
I vescovi Usa scelgono la guida moderata, Müller modera quelli tedeschi
Monsignor Joseph Kurtz, arcivescovo di Louisville, è il nuovo presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Eletto al primo turno, ha ottenuto centoventicinque voti su duecentotrentasei aventi diritto. Staccati gli altri (i candidati erano dieci): il cardinale Daniel DiNardo fermo a venticinque, l’arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput, a venti. Questi ultimi due si sono poi giocati la vicepresidenza. Ad avere la meglio è stato DiNardo, arcivescovo di Galveston-Houston, che così diventa il favorito alla presidenza per il 2016, quando scadrà il mandato di Kurtz.
Monsignor Joseph Kurtz, arcivescovo di Louisville, è il nuovo presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Eletto al primo turno, ha ottenuto centoventicinque voti su duecentotrentasei aventi diritto. Staccati gli altri (i candidati erano dieci): il cardinale Daniel DiNardo fermo a venticinque, l’arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput, a venti. Questi ultimi due si sono poi giocati la vicepresidenza. Ad avere la meglio è stato DiNardo, arcivescovo di Galveston-Houston, che così diventa il favorito alla presidenza per il 2016, quando scadrà il mandato di Kurtz. Dopo la sorpresa di tre anni fa, quando Timothy Dolan sconfisse l’allora numero due uscente, viene dunque ripristinata la prassi: diventa presidente chi nel triennio precedente era vice. Appena il grande monitor della sala ha annunciato la vittoria di mons. Kurtz, il cardinale Dolan ha interrotto gli applausi per chiedere all’eletto, in tono scherzoso, quasi si fosse nel chiuso della Sistina sotto le volte affrescate da Michelangelo, quale nome volesse darsi.
Se ai vescovi americani era prospettata la scelta tra l’arroccamento in difesa dei princìpi non negoziabili e la rimozione delle baionette dai pulpiti, aprendo all’agenda e alle priorità di Francesco, a prevalere è stata la via di mezzo. Joseph Kurtz rappresenta la classica soluzione mediana: inflessibile sulle questioni di etica e morale, ma senza quella carica ideologica già condannata da Bergoglio nelle omelie delle sette del mattino a Santa Marta. John Allen, il vaticanista del National Catholic Reporter, definisce il neoeletto un uomo “pragmatico, capace di aggiustare la rotta alla luce della nuova direzione impostata a Roma”. Kurtz non è sospettato di appartenere all’ala liberal come monsignor Gerald Kicanas, già ausiliare del cardinale Joseph Bernardin a Chicago e di quest’ultimo considerato uno degli eredi spirituali. Talmente in sintonia con il suo ex “superiore” da essere stato clamorosamente bocciato nel 2010 quando si trattò di scegliere il presidente.
Qualche anno fa, intervenendo a proposito della legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, Kurtz parlò di “macchia” che pesa sulla coscienza degli americani tanto quanto la Roe vs. Wade che “ha legalizzato l’aborto”. Una presa di posizione che ha portato un gruppo liberal a indire una petizione nel tentativo di scongiurarne l’elezione. Dal profilo simile a quello di Kurtz è il nuovo vicepresidente, Daniel DiNardo, che però può contare anche su un’esperienza nella curia romana come funzionario della congregazione dei vescovi, tra il 1984 e il 1990.
Müller chiude ancora ai divorziati risposati
Se i vescovi d’America hanno eletto la loro nuova guida, quelli tedeschi si sono visti recapitare una lettera del prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller. Oggetto della missiva – pubblicata dalla Tagespost –, il documento sulla pastorale per i divorziati risposati scritto e diffuso da un ufficio della diocesi di Friburgo, retta fino a poche settimane fa da monsignor Robert Zollitsch (che è anche capo della locale conferenza episcopale). Müller chiede che quel testo venga ritirato perché la terminologia usata “non è chiara” e “in due punti si allontana dall’insegnamento della chiesa”. Quali, li spiega il prefetto già vescovo di Ratisbona: i divorziati risposati devono essere sì invitati a partecipare alla vita della chiesa, ma in nessun caso può essere loro consentito l’accostamento all’eucarestia. In secondo luogo, nonostante quanto scritto e spiegato dagli estensori del documento controverso, la preghiera per i divorziati risposati. “Cerimonie di questo tipo – chiarisce Müller – sono state espressamente vietate da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”. Ecco perché “il progetto di linee guida deve essere ritirato e rielaborato in modo che non vengano avallate vie pastorali contrarie al magistero della chiesa”. La priorità, aggiunge il custode dell’ortodossia, deve essere quella di evitare che tra i fedeli si crei “uno smarrimento relativamente al magistero della chiesa sull’indissolubilità delle nozze”. Dopo la diffusione del documento – sul quale già il direttore della Sala stampa, padre Federico Lombardi, aveva invitato a non dare troppa importanza in quanto “non investe la responsabilità del vescovo” –, monsignor Zollitsch era stato ricevuto in Vaticano da Papa Francesco. E’ probabile che tra gli argomenti affrontati ci sia stato anche il contenuto del testo uscito a poche ore dall’indizione del Sinodo straordinario sulla famiglia. Nella lettera inviata ai vescovi tedeschi, Müller riprende temi e punti già toccati ampiamente nel lungo “contributo” sull’indissolubilità del matrimonio apparso sull’Osservatore Romano di fine ottobre in cui si chiariva che “il matrimonio è completa unione corporale e spirituale tra uomo e donna e l’istituzione stabile che viene a fondarsi non è dipendente dall’arbitrio dell’uomo”.


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