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Dal baby buco della serratura
Il grido di dolore e di spavento per le nostre figlie date in pasto ai lupi, le minorenni che si prostituiscono per una ricarica del cellulare, per una borsa, per odio verso la madre, la paura per loro e per noi e le colpe da dare e da prendere non hanno impedito che tutti i giornali pubblicassero i messaggi, le schermate di WhatsApp e le conversazioni di due ragazzine con i clienti, le liti con la madre per la scuola, le frasi da grandi per sentirsi grandi.
Il grido di dolore e di spavento per le nostre figlie date in pasto ai lupi, le minorenni che si prostituiscono per una ricarica del cellulare, per una borsa, per odio verso la madre, la paura per loro e per noi e le colpe da dare e da prendere non hanno impedito che tutti i giornali pubblicassero i messaggi, le schermate di WhatsApp e le conversazioni di due ragazzine con i clienti, le liti con la madre per la scuola, le frasi da grandi per sentirsi grandi. Tutti hanno scritto che bisogna proteggere le ragazze, quasi nessuno ha pensato di farlo. Quando si parla di minorenni si parla di violenza sessuale, ma quando si parla di vita di minorenni e delle loro arie da dure, allora bisogna raccontare tutto, come per un presidente del Consiglio intercettato, come per un ministro della Giustizia al lavoro. Nel mondo del buco della serratura non importa se hai quindici anni o settanta, se non ne hai ancora compiuti sedici e la preside chiama a casa tua madre per dirle di mandarti a scuola, se sei un personaggio pubblico o una ragazzina che prende la metropolitana: tutto si deve poter leggere e commentare, con eccitazione e con indignazione. Per sentirsi sollevati (le nostre figlie non sono così, io non sono una madre così), per sentire di avere in mano, con una manciata di intercettazioni o con i tabulati che una mamma preoccupata ha consegnato con fiducia ai carabinieri, la chiave di un mondo. “Uno spaccato allucinante”, ha scritto Repubblica riportando subito dopo le frasi delle ragazzine, di cui sappiamo tutto, tranne nomi e cognomi (è già qualcosa), di cui abbiamo già spiato, con furia, i pomeriggi, condannato la spudoratezza, indagato la grammatica. Se sono vittime, siamo anche noi i carnefici.


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