
Dramma Obamacare
Il 3 per cento è la misura del fallimento tecnico di Barack Obama e della sua riforma sanitaria. L’obiettivo della Casa Bianca è quello di avere entro marzo prossimo 1,4 milioni di americani iscritti al programma sanitario attraverso il portale healthcare.gov, ma ora, a un mese di distanza dal lancio del sito, soltanto il 3 per cento ce l’ha fatta. La società di consulenza Avalere Health ha calcolato che 49.100 persone sugli oltre cinque milioni che hanno tentato la difficile navigazione nel portale sono riusciti ad acquistare una polizza assicurativa in linea con gli standard dell’Obamacare.
Raineri Il governo Obama esita in medio oriente (ma apprezza “Homeland”)
New York. Il 3 per cento è la misura del fallimento tecnico di Barack Obama e della sua riforma sanitaria. L’obiettivo della Casa Bianca è quello di avere entro marzo prossimo 1,4 milioni di americani iscritti al programma sanitario attraverso il portale healthcare.gov, ma ora, a un mese di distanza dal lancio del sito, soltanto il 3 per cento ce l’ha fatta. La società di consulenza Avalere Health ha calcolato che 49.100 persone sugli oltre cinque milioni che hanno tentato la difficile navigazione nel portale sono riusciti ad acquistare una polizza assicurativa in linea con gli standard dell’Obamacare. Fonti politiche sentite dal Wall Street Journal dicono che i numeri potrebbero essere persino più inclementi per Obama, ma in settimana l’Amministrazione dovrebbe mostrare dati grosso modo in linea con le anticipazioni di consulenti e insider politici.
Ci sono due modi per considerare il fallimento della riforma. Il primo, gradito ai sostenitori del presidente, consiste nel ridurre il problema ai suoi termini meramente tecnici. Il portale che serve 36 stati è un disastro senza precedenti, una fonte inesauribile di gag per i comici televisivi. Le espressioni del tipo “è più facile iscriversi al sito dell’Obamacare” sono diventate, nel linguaggio popolare, versioni aggiornate del cammello e della cruna dell’ago. Ma – prosegue il ragionamento – una falla tecnica, per quanto grave, si copre con una soluzione tecnica. Il segretario della Salute, Kathleen Sebelius, ha promesso che per la fine di novembre gli ingegneri dell’Amministrazione avranno risolto il problema, così che in primavera i milioni di americani che devono obbligatoriamente dotarsi di assicurazione secondo le regole della riforma avranno ciò che spetta loro. L’inizio stentato sarà soltanto un ricordo. Sarah Kliff, esperta di politiche sanitarie del Washington Post, dice addirittura che il 3 per cento è un dato positivo rispetto alle aspettative dell’Amministrazione. Il secondo modo di guardare la questione dice invece che la natura dei problemi dell’Obamacare non è esprimibile in linguaggio html.
Il problema di fondo sono quei due milioni di americani che non hanno una copertura assicurativa tramite il datore di lavoro e non rientrano nei programmi statali per anziani e poveri. E’ una fetta di middle class che finora ha acquistato (o ha deciso di non acquistare) sul mercato polizze individuali. Com’è noto, Obama ha promesso a tutti gli americani di poter mantenere i loro vecchi piani assicurativi se lo desiderano. Nessuno, ha ripetuto fino alla nausea in questi anni, sarà costretto a cambiare l’assicurazione che ha. In realtà non è così. Nel nuovo mercato assicurativo calmierato lo stato decide quali piani assicurativi sono conformi alle direttive dell’Obamacare e quali no; chi ha una polizza non conforme deve cambiarla con una in regola, spesso pagando un premio più alto rispetto al passato.
Anche Bill Clinton, che della riforma sanitaria è stato antesignano e poi caloroso sostenitore, dice che pur di mantenere la sua promessa Obama dovrebbe arrivare a “modificare la legge”: “Credo – ha detto l’ex presidente – che anche se si tratta di cambiare la legge, il presidente debba onorare l’impegno che il governo si è preso con queste persone”. Può sembrare che le due visioni sull’Obamacare, quella tecnico-numerica e quella politica, siano rette parallele, livelli separati che non s’incontrano mai. Invece si incontrano nell’ambito decisivo, quello dei costi. Se Obama permettesse ai due milioni di americani in questione di mantenere le vecchie (ed economiche) polizze, le compagnie assicurative perderebbero una fonte di guadagno e sarebbero costrette a rifarsi con un incremento dei premi spalmato su tutto il mercato. L’economista del Mit Jonathan Gruber, che ha lavorato all’Obamacare, spiega: “Se permetti agli iscritti di mantenere le vecchie polizze, gli assicuratori perdono soldi e il sistema crolla. Non esiste un pranzo gratis”. Significa, in sostanza, che il dramma tecnologico dell’Obamacare e l’anemia delle iscrizioni sono solo sintomi di un morbo che ha a che fare con l’intero sistema, non soltanto con alcune categorie temporaneamente intrappolate nei contrattempi di una riforma agli esordi. Per questo Obama vede come il fumo negli occhi il consiglio di Clinton e il disegno di legge che la democratica Mary Landrieu ha preparato per costringerlo a mantenere le promesse.
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