomma sono una taglia piccola tra la selvaggina circolante. Il servizio pubblico appronti allora un piano editoriale, spieghi che intende verificare i dati del denaro e degli immobili dei primi cento secondo il protocollo della presidenza della Repubblica. Più i grandi banchieri, i pm più famosi, gli editori. Con chiarezza, senza il dubbio che la discrezionalità della simpatia o dell’antipatia santifichi o colpisca questo o quello, ignorando il tal altro.

    Il catalogo che offro a Madamina Milena potrebbe essere questo.
    Per eliminare dubbi sul conflitto di interessi, cominciare in casa propria. Dunque: Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, presidente e direttore generale della Rai; il relativo cda coi consiglieri Gherardo Colombo,  Rodolfo De Laurentiis, Antonio Pilati, Marco Pinto, Guglielmo Rositani, Benedetta Tobagi, Luisa Todini, Antonio Verro. Passando poi al Corriere della Sera, in primis Ferruccio de Bortoli. E poi il padrone vero Giovanni Bazoli, anche se non figura, e Paolo Mieli che ne è il nume. Quindi il presidente Angelo Provasoli, il vice Roland Berger, l’ad Pietro Scott Jovane, e i consiglieri Fulvio Conti, Luca Garavoglia, Piergaetano Marchetti, Carlo Pesenti, Laura Carla Maria Mengoni. Le seguenti autorità repubblicane: il capo dello stato Napolitano, il presidente della Camera Boldrini, quello del Senato Grasso con le sue belle proprietà siciliane, il presidente della Corte costituzionale Silvestri, il presidente della Corte dei Conti Squitieri, il primo presidente e il consiglio direttivo della Suprema corte di cassazione: Giorgio Santacroce, Gianfranco Ciani, Francesco Felicetti, Gennaro Marasca, Gabriella Coletti, Adelaide Amendola, Pasquale D’Ascola, Irene Tricomi, Immacolata Zeno, Guido Alpa, Carlo Vermiglio, Mario Nuzzo, Giulio Vesperini. Il vice del Csm Vietti.  I procuratori capo di Roma Pignatone, di Milano Bruti Liberati, e quelli di Napoli, Palermo Venezia, Firenze. I presidenti di tutte le authority a partire da quello dell’Agcom Cardani, tutti i membri della commissione di Vigilanza Rai, a cominciare dal suo presidente Fico (a me ci avete già pensato). E così via, di istituzione in istituzione. I presidenti delle giunte e dei consigli di venti regioni. I grandi editori i cui conduttori esaminano al microscopio il prossimo. Fedele Confalonieri, Umberto Cairo, James Murdoch. 

    Ed ecco, superando l’idea dell’elenco, la mia idea portata al grado assoluto di perfezione giuridica. Vista la sacralità del giornalismo, il suo voler coprire con un manto il mondo intero, rivoltandone i calzini, il pensiero va ai maestri del ramo. I procuratori! Tutto questo va tutelato costituzionalmente. Come esiste l’obbligatorietà dell’azione penale per i pm, così deve esistere l’obbligatorietà dell’inchiesta patrimoniale del servizio pubblico che vi si dedica. Se due posizioni alla volta fossero esaminate crudamente, in un anno se ne fanno cento. Un boom di successo. Case aperte, valutazione dei soprammobili e dei tappeti, conteggio delle posate d’argento, possibilmente pesarle. Un lavoro di censimento meticoloso, spettacolare, di tutta la élite politica, amministrativa, finanziaria come da elenco sovrastante ma anche di più.

    Gabanelli domandi, esamini, verifichi quante case hanno intestato a sé o a società prossime gli alti pennacchi, i capi di stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, il comandante dei carabinieri, Guardia di Finanza, esercito e servizi segreti. Forte della risoluzione del Consiglio d’Europa vada da Grillo. Si rechi poi dagli Agnelli, che essendo centinaia dovrà tirare a sorte, Montezemolo, De Benedetti. Tutti. Una mappatura del genoma immobiliare presso le classi dirigenti. Tot case, tot terreni, tot azioni e conti in banca. E da dove sono arrivati questi denari e queste dimore. Non si accontenti del povero Di Pietro, almeno non apparirà che le sue inchieste sono piuttosto in rima con una certa corrente del Partito democratico.
    Per par condicio, lo stesso sia fatto con i grandi conduttori del servizio pubblico, e sono certo che si offriranno volontari anche i privati.

    L’interrogazione la trovate sul sito www.raiwatch.it. Chiedo anche notizie sul contratto della dottoressa Gabanelli, e sulla famosa manleva per cui volendo può causare i circa 300 milioni di danni richiesti da presunte persone o società offese, e non rischiare un cent. Milena Gabanelli ha un tocco di simpatia vera, anche di autoironia, quando di se stessa dice “culo basso, poche tette”. Bocciata all’esame di giornalista, non si lamenta e non fa la snob. Lavora tanto.

    Ma perché poi rendersi antipatica con il suo accontentarsi di bersagli mediocri? Perché addentare il calcagno del potere come i cagnetti carini e rognosi ma in fondo innocui, invece che saltargli alla gola come l’alano che lei senz’altro è? Mordere me significa dirigersi verso obiettivi troppo prevedibili. Bassi, in tutti i sensi.

    Forza Milena. Diventerai l’Oriana Fallaci della Brianza, arriverai al Pulitzer e forse al Nobel. Punta alto.

    di Renato Brunetta (Capogruppo del Pdl alla Camera)